Bilanci comunali 2015 prorogati al 31 maggio: quali ricadute sulla procedura di bilancio?

Redazione 01/03/15
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È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 67 del 21 marzo il decreto del Ministero dell’interno che proroga al 31 maggio 2015 il termine per l’approvazione dei bilanci comunali 2015, confermando quella che negli ultimi anni è diventata una vera e propria tendenza ad una sostanziale posticipazione dell’adozione della delibera di approvazione del bilancio di previsione degli enti locali, ordinariamente prevista entro il 31 dicembre dell’esercizio precedente.

Si tratta di una tendenza ormai consolidatasi fin dal 2001, laddove, peraltro, inizialmente i differimenti erano circoscritti al primo trimestre dell’esercizio finanziario e, di recente, invece hanno superato la prima metà dell’esercizio finanziario, così riducendo la fase della programmazione sempre più ad un mero adempimento formale.

Abbiamo chiesto al Dott. Paolo Canaparo, viceprefetto presso il Ministero dell’Interno una riflessione approfondita sull’argomento.

Bilanci comunali, il differimento negli esercizi precedenti

Il caso estremo si è registrato nell’esercizio finanziario 2013, in cui il termine del previsionale, inizialmente differito al 30 giugno 2013 dal comma 381 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2012 n. 228 (Finanziaria 2013), è stato poi spostato al 30 settembre dal comma 4-quater dell’articolo 10 della legge 6 giugno 2013, n. 64, di conversione del decreto legge 8 aprile 2013 n. 35, e al 30 novembre dall’articolo 8 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102.

Il rinvio in prossimità della scadenza del periodo di gestione ha ridotto la deliberazione del previsionale all’approvazione di un pre-consuntivo. Con ciò ha reso inutili gli strumenti della delibera consiliare di salvaguardia degli equilibri finanziari ex articolo 193, comma 2, del TUEL (da adottare entro il 30 settembre), destinata a consentire la modifica degli eventuali errori di quantificazione nel preventivo o il finanziamento di uscite impreviste, e della variazione di assestamento generale ex articolo 175, comma 8 (da adottare entro il 30 novembre), dopo il quale non è più possibile modificare le poste dei conti che a quel punto assumono un valore definitivo, da verificare e certificare nel rendiconto.

Una sequela di rinvii del termine ordinario per l’adozione del previsionale si è registrata anche nel 2014 dove, con decreti del Ministero dell’interno del 19 dicembre 2013, del 13 febbraio 2014, del 29 aprile 2014 e del 18 luglio 2014, è stato differito prima al 28 febbraio 2014, poi al 30 aprile (data questa che è stata confermata dall’art. 2-bis della legge 2 maggio 2014, n. 68, di conversione del decreto-legge 6 marzo 2014, n. 16) e al 31 luglio ed infine al 30 settembre. In relazione agli effetti prodotti da quest’ultimo differimento, che ha spostato l’adempimento alla stessa scadenza della deliberazione per la verifica degli equilibri di bilancio di cui all’articolo 193 del TUEL, il Ministero dell’interno ha ritenuto che l’eventuale adozione del bilancio nel mese di settembre rendesse superflua la verifica del permanere degli equilibri in quanto dovesse ritenersi già insita nel documento di bilancio, atteso il breve arco di tempo trascorso dalla sua delibera di approvazione. L’adempimento deve essere quindi disposto solo da parte di quegli enti che abbiano approvato il bilancio di previsione entro il mese di agosto.

Bilanci comunali 2015, il differimento nell’esercizio corrente

Nulla lascia presagire un diverso esito nell’esercizio in corso. Quest’ultimo si è infatti aperto con una conferma con un primo rinvio del termine di approvazione al 31 marzo 2015, a cui è peraltro seguito un ulteriore rinvio al 31 maggio. Significative le generiche motivazioni addotte a tali scelte rispetto ad un adempimento, alla cui violazione, per la rilevanza che assume nella vita amministrativa dell’ente e per la sua corretta e sana gestione finanziaria, è associata la sanzione più grave, lo scioglimento del Consiglio dell’ente locale (art. 141 del TUEL).

