A questo proposito, precisa la circolare, il lavoratore autonomo non è altri che “la persona fisica la cui attività professionale contribuisce alla realizzazione dell’opera senza vincolo di subordinazione”. Dunque, l’esclusione assoluta di vincoli di dipendenza, anche materiale, da ulteriori imprese impegnate nel medesimo cantiere in cui viene eseguita l’ispezione, sancisce autonomia del soggetto lavoratore. Parte fondamentale in questa opera di riconoscimento è dunque giocata dalla strumentazione, che diventa il tratto qualificante del lavoratore. A seconda della mansione svolta, infatti, saranno necessarie specifiche attrezzature e mezzi, tali da permettere il completo svolgimento della professione in autosufficienza. Le violazioni eventualmente riscontrate andranno a cascata su una serie di ambiti: naturalmente, specifica la circolare, saranno di tipo contributivo, ma anche di salute e sicurezza sul lavoro, di sorveglianza sanitaria, di formazione e informazione.
La circolare esclude, comunque, dai criteri per il riconoscimento dell’attività autonoma, anche le monocommittenze. Come punto delle operazioni svolte, il Ministero ha specificato che non sarebbero sorti particolari criticità di identificazione in riferimento a attività operanti nella finitura o nella realizzazione degli impianti; al tempo stesso, però, è stato posto al di fuori dal recinto del lavoro autonomo qualsiasi esercizio inerente fondazioni, opere in cemento armato e strutture di elevazione in genere.
In sostanza, nelle occasioni in cui gli ispettori dovessero imbattersi in partite Iva non adeguatamente giustificate, le categorie di subordinazione a cui ricondurre la mansione svolta si elencano in manovalanza, carpenteria, rimozione amianto, posizionamento di ferri e ponti o addetti a macchine edili fornite dall’impresa committente o appaltatore.
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