Autoscuole e concorrenza, è la legge che va cambiata

Il mercato delle autoscuole in Italia è poco concorrenziale e presenta ingiustificate barriere all’accesso di nuovi competitors.

L’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato ha segnalato per la seconda volta al Parlamento ed al Governo che la normativa vigente in materia di autoscuole non funziona sotto il profilo antitrust e che occorrerebbe far qualcosa per rendere la vita più semplice ai nuovi entranti nel mercato dell’istruzione alla guida.

A seguito della riforma del 2010, il nuovo Codice della Strada obbliga chi volesse aprire un’autoscuola a svolgere corsi per il conseguimento di ogni tipo di patente, oltre che a dotarsi di tutti gli automezzi necessari (autovetture, motocicli, autocarri, autobus) alla relativa formazione.

In pratica, chi intendesse operare in questo settore non potrebbe decidere di limitarsi alla preparazione dei conducenti per le patenti A e B, dovendo invece offrire una gamma completa di tutte le patenti.

Accade così che molte imprese rinuncino o cessino la propria attività per l’eccessiva onerosità dei costi di acquisto e di gestione dell’intero parco attrezzi, che rappresentano per molti una insormontabile barriera amministrativa.

È tutto scritto all’articolo 123, comma 7, del nuovo codice della strada, così come modificato dall’art. 20 della legge 120/2010.

La nuova previsione garantisce a tutti gli aspiranti conducenti che si rivolgessero ad un’autoscuola un’offerta completa, ma introduce – stando a quanto segnalato dall’AGCM – non indifferenti problemi nel funzionamento del mercato interno e distorsioni alla concorrenza.

La relazione è semplice: più ostacoli, meno imprese; meno imprese, meno concorrenza.

Non tutti sono infatti in grado di dotarsi dell’intero parco attrezzi.

Chi non ce la fa ha davanti due opzioni: rinunciare ad operare nel settore o consorziarsi con altre imprese e beneficiare di qualche sconto.

Lo stesso articolo 123, comma 7, prevede, infatti, per le autoscuole la possibilità di riunirsi in consorzi mediante i quali dividere costi di gestione e acquisto degli automezzi. In quel caso le dotazioni complessive (in personale e in attrezzature) delle singole autoscuole consorziate possono essere adeguatamente ridotte.

Anche con una norma sui consorzi di autoscuole, tuttavia, il corretto funzionamento del mercato e la concorrenza rimangono compromessi, potendo il consorzio ben rivelarsi sede privilegiata per il raggiungimento di accordi tra le imprese già attive nel mercato, anche aventi finalità escludenti rispetto ad eventuali nuovi competitors.

Nel vigore dell’attuale normativa i nuovi aspiranti operatori del settore autoscuole corrono dunque un alto rischio di rimanere tagliati fuori.

La barriera amministrativa riduce a monte il numero delle imprese in grado di operare nel mercato e la possibilità di costituire consorzi introduce rischi di collusione tra le imprese. La normativa va rivista, ma stavolta in senso pro-concorrenziale.

Che le imprese tendano spontaneamente a colludere e che all’ingresso dei nuovi entranti venga opposta della resistenza è noto ed anche normale. Non è invece normale che la legge ponga le premesse perché ciò avvenga.

Ciò che ci si aspetta dalla legge è che predisponga le condizioni più favorevoli per un mercato che funzioni al meglio, in questo caso – come fatto presente dall’Autorità -consentendo agli operatori attivi nel mercato delle autoscuole di determinare autonomamente ed in via facoltativa le categorie di patente di guida per le quali organizzare e offrire i relativi corsi

Roberta Di Giorgio

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