In particolare, il decreto del Ministro dell’interno del 24 dicembre 2014 (pubblicato nella G.U. del 30 dicembre 2014, n. 301), con cui è stato disposto il primo differimento, ha fatto riferimento alla circostanza che gli enti locali non disponessero di dati certi in ordine alle risorse finanziarie disponibili, in quanto la legge di stabilità per l’anno 2015, chiamata a disciplinare tale aspetto, era in corso di approvazione.
Il preliminare parere favorevole della Conferenza Stato-città, espresso in data 16 dicembre 2014, a seguito di richiesta formale dell’ANCI, ha fatto richiamo “ai rilevanti mutamenti normativi non ancora definiti, che comporteranno prevedibilmente un processo attuativo complesso”.

Il più recente decreto, adottato il 16 marzo 2015 (appena pubblicato nella G.U. del 21 marzo 2015, n. 67), ha indicato in premessa che i comuni, in sede di predisposizione dei bilanci di previsione per l’anno 2015 non dispongono ancora in maniera completa di dati certi, sia in ordine alle risorse finanziarie disponibili a valere sul fondo di solidarietà comunale 2015, sia in merito alla ridefinizione degli obiettivi del Patto di stabilità interno 2015.
Il preliminare parere favorevole della Conferenza Stato-città del 12 marzo 2015, formulato a seguito della proposta formale di differimento da parte dell’UPI, aveva indicato un generico riferimento all’ancora incerto quadro di finanza pubblica che caratterizza gli enti locali e alle rilevanti questioni ancora aperte, essenziali per la predisposizione di un bilancio che possa garantire una corretta programmazione dei flussi finanziari.

Da tenere conto che erano emerse sollecitazioni rispetto ad un differimento del termine al 30 giugno, un ulteriore mese di slittamento motivato dalla i concomitanza del termine del 31 maggio con le elezioni amministrative. A seguito di un confronto in sede di Conferenza, è stato unanimemente deciso di limitare il periodo di differimento al 31 maggio quale segnale di un mutamento di indirizzo rispetto agli ormai reiterati rinvii che hanno caratterizzato gli ultimi esercizi finanziari. Bisognerà vedere, a questo punto, se questi ulteriori tre mesi di rinvio consentiranno ai sindaci di poter, finalmente, avere più chiarezza sullo stato delle cose delle finanze locali atteso che il decreto-legge in tema di finanza locale dovrebbe essere presentato dal Governo soltanto a metà aprile.

L’incerto quadro finanziario di ciascun ente locale

È di rilievo ricordare come il bilancio di previsione si presenta non solo come sede dell’integrazione della legittimazione all’uso delle risorse per le diverse attività, nell’ambito della definizione dell’equilibrio complessivo, ma rappresenta anche il documento di connessione tra la gestione, l’attività finanziaria e i risultati delle attività amministrative, sia nell’indirizzo che nel sistema delle responsabilità e dei controlli. Esso assolve contemporaneamente le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, economico-finanziario ed informativo, nonché esprime con chiarezza e precisione gli obiettivi, il fabbisogno finanziario e la sostenibilità dello stesso.

Il permanente differimento del termine comporta inoltre, con l’inevitabile conseguenza della rideterminazione temporale della articolata procedura di bilancio, che dalla approvazione del previsionale prende avvio, ricadute negative anche sui sistemi di controllo interno e di valutazione della performance della dirigenza.

Alla proroga del termine per l’approvazione del bilancio di previsione consegue altresì un pesante ritardo nella determinazione delle aliquote dei tributi locali e delle tariffe dei servizi pubblici con disagi per i contribuenti-utenti e conseguenze sfavorevoli per la finanza dell’ente, laddove, in linea generale, il termine per la sua deliberazione costituisce il termine ultimo per la determinazione delle aliquote o tariffe dei tributi o servizi comunali, come stabilito ordinariamente dall’articolo 1, comma 169 della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007).

La ritardata determinazione delle aliquote dei tributi locali o del costo dei servizi comporta notevoli ritardi nella riscossione delle entrate di competenza, rendendo ancora più onerosa la gestione delle spese e l’osservanza dei termini di pagamento dei debiti, contravvenendo, in tal senso, al principio direttivo della legge delega n. 42 del 2009 (lett. c)) della razionalità e coerenza dei singoli tributi e del sistema tributario nel suo complesso, semplificazione del sistema tributario, riduzione degli adempimenti a carico dei contribuenti, trasparenza del prelievo, efficienza nell’amministrazione dei tributi e rispetto dei princìpi sanciti dallo statuto dei diritti del contribuente di cui alla legge 27 luglio 2000, n. 212.

