Conciliare ricollocazione del personale provinciale ed esigenze lavorative degli enti è possibile

Luigi Oliveri 02/03/15
Assunzioni a tempo determinato per 24 mesi sono la possibile mediazione tra le esigenze delle amministrazioni pubbliche, specie i comuni, e il processo di ricollocazione dei dipendenti provinciali in soprannumero. In attesa, magari, di una profonda e saggia revisione delle affrettate previsioni della legge 190/2014.

Non si può non prendere atto della circostanza che molte amministrazioni pubbliche hanno estrema difficoltà ad accettare l’influenza nella propria autonomia della scelta normativa di congelare le assunzioni ai fini della riforma delle province. Il bando di mobilità del Ministero della giustizia e più ancora il concorso per 892 funzionari indetto dall’Agenzia delle entrate (2000 posti in due, quasi il 10% del totale dei dipendenti provinciali soprannumerari) ne sono la prova evidente. E non è nemmeno possibile contare il numero di bandi di mobilità o concorso avviati, più o meno eludendo la legge 190/2014, da un nugolo di enti locali ed enti del servizio sanitario nazionale, questi ultimi anche per profili amministrativi.

Appare altrettanto chiaro, comunque, quanto sia incoerente per l’amministrazione pubblica nel suo complesso, mentre lo Stato pone in soprannumero (in modo certamente proditorio e poco meditato) 20.000 dipendenti da poter proficuamente utilizzare per coprire esigenze lavorative di molte amministrazioni, che contemporaneamente si avviino concorsi per assunzioni dall’esterno.

Certo, le scelte migliori sarebbero:

a)                  introdurre una previsione di salvaguardia per i 7500 dipendenti addetti ai servizi per il lavoro che dia assoluta certezza della loro ricollocazione presso l’Agenzia nazionale per il lavoro, assicurando, nelle more del lunghissimo periodo necessario per costituirla, alle province il finanziamento intero della spesa connessa;

b)                 prevedere immediatamente una ricollocazione per i dipendenti della polizia provinciale: nel disegno di legge delega per la riforma della pubblica amministrazione vi è l’idea, ancora lontanissima e sbiadita, di un loro utilizzo per rafforzare il corpo forestale; non c’è tempo per attendere l’attuazione di simile norma; o la si realizza immediatamente, altrimenti non si vede perché negare la mobilità dei circa 3.000 dipendenti dei corpi verso un approdo estremamente facile e molto richiesto dai comuni, cioè la mobilità verso la polizia comunale;

c)                  trasformare immediatamente le autorizzazioni ad assumere rivolte alle amministrazioni statali, già adottate e non ancora sfociate in procedure concorsuali e, soprattutto, ancora da attuare, in altrettante procedure di mobilità riservate ai dipendenti delle province in soprannumero, cioè i restanti 6.500 dipendenti, sottratti i 7.500 destinati davvero all’Agenzia, i 3.000 della polizia provinciale ed i 3.000 che andranno in pensione entro il 31.12.2016;

d)                 in abbinamento alla soluzione precedente, obbligare le amministrazioni regionali e locali, senza alcuna eccezione, ad assumere solo per mobilità, sempre quella fetta residua di 6.500 dipendenti.

In questo modo, entro pochi mesi i dipendenti potrebbero essere effettivamente ricollocati. Col beneficio che il “congelamento” delle assunzioni durerebbe molto meno dei 24 mesi ipotetici, scaturenti dall’applicazione dell’articolo 1, commi 424 e 425, della legge 190/2014.

Occorrerebbe, tuttavia, un profondo ripensamento di quanto sin qui deciso. Ma, i segnali che Governo e maggioranza siano disponibili a rivedere le proprie decisioni, anche quando appaia evidente la loro scarsa efficacia, quando non erroneità, non sono troppi.

Nelle more, allora, di una revisione critica quanto mai opportuna della legge 190/2014, la strada per ovviare ai vincoli che essa pone alle assunzioni, non pare quella tracciata dalla circolare 1/2015. Essa, infatti, prevede alcune “eccezioni” al congelamento delle assunzioni che, sul piano delle necessità delle varie amministrazioni sono sacrosante, ma scontano il problema gravissimo della fonte che le disciplina: una circolare, appunto, che indica di agire secondo disposizioni tutt’affatto diversa da quelle indicate dalla legge, la quale ultima, oltre tutto, sanziona con la nullità le assunzioni effettuate in difformità dai propri precetti.

Nessuno, ad esempio, nega che gli enti del servizio sanitario regionale non possono considerare congelate le assunzioni di medici e infermieri. Ma, non può essere la circolare a rimediare alla lacuna della legge 190/2014, che non ha espressamente sottratto tali enti dal congelamento delle assunzioni. Meno ancora la circolare può attribuire alle regioni la decisione discrezionale di includere o meno le assunzioni delle figure amministrative nel congelamento, previsione inesistente nella legge e totalmente incompatibile con la necessità/opportunità dell’intero comparto pubblico di farsi carico dei sovrannumeri creati dalla legge stessa.

