Confcommercio mette sotto accusa le finanziarie correttive varate negli ultimi anni e culminate con il Decreto Salva Italia del dicembre 2011, manovre che, attuate in funzione di garantire la tenuta dei conti pubblici, hanno finito per deprimere i consumi con le inevitabili conseguenze depressive sul Prodotto interno lordo. A questo si aggiunge la recessione che, se da un lato riduce la domanda di credito, dall’altro ne rende più difficoltoso l’accesso per aziende e singoli cittadini (il cosiddetto “credit crunch”, la stretta creditizia). Secondo Sangalli, infatti, “il credito ci sarà pure, ma è con il contagocce, e le gocce sono insufficienti a bagnare il terreno della crescita, divenuto troppo arido”. Secondo Confcommercio, il Governo deve a questo punto porre in sede europea (poiché i singoli Stati, presi singolarmente, non possono farcela a vincere la sfavorevole congiuntura economica internazionale) la questione cruciale di una non più procrastinabile “integrazione tra le ragioni della disciplina fiscale e di bilancio e le ragioni della crescita e dell’occupazione”.
Un eventuale aumento dell’aliquota Iva dal 21 al 23%, previsto nel “Salva Italia” ma che il Governo sta cercando di scongiurare attraverso l’operazione della Spending Review, costituirebbe, secondo Sangalli, “la Caporetto di famiglie e imprese”.
Anche Giorgio Squinzi, Presidente della Confederazione degli industriali, è intervenuto a sostegno delle argomentazioni di Sangalli, annunciando che lunedi prossimo le associazioni di imprenditori e banche lanceranno un appello al Governo “a tradurre in atti concreti l’impegno europeista per la crescita”.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento