In particolare la suprema Corte sancisce che i n tema di condominio negli edifici, debbono qualificarsi nulle delibere dell’assemblea condominiale prive degli elementi essenziali, le delibere con oggetto impossibile o illecito (contrario all’ordine pubblico, alla morale o al buon costume), le delibere con oggetto che non rientra nella competenza dell’assemblea, le delibere che incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini, le delibere comunque invalide in relazione all’oggetto. Debbono, invece, qualificarsi annullabili le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea, quelle adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell’assemblea, quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione, quelle che violano norme richiedenti qualificate maggioranze in relazione all’oggetto.
Di seguito il testo integrale della sentenza:
CORTE DI CASSAZIONE. SEZ. VI CIVILE
SENTENZA 13 febbraio 2013, n.3586
– Pres. Goldoni – est. Bainchini
Rilevato in fatto
– rilevato che il Consigliere designato ha ritenuto d’avviare la trattazione in Camera di consiglio redigendo la seguente relazione ex art. 380 bis cpc:
‘D..B. , assegnatario di un alloggio della cooperativa edilizia Arcobaleno, ritenendo di aver acquisito, a seguito di tale assegnazione, la qualità di condomino del complesso dalla medesima società edificato in (omissis) , con ricorso ex art. 1337 cod. civ. impugnò, con ricorso depositato il 23 dicembre 1999, innanzi al Tribunale di Bari la delibera condominiale del 24 aprile 1999, alla quale non aveva partecipato, deducendone la nullità per non esser stato riportato nel verbale di assemblea, né il numero, la caratura millesimale ed il nominativo dei soci presenti né con quali maggioranze fossero stata adottate le delibere; svolse altresì censure sul contenuto delle stesse, relative: all’approvazione del bilancio; alla ripartizione delle spese, alla modifica delle tabelle millesimali.
La Cooperativa si costituì contestando che potessero trovare applicazione le norme in materia di condominio, ricadendo invece la fattispecie nell’ambito della disciplina delle assemblee delle società, così che, a mente dell’art. 2377 cod. civ., l’impugnazione avrebbe dovuto esser proposta entro tre mesi dalla data della delibera; sottolineò comunque la correttezza formale e sostanziale del proprio operato.
L’adito Tribunale, pronunziando sentenza n. 1987/2004, accolse il ricorso e dichiarò nullo il deliberato dell’assemblea; tale decisione fu impugnata dalla Cooperativa che, oltre ad insistere sulla applicabilità del T.U. 26 aprile 1938 n. 1165 sulle Cooperative a contributo erariale, evidenziò la mancata specificazione, nella gravata sentenza, del vizio dal quale sarebbe stata affetta la delibera assembleare. Nella resistenza del B. – che svolse appello incidentale per l’integrale rifusione delle spese – la Corte di Appello di Bari, con sentenza n. 695/2010, respinse il gravame principale ed accolse in parte quello incidentale: in particolare la Corte territoriale – per quello che ancora costituisce materia controversa – statuì che dall’intero svolgimento argomentativo della motivazione del Tribunale emergeva che la invalidità della delibera era stata inquadrata nel regime delle nullità.
Per la Cassazione di tale decisione la Cooperativa ha proposto ricorso, affidandolo ad un motivo, contro il quale il B. ha resistito con controricorso.
Osserva in diritto
1 – Parte ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1136 e 1137 cod. civ., nonché un vizio nel ragionamento del giudice dell’appello – che avrebbe omesso di motivare su un punto controverso e decisivo o, quanto meno, avrebbe reso una motivazione incongrua e contraddittoria.
1.a – Sostiene parte ricorrente che l’omessa indicazione dell’elenco dei nominativi dei presenti e dei millesimi rappresentati determinerebbe un vizio di annullabilità della delibera e non già quello più radicale di nullità, in ciò ritenendosi confortata da Cass. S.U. 4806/2005 e Cass. Sez. 11 18192/2009; in punto di fatto evidenzia, da un lato, che il B. sarebbe stato presente nell’assemblea – riservandosi il diritto di impugnarne le delibere – e che comunque il verbale ad essa relativo sarebbe stato comunicato al medesimo in data anteriore al 21 maggio 1999, allorché il difensore del condomino scrisse alla Cooperativa lamentando la nullità delle delibere assunte il 24 aprile 1999.