Estremamente pericolosa, poi, è la previsione della circolare che ritiene di poter considerare estranee ai vincoli alle assunzioni funzionali alla ricollocazione le “categorie infungibili”, indicate per via esclusivamente esemplificativa. Tralasciamo la specificazione contenuta nella circolare, che spiega come non vi possa essere mobilità tra dipendenti delle province e magistrati, diplomatici e prefetti, in quanto siamo oltre l’ovvio. E’ quando la circolare si avventura nell’esemplificazione delle figure di educatori e docenti degli enti locali che si corre il rischio di dare il destro ai comuni di non essere in alcun modo partecipi alla ricollocazione o, comunque, di sentirsi autorizzati a destinare ad essa il minor quantitativo possibile di risorse del turn over. La previsione è pericolosa, sia perché inficia il processo di stabilizzazione, sia perché, non essendo previsto dalla legge, si scontra ancora una volta con la sanzione di nullità da essa prevista.

Allora, in attesa di una meditazione molto diversa delle norme, il sistema per fare fronte ad esigenze insopprimibili degli enti locali soprattutto, esiste, senza rischi di porre in essere contratti di lavoro nulli e senza ostacolare il processo di ricollocazione.

Si tratta della possibilità di effettuare assunzioni a tempo determinato, rivolte esattamente all’acquisizione delle figure “infungibili” delle quali gli enti davvero non possono fare a meno.

Ai sensi dell’articolo 36, comma 2, del d.lgs 165/2001 la causale per l’assunzione a tempo determinato sarebbe certamente sussistente: infatti, si darebbe corso a tali assunzioni in presenza di esigenze temporanee (24 mesi, causati dalle disposizioni della legge 190/2014) e anche straordinarie: è certamente extra ordinem, infatti, la normativa di ricollocazione dei 20.000 sovrannumeri, destinata a disperdere i propri effetti conclusa la complessa operazione.

Certo, occorre che si rispettino anche i presupposti finanziari. Le assunzioni a tempo determinato avrebbero due vantaggi:

a)      non sono a rischio di nullità e illegittimità;

b)      non pescano dalle risorse del turn over, favorendo, dunque, la ricollocazione per mobilità dei dipendenti in soprannumero delle province.

Tuttavia, occorre che gli enti rispettino i limiti finanziari previsti dall’articolo 9, comma 28, del d.l. 78/2010, ricordando, però, che la novella a tale disposizione apportata dal d.l. 90/2014 prevede che “Le limitazioni previste dal presente comma non si applicano agli enti locali in regola con l’obbligo di riduzione delle spese di personale di cui ai commi 557 e 562 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente”. Gli enti locali virtuosi, dunque, possono assumere personale a tempo determinato senza tetti particolari da rispettare.

E’ vero che si tratta di assunzioni a tempo determinato, propriamente non il massimo per evitare la riproduzione del fenomeno del “precariato” nel pubblico impiego. Non si deve, comunque dimenticare che:

a)                  ai sensi dell’articolo 36, comma 2, del d.lgs 165/2001, come novellato dal d.l. 101/2013, “Per prevenire fenomeni di precariato le amministrazioni pubbliche di cui al presente decreto, nel rispetto dell’articolo 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sottoscrivono contratti a tempo determinato con i vincitori e gli idonei delle proprie graduatorie vigenti per concorsi pubblici a tempo indeterminato. È consentita l’applicabilità dell’articolo 3, comma 61, ultimo periodo, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, ferma restando la salvaguardia della posizione in graduatoria dei vincitori e degli idonei per le assunzioni a tempo indeterminato”;

b)                 lo stesso d.l. 101 e il disegno di legge delega di riforma della PA prevedono percorsi specifici per gli assunti a tempo determinato, in modo da valorizzarne l’esperienza acquisita nelle assunzioni concorsuali.

In particolare, le previsioni sopra ricordate in merito all’obbligo delle amministrazioni di assumere a tempo determinato in primo luogo gli idonei collocati nelle graduatorie potrebbe essere utile anche a sbloccare, sia pure parzialmente, il paradosso creato sempre dalla legge 190/2014, la quale non solo ha imposto una condizione di sovrannumerarietà “in vitro” a 20.000 dipendenti provinciali, ma ha bloccato la possibilità per circa 84.000 idonei di essere chiamati in servizio, mediante scorrimento delle graduatorie dei concorsi.

E’, poi, evidente che gli enti locali potrebbero fare fronte alle esigenze di figure “infungibili” o comunque non reperibili negli organici delle province anche attraverso molti altri istituti propri dell’ordinamento locale: lo “scavalco” di cui all’articolo 14 del Ccnl 22.1.2004, una convenzione, il distacco.

Gli strumenti, dunque, per conciliare legge 190/2014 e ricollocazione dei dipendenti provinciali esistono. Ma, la via principale resta una revisione urgente delle previsioni della legge di stabilità 2015.

 

 

 

Luigi Oliveri

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