Questo contratto, introdotto dalla Legge n. 76/2016 o Legge Cirinnà, permette ai conviventi di fatto regolarmente registrati di godere di una maggiore tutela economica e optare per la comunione dei beni.
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Di seguito ecco cosa sapere e come funzionano i contratti di convivenza.
Conviventi di fatto: chi sono e quali diritto hanno?
Così come stabilisce la Legge Cirinnà sulle unioni civili, i conviventi di fatto sono due persone maggiorenni “unite stabilmente da legami affettivi di coppia” e “reciproca assistenza morale e materiale”, non vincolate da rapporti di parentela, matrimonio o unione civile. Non importa se i due conviventi appartengano o meno allo stesso sesso.
Ai conviventi di fatto, a prescindere dalla sottoscrizione del contratto di convivenza, con la Legge Cirinnà viene riconosciuto il diritto reciproco di visita, assistenza e accesso alle informazioni personali in caso di malattia, la possibilità di nominare il partner proprio rappresentante e il diritto di continuare a vivere nella casa di residenza dopo l’eventuale decesso del convivente proprietario dell’immobile.
Quindi, il convivente superstite ha la possibilità di continuare ad abitare nella casa per un periodo minimo di 2 anni e massimo di 5, e per non meno di 3 anni nel caso viva con figli minorenni o disabili.
Unioni civili e contratti di convivenza: come funzionano?
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Analogamente alla regolamentazione delle convivenze di fatto e all’introduzione delle unioni civili per persone dello stesso sesso, i contratti di convivenza sono entrati in vigore il 5 giugno 2016 grazie alla Legge Cirinnà. Tali contratti sono disciplinati dagli commi 50-63 della suddetta legge.
In particolare, il comma 50, stabilisce che con la sottoscrizione del contratto i conviventi di fatto possono “disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune”. I conviventi non sono obbligati a stipulare il contratto, ma il documento consente loro di stabilire delle regole che saranno ufficialmente riconosciute a loro tutela.
Contratti di convivenza: cosa si può decidere?
I contratti di convivenza possono includere indicazioni relative al luogo di residenza dei conviventi, alle loro modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, “in relazione alle sostanze di ciascuno”, e all’eventuale regime patrimoniale di comunione dei beni.
Soltanto sotto specifica richiesta dei conviventi viene instaurato il regime di comunione dei beni: diversamente, la coppia vive in separazione dei beni. In ogni caso, il regime patrimoniale scelto può essere cambiato dai conviventi in qualsiasi momento.
Il contratto di convivenza “non può essere sottoposto a termine o condizione“: quindi non può essere rescisso “per contratto” al verificarsi di un particolare evento o al termine di un certo lasso temporale. Se si vuole sciogliere il contratto è necessaria l’esplicita richiesta di almeno uno dei due conviventi.
Contratti di convivenza: come si possono sciogliere?
I contratti di convivenza, necessariamente da stipulare per iscritto, possono essere sciolti sia per accordo delle parti che per recesso unilaterale. Oltre a ciò, il contratto di convivenza cessa di avere effetto in caso di matrimonio (tra coppie eterosessuali) o unione civile (tra coppie omosessuali) dei due conviventi tra di loro o con una persona terza.
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