A sancirlo è la Corte Costituzionale, che con la sentenza n. 107 depositata ieri, ha dichiarato illegittimo l’articolo 1, comma 1, della legge 25 febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati), nella parte in cui non prevede il diritto ad un indennizzo anche per chi ha patito lesioni irreparabili dopo una vaccinazione che è comunque raccomandata dal ministero della Salute.
La Consulta ha ritenuto fondata la questione sollevata dal tribunale di Ancona nell’ambito di una causa che vedeva opposti il ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali e i genitori di una bambina, che aveva riportato una serie infermità dopo essersi sottoposta alla vaccinazione Mpr (morbillo, parotite e rosolia), effettuata con un prodotto ritirato dal commercio pochi giorni dopo la somministrazione.
Già in passato i giudici costituzionali (sentenze 27/1998 e 423/2000) , in tema di vaccinazioni non obbligatorie ma raccomandate dal Ministero, avevano affermato che l’indennizzo va riconosciuto in ogni situazione in cui il singolo abbia esposto a rischio la propria salute per la tutela di un interesse collettivo, dunque per quanti si fossero sottoposti a vaccinazione antipolio o contro l’epatite B nel periodo antecedente alla declaratoria di obbligatorietà dei relativi protocolli sanitari. In questi casi differenziare il trattamento sanitario imposto per legge da quello in cui sia raccomandato dalla pubblica autorità comporterebbe una «patente irrazionalità della legge»: perché così si riserverebbe a chi è stato indotto a tenere un comportamento di utilità generale per ragioni di solidarietà sociale «un trattamento deteriore rispetto a quello che vale a favore di quanti hanno agito in forza di minaccia di sanzione». Ci si trovava di fronte comunque a pronunce additive per omissione, e non additive di principio, che operano soltanto entro gli stretti confini dell’oggetto specifico individuato dal relativo dispositivo.
Ma adesso la Corte ha emesso una sentenza specifica in merito, e chiaramente afferma che, «in presenza di diffuse e reiterate campagne di comunicazione a favore della pratica di vaccinazioni» (come è accaduto per quella contro il morbillo, la parotite e la rosolia), la scelta adesiva dei singoli di sottoporsi al trattamento raccomandato, al di là delle particolari e specifiche motivazioni, è «di per sé obiettivamente votata alla salvaguardia anche dell’interesse collettivo». Ne discende che quando si verificano complicanze di tipo permanente a seguito di queste vaccinazioni, deve essere la collettività «ad accollarsi l’onere del pregiudizio individuale». «Sarebbe infatti irragionevole -sostiene la Consulta – che la collettività possa, tramite gli organi competenti, imporre o anche solo sollecitare comportamenti diretti alla protezione della salute pubblica senza che essa poi non debba reciprocamente rispondere delle conseguenze pregiudizievoli per la salute di coloro che si sono uniformati».
E’ innegabile come nella decisione emessa dalla Consulta abbiano avuto un ruolo determinante i principi costituzionali di solidarietà: la legge 210/92 dispone infatti non una misura risarcitoria, destinata a riparare un danno ingiusto, ma una misura indennitaria volta a compensare il sacrificio individuale ritenuto corrispondente a un vantaggio collettivo. Sarebbe infatti irragionevole che la collettività, tramite gli organi competenti, possa imporre o anche soltanto sollecitare comportamenti diretti alla protezione della salute pubblica senza che poi rispondere anche delle conseguenze dannose per la salute di coloro che si sono uniformati. E’ di comune avviso come negli ultimi anni le campagne per vaccinarsi contro morbillo-parotite-rosolia siano state particolarmente martellanti, anche con distribuzione di materiale informativo specifico tra gli operatori sanitari o all’interno delle strutture scolastiche. Nello stesso sito web del ministero della Salute la Mpr viene indicata come vaccinazione raccomandata.
Qui il testo integrale della sentenza della Corte Costituzionale n. 107 del 26/04/2012
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