In primis, si era esclusa l’idoneità del provvedimento giudiziale di assegnazione, pur rappresentando “nuovo e autonomo” titolo di godimento dell’assegnatario, a modificare “la natura e il titolo di godimento dell’immobile”; veniva altresì sancito il diritto del coniuge assegnatario a rimanere entro il rispettivo contenuto modellato dalla disciplina del titolo negoziale preesistente, ferma restando l’importanza della concessione del bene perché fosse utilizzata come casa familiare, parallelamente escludendo che la chiusura del vincolo coniugale facesse decadere in maniera automatica anche quello a casa familiare. La Terza Sezione civile tuttavia, tornando a disquisire sulla delicata questione, dietro la rassegna degli orientamenti emersi in questi ultimi anni, ha evidenziato due passaggi ritenuti fondamentali. Prendendo in considerazione proprio la significatività del vincolo di destinazione a casa coniugale, il primo punto comprende l’urgenza di determinare le modalità e le tempistiche con cui far cessare tale vincolo, stabilendo altresì quale sia il regime di relativa opponibilità.
In tal caso, la Terza Sezione civile ha operato un distinzione di riguardo: una situazione si relaziona alla contingenza che vede il comodato essere stato costituito quando il comodante ancora non conosceva il futuro coniuge, l’altra invece concepisce la nascita del comodato una volta che il nucleo familiare era già pienamente formato. Nel secondo caso a differenza del primo, pur non potendosi comunque negare il diritto all’abitazione, come ribadito dalla Cassazione, anche coniuge ed eventuali figli diventerebbero parti contrattuali. Secondo il parere della Suprema Corte, Terza Sezione civile, le Sezioni unite nel pronunciamento del 2004, pur avendo decretato la necessaria tutela del diritto di proprietà del comodante, erano paradossalmente giunte ad effetti contrari attraverso la negazione al soggetto comodante della recedibilità ad nutum in riferimento all’articolo 1810 del Codice civile e mediante l’affermazione della connessione diretta tra durata dell’attribuzione e persistenza della destinazione dell’immobile a casa familiare. La sentenza depositata ieri prende in considerazione altre strade, come ad esempio la concessione al coniuge assegnatario di un “congruo termine” che si riveli competente per individuare un altro alloggio. La questione, in sostanza, per la Cassazione va portata al completo riesame delle Sezioni unite, rimettendo il caso al primo Presidente per l’eventuale assegnazione.
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