Prolungamento dell’eserizio provvisorio: l’indirizzo della Corte dei conti

Quanto considerato evidenzia gli effetti del patologico prolungamento dell’esercizio provvisorio sulla attività gestionale di ciascun ente e sui rapporti con propri cittadini-utenti-elettori. Su questo tema si è peraltro pronunciata la Sezione Autonomie della Corte dei conti, con la delibera n. 18 del 12 giugno 2014, che ha evidenziato come l’assenza della programmazione vanifichi il ruolo stesso del bilancio preventivo ed esponga gli enti locali al rischio di negativi esiti gestionali, riflettendosi sulle politiche del personale e sul contenimento della relativa spesa, nonché sul rispetto degli altri vincoli di finanza pubblica.

Nei fatti, l’esercizio provvisorio – evidenzia la Corte – mal si concilia con l’attuale contesto normativo caratterizzato dall’avvio del federalismo fiscale e dalla conseguente sostituzione di una finanza derivata con una autonoma e genera rischi per i bilanci legati alla circostanza che, in assenza dell’approvazione del previsionale, il riferimento per le amministrazioni diviene necessariamente l’ultimo bilancio approvato così esponendo le stesse ad operare su parametri sovradimensionati, a fronte dei ripetuti interventi di spending review e di un rilevante grado di incertezza sulle entrate proprie di natura tributaria.

L’esercizio provvisorio determina altresì i rischi derivanti dall’impatto negativo sugli equilibri di competenza e di cassa, quest’ultimo connesso anche al ritardo nella riscossione dei tributi propri, e dalle difficoltà di approvare efficaci manovre finalizzate alla razionalizzazione e riduzione della spesa ad esercizio finanziario inoltrato e di adottare delle azioni di riequilibrio per quegli enti che hanno presentato nell’esercizio precedente disavanzo di amministrazione e/o di gestione, nonché di perfezionare gli eventuali piani di riequilibrio finanziario pluriennale.

Assumono analoga rilevanza per la Corte le problematicità nei processi di riconoscimento e di finanziamento di debiti fuori bilancio accertati o in corso di formazione e di attivazione, in assenza dello strumento autorizzatorio, di fonti di finanziamento nazionali e comunitarie da destinare ad interventi di investimento, con la probabile conseguenza di dover rinunciare ai conferimenti assegnati. Effetti indubitabili si registrano anche nella gestione interna dell’ente per la mancata approvazione del Piano esecutivo di gestione che comporta riflessi negativi sugli aspetti connessi alla valutazione della performance della dirigenza e del personale degli enti.

La Corte ha richiamato, quindi, gli enti locali ad una gestione del bilancio che deve essere comunque informata – pur in difetto della tempestiva adozione dello strumento programmatorio ed autorizzatorio – ai principi di prudenza e, dunque, idonea a neutralizzare il rischio di produrre disavanzi di gestione e di impedire l’emersione dei debiti fuori bilancio. A tale fine, evidenzia la necessità di un accurato e continuo riscontro sul piano contabile delle spese e dei relativi mezzi di copertura, che risentono della variabile del ridimensionamento delle risorse per effetto delle manovre correttive.

In quanto l’esercizio provvisorio espone gli enti locali ad esiti gestionali negativi, la Corte ribadisce, al fine di sopperire all’assenza, all’inizio dell’esercizio, degli strumenti di programmazione previsti dall’ordinamento, la necessità dell’adozione, in ogni caso, da parte degli organi di governo dell’ente, di strumenti provvisori di indirizzo e di programmazione finanziaria e operativa (quali ad esempio il Piano esecutivo di gestione provvisorio e/o direttive vincolanti). Il fine è di evitare, in presenza di un’anomala dilatazione dei tempi di approvazione del bilancio di previsione, una gestione in esercizio provvisorio “al buio”, carente, cioè, di indirizzi approvati dai competenti organi di governo, soprattutto nella economia di una gestione c.d. per dodicesimi protratta per una parte rilevante dell’esercizio finanziario, con il momento programmatorio che viene così rinviato in prossimità della scadenza del periodo di gestione, quando è ormai frustrata la possibilità di attuare manovre incisive di correzione.

I predetti strumenti provvisori devono naturalmente incorporare le misure necessarie ad assicurare l’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea, nonchè garantire – in uno all’osservanza dei precetti normativi – l’equilibrio strutturale della gestione, impartendo indicazioni che i responsabili dei servizi dovranno declinare in azioni positive, in un contesto di risorse decrescenti e, pertanto, con una gestione maggiormente esposta a rischi di squilibri economico-finanziari.

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