2. Recepisce parte contro ricorrente che sulla qualificazione del vizio in termini di nullità si sarebbe oramai formata una preclusione pro judicato essendo stata diretta la difesa della Cooperativa, nei precedenti gradi di giudizio, a dimostrare la decadenza dal diritto di impugnare la delibera dell’assemblea in applicazione dell’art. 2377 cod. civ. e non già a far valere il più radicale vizio della nullità.
2.a – In contrario si osserva che, come riportato nella narrativa del fatto, una delle censure che la Cooperativa aveva mosso al ragionamento del Tribunale era quella di non aver chiaramente preso posizione in merito al tipo di invalidità che affettava la delibera impugnata al fine anche della influenza sulla tempestività dell’opposizione: a ciò la Corte distrettuale rispose – come visto – che da tutto il ragionamento del primo giudicante emergeva la tesi della nullità dell’atto.
3. Scendendo all’esame del mezzo, è convincimento del relatore che il ricorso sia manifestamente fondato in quanto la Corte territoriale, sebbene espressamente investita della questione attinente alla natura del vizio lamentato, ha dato allo stesso una definizione in termini di nullità che si pone in contrasto con quanto stabilito, con funzione regolatrice dello specifico conflitto interpretativo sorto nelle sezioni semplici, dalle Sezioni Unite di questa Corte nella richiamata sentenza n. 4806/2005 che ebbe a statuire: ‘In tema di condominio negli edifici, debbono qualificarsi nulle delibere dell’assemblea condominiale prive degli elementi essenziali, le delibere con oggetto impossibile o illecito (contrario all’ordine pubblico, alla morale o al buon costume), le delibere con oggetto che non rientra nella competenza dell’assemblea, le de libere che incidono sui diritti individuali sulle cose o servici comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini, le de libere comunque invalide in relazione all’oggetto; debbono, invece, qualificarsi annullabili le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea, quelle adottale con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell’assemblea, quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione, quelle che violano norme richiedenti qualificate maggioranze in relazione all’oggetto’. (nello stesso senso, più di recente, vedi Cass. Sez. II n. 4014/2007; Cass. Sez. II n. 17014/2010)
3.a – Non appaiono condivisibili i limiti applicativi del suddetto intervento nomofilattico che parte contro ricorrente rinviene, distinguendo tra il caso in cui il vizio si appalesi al momento stesso della costituzione dell’assemblea da quello in cui esso emerga in sede di adozione della singola delibera – vale a dire quando non solo non sia possibile valutare se vi sia stato un certo numero di condomini presenti e votanti in una certa maniera e su un certo oggetto all’ordine del giorno ma non si possa neppure affermare correttamente costituita l’assemblea, in difetto della dimostrazione della sussistenza dei quorum previsti per quella specifica materia.
3.b – In contrario basti far riferimento alla articolata motivazione delle Sezioni Unite che mise in rilievo il carattere residuale della nullità delle delibere condominiali senza per nulla distinguere – pena un vulnus all’intera tenuta argomentativa del ragionamento svolto – tra vizio che poteva inficiare il momento genetico della formazione dell’assemblea rispetto al suo momento deliberativo su specifici argomenti.
4 – Si formula pertanto la proposta di definizione del ricorso in camera di consiglio al fine di farne dichiarare la manifesta fondatezza’.
La relazione è stata ritualmente comunicata al P.G. e notificata al ricorrente; all’adunanza odierna il P.M. si è riportato ad essa.
Ritiene il Collegio di poter aderire alle conclusioni proposte nella relazione, conformi come sono all’esito regolatore delle Sezioni Unite nella qualificazione del vizio che forma la base per l’impugnativa assembleare; il ricorso va pertanto accolto e la decisione cassata; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, con la conseguente riforma della sentenza di primo grado e la declaratoria di inammissibilità dell’originaria domanda di impugnazione della delibera assembleare del 24 aprile 1999. Le spese possono essere compensate in considerazione della sopravvenienza – rispetto alla proposizione dell’originario ricorso (dicembre 1999) – della decisione delle Sezioni Unite a direzione del contrasto interpretativo formatosi nella subiecta materia e della necessaria omogeneità nella regolazione delle spese tra i vari gradi e fasi del giudizio.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione accoglie il ricorso nei termini esposti in motivazione; cassa la decisione impugnata e, decidendo nel merito, riforma la sentenza n. 1897/2004 del Tribunale di Milano, così respingendo il ricorso per l’impugnazione della delibera del 24 aprile 1999 della Cooperativa ricorrente. Compensa le spese dei precedenti gradi e del giudizio di legittimità.
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