Bail-in: banche in difficoltà, come salvarsi?

Redazione 23/10/15
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Anche nel nostro Paese, sbarca la Bank recovery and resolution directive. Dal 1° gennaio 2016, infatti, la direttiva Brrd diventerà applicativa. Si tratta della direttiva europea del cosiddetto bail-in che introduce modifiche sostanziali  al modello del correntista bancario che, qualora intervengano situazioni di difficoltà finanziaria da parte dell’istituto, è abilitato a divenire compartecipe delle perdite.

In caso di salvataggio di un istituto bancario, prima della direttiva Brrd, veniva utilizzato il sistema del cosiddetto bail-out che faceva intervenire direttamente gli Stati e soltanto indirettamente i contribuenti, avendo questi pagato con l’aumento delle tasse il surplus di deficit indispensabile per salvare la banca. Un simile meccanismo ha coadiuvato la crescita oltre l’80%, tra il 2008 e il 2012, del rapporto debito/Pil dell’Eurozona.

Ora, proprio l’Eurozona interviene con la nuova direttiva per stravolgere le modalità. Con il meccanismo del bail-in, infatti, come detto sopra, se un istituto bancario è in situazione di svantaggio non sono più gli Stati a dover intervenire, e dunque indirettamente anche i contribuenti pagando più tasse, bensì potranno agire in linea diretta tutti coloro che hanno rapporti con l’istituto in difficoltà, quali correntisti, azionisti e obbligazionisti.

In merito agli obbligazionisti interviene, però, una distinzione: la direttiva stabilisce infatti che, prima, intervengono i possessori di obbligazioni subordinate, poi, i possessori di obbligazioni (comunque emesse dal medesimo istituto in difficoltà) appartenenti alla categoria senior. Soltanto in caso in cui tali interventi non dovessero risultare sufficienti ai fini del salvataggio, si potrà agire sulla liquidità disponibile in conto corrente, esclusivamente per la fetta eccedente i  100mila euro.

Fino a tale soglia infatti gioca la garanzia dal fondo di tutela dei depositi interbancari, operando tale copertura per banca e per correntista. Un’ulteriore precisazione riguarda poi i titoli finanziari e i prodotti di investimento non connessi all’istituto in difficoltà ma fruiti nel deposito titoli del medesimo istituto, che secondo la direttiva europea non sono da comprendere nel piano di salvataggio dal momento che la banca, in questo preciso caso, svolge soltanto una funzione di custodia titoli.

Il Consiglio dei Ministro del 10 settembre ha approvato il testo del decreto che in questi giorni è tornato sul tavolo delle Camere. La riforma, infatti, potrebbe subire parziali modifiche attendendo ancora il via libera definitivo. In particolare, è la questione attinente alla trasparenza che va rivista, come chiarito dal presidente della Consob, Giuseppe Vegas.

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