Negli edifici in condominio quindi, ciascun condomino ha la proprietà esclusiva di uno o più appartamenti e un diritto di comproprietà sulle parti comuni dell’edificio: il suolo su cui sorge, le fondazioni, i muri maestri, il tetto, le scale, il cortile, i locali per la portineria, l’ascensore, e così via (art.1117 cc.).
I riferimenti normativi in materia di condominio sono i seguenti:
Ai sensi dell’art.1118 cc 1 co., Il diritto dei condomini sulle parti comuni dello stabile è proporzionato al valore dell’ unità immobiliare di proprietà esclusiva; tale valore, a norma dell’ art. 68 disp. Att. c.c., deve essere espresso in millesimi e deve essere contenuto in una tabella allegata al regolamento condominiale.
Ai sensi dell’ art. 5 del regolamento di condominio: “ogni condomino è obbligato ad eseguire, nella sua proprietà, quelle riparazioni la cui omissione possa danneggiare gli altri Condomini o compromettere la stabilità, la uniformità esteriore ed il decoro dell’edificio. Il medesimo a richiesta dell’Amministratore e previo avviso, deve altresì consentire che all’interno delle singole proprietà si possa procedere alla riparazione o sostituzione di impianti tecnologici condominiali (colonne verticali e/o orizzontali di scarico acque chiare e scure, tubazioni riscaldamento, tubazione di adduzione e scarico acqua ecc.) o parti comuni dell’edificio, nell’interesse del condominio e dei singoli Condomini, salvo il diritto alla rivalsa dei danni patiti”.
Segue, ai sensi dell’ Art. 6 dello stesso: “ Le spese ordinarie per la conservazione e la manutenzione delle cose comuni, nonché quelle per i servizi comuni, sono ripartite tra i Condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno o secondo se destinate a servire i Condomini in misura diversa, in proporzione dell’uso che ciascuno può farne tenuto anche conto delle disposizioni dei successivi articoli. Nessun Condomino può sottrarsi al pagamento del tributo delle spese mediante abbandono o rinuncia alla comproprietà delle cose suddette. E’ vietata la rinuncia anche parziale all’uso di qualsiasi servizio comune”.
Tanto premesso, allorquando, si verificano infiltrazioni d’ acqua provenienti da un appartamento, la disciplina da applicare è quelle delle parti comuni.
Di recente in materia è intervenuta la seconda sezione civile della Corte di Cassazione con la sentenza n. 6128/2012 che chiarisce: “Quando si verificano infiltrazioni d’acqua in un appartamento che provengono dall’intercapedine tra due edifici che non è stata mai soggetta a manutenzione, il condominio deve risarcire il proprietario di tutti danni compresi i costi che il danneggiato abbia dovuto sostenere per prendere in affitto, sia pur temporaneamente, una nuova abitazione risultando la sua abitazione momentaneamente inservibile per l’umidità”.
I giudici di merito hanno correttamente ritenuto che la causa delle infiltrazioni di umidità risiedesse nella mancata manutenzione dello spazio posto tra due fabbricati che il condominio avrebbe dovuto rendere ispezionabile e accessibile per evitare il ristagno di acque con conseguente loro deflusso verso la proprietà limitrofa.
Gli inconvenienti erano del resto cessati dopo i lavori di impermeabilizzazione, areazione e canalizzazione.
In relazione al quantum la Corte ha ritenuto corretto l’impianto motivazionale della sentenza d’appello che ha riconosciuto non solo il diritto al rimborso delle spese risultanti dalle fatture per le opere necessarie a riparare i danni provocati da infiltrazioni, ma anche il rimborso dei canoni di locazione pagati per affittare un nuovo alloggio temporaneo, durante il periodo dei lavori.
L’appartamento del resto era stato reso interamente inabitabile a causa dell’umidità che si era diffusa anche in ambienti non strettamente interessati dalle infiltrazioni.
Pertanto, sarebbe auspicabile, che i condomini adottassero una costante manutenzione delle parti comuni.
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