Le realtà che intendono avvalersi della misura sono tenute ad avviare una procedura di consultazione sindacale, finalizzata alla sottoscrizione di un contratto in sede governativa con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ovvero con le RSA / RSU.
Nel corso del Consiglio dei ministri del 21 dicembre 2022, su proposta del Presidente Giorgia Meloni, è stato approvato il Decreto Milleproroghe 2022, che introduce disposizioni urgenti in materia di termini e scadenze legislativi.
Il successivo Decreto Crescita ha poi modificato l’articolo 41 disciplinando, per gli anni 2019 e 2020, il Contratto di espansione, nell’ambito dei processi di reindustrializzazione e riorganizzazione delle imprese con un organico superiore a 1.000 unità lavorative.
A seguire, la Legge 30 dicembre 2020 numero 178 ha esteso il Contratto di espansione a tutto il 2021, fissando, per il medesimo anno, il limite minimo di unità lavorative in organico a 500 e, limitatamente agli effetti di cui al comma 5-bis, a 250 unità, calcolate complessivamente nelle ipotesi di aggregazione di imprese stabile con un’unica finalità produttiva o di servizi.
Sempre con effetto per l’anno 2021, il limite minimo di unità lavorative, rispettivamente di 500 e 250 unità, è passato a 100 (in entrambe le ipotesi). A prevederlo il Decreto Sostegni bis, convertito in Legge 23 luglio 2021 numero 106.
L’ultima modifica al contratto di espansione, in ordine cronologico, risale alla Manovra di bilancio 2022, con cui si è estesa la misura sino al 2023.
L’attuale formulazione dell’articolo 41, comma 1, contempla la misura in parola, in via sperimentale, per gli anni dal 2019 al 2023. L’articolo 9, comma 1, lettera a) del Milleproroghe proroga il contratto di espansione sino al 2025 compreso.
Si ricorda che la Manovra 2022 ha infine esteso l’operatività del contratto di espansione per il biennio 2022-2023, da parte delle aziende con organico non inferiore a cinquanta dipendenti.
Per le aziende di nuova costituzione, al contrario, si fa riferimento ai mesi di attività, se inferiori al semestre.
L’indennità in parola è comunque ridotta, per l’intero periodo di spettanza teorica della NASpI (al massimo ventiquattro mesi) di un importo pari allo stesso sussidio mensile di disoccupazione.
La prestazione economica decorre dal primo giorno del mese successivo quello di risoluzione del rapporto di lavoro, indipendentemente dalla data di presentazione della relativa domanda.
L’indennità cessa di essere corrisposta alla data di raggiungimento della prima decorrenza utile della pensione di vecchiaia o anticipata.
In relazione al lavoratore, nei cui confronti il primo diritto a pensione è quello previsto per il trattamento anticipato, l’azienda è tenuta a versare anche i contributi previdenziali utili al conseguimento del diritto (cosiddetta “contribuzione correlata”).
I contributi sono comunque ridotti di un importo equivalente alla contribuzione figurativa prevista per il periodo di NASpI (massimo ventiquattro mesi).
L’azienda interessata è tenuta a presentare apposita richiesta all’Inps, accompagnata da una fideiussione bancaria a garanzia della solvibilità in relazione agli obblighi.
Il datore di lavoro è altresì tenuto a “versare mensilmente all’INPS la provvista per la prestazione e per la contribuzione figurativa”. In ogni caso, in assenza “del versamento mensile di cui al presente comma, l’INPS è tenuto a non erogare le prestazioni” (articolo 41, comma 5).
Ai sensi dell’articolo 9, comma 1, lettera d) del Milleproroghe, per gli accordi stipulati dal 1° gennaio 2023 il limite minimo di unità lavorative in organico non può essere inferiore a cinquecento unità (rispetto alle mille della normativa attualmente in vigore).
Inoltre, sempre la bozza di decreto, dispone che “qualora almeno il cinquanta per cento dei lavoratori assunti” non abbia compiuto il trentacinquesimo anno di età al momento dell’assunzione, la riduzione dei versamenti a carico del datore di lavoro, ai sensi del comma 5-bis, per un importo calcolato sulla base dell’ultima mensilità di spettanza teorica della NASpI, opera per ulteriore ventiquattro mesi, anziché dodici.
La riduzione media oraria, in ogni caso, non può essere superiore al 30% dell’orario giornaliero, settimanale o mensile dei lavoratori interessati dal contratto di espansione.
Per ciascun lavoratore la percentuale di riduzione complessiva dell’orario di lavoro può essere concordata fino al 100%, per l’intero periodo per il quale il contratto è stipulato.
Per accedere al trattamento di integrazione salariale (comunque non superiore a diciotto mesi, anche non continuativi) è necessario rispettare il procedimento previsto per la CIGS.
In particolare, l’azienda è tenuta a presentare apposita domanda telematica tramite il canale “CIGSonline” al ministero del lavoro e agli Ispettorati territoriali del lavoro (ITL) competenti.