Cassazione, imporre un rapporto sessuale non protetto è violenza sessuale

Redazione 13/06/12
Scarica PDF Stampa
Commette il reato di violenza sessuale l’uomo che, durante un rapporto sessuale consensuale e protetto, decide di continuare l’amplesso senza contraccettivo, e per far questo, minaccia la partner.

Ma vi è di più.

La violenza è non solo tentata ma anche consumata se l’uomo insiste con i palpeggiamenti delle zone erogene della vittima – i fianchi, ad esempio – nonostante il dissenso della donna.

Lo afferma la terza sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza 23132/2012, pubblicata il 12 giugno.

La pronuncia trae origine dalla storia di un rapporto mercenario consumato in auto.

L’uomo, cliente della prostituta, non soddisfatto evidentemente del rapporto protetto, chiede di continuare l’amplesso senza contraccettivo. Al categorico rifiuto della donna, l’uomo tira fuori un coltello e minacciandola, continua a toccarla sui fianchi, cercando di costringerla, senza risparmiare schiaffi e pugni. Alla reazione della donna, l’aggressore scappa, portandosi via la borsetta della prostituta.

Individuato e arrestato, la Corte di Cassazione conferma con la pronuncia in esame la necessità della custodia cautelare in carcere .

I giudici ermellini sono chiari nell’affermare la piena configurabilità del reato di violenza sessuale in forma aggravata. La Corte aderisce infatti alla ricostruzione effettuata dal Tribunale del Riesame, ritenuta supportata da “una congrua, specifica ed adeguata motivazione sia sulla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza in ordine ai fatti contestati, sia sulla qualificazione giuridica dei fatti stessi”. L’ordinanza precisa che il palpeggiamento dei fianchi della donna è avvenuto dopo la fine della fase consensuale dell’amplesso, in cui il rapporto si era svolto in maniera protetta. Ne deriva che la minaccia e l’atto di sfoderare il coltello sono stati posti in essere dall’aggressore ai fini di far accettare alla vittima il secondo rapporto non protetto, ponendo la donna in una evidente condizione di inferiorità.

I giudici di legittimità escludono anche che la condotta possa ricondursi alla diversa fattispecie della violenza privata: l’offesa, che pure avviene durante un rapporto a pagamento, è comunque diretta specificamente contro la libertà sessuale della vittima.

Qui il testo integrale della sentenza n. 23132/2012 della Cassazione

Redazione

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento