E’ arrivato come da previsioni, a cavallo della settimana di Pasqua, il decreto correttivo sugli Acconti Irpef, che mette fine al rischio di acconti gonfiati per milioni di contribuenti nel 730/2025.
Il Ministero dell’economia e delle finanze aveva ufficialmente riconosciuto il problema il 25 marzo scorso, dopo le segnalazioni partite dalla Cgil e dai Centri di assistenza fiscale: nella predisposizione dei modelli per la dichiarazione dei redditi 2024, si era fatto riferimento all’imposta calcolata secondo il vecchio schema a quattro aliquote, ignorando la nuova struttura a tre scaglioni prevista dalla riforma fiscale varata con il decreto attuativo del 2023.
Una svista tecnica e una norma scritta male che, senza interventi correttivi, avrebbe comportato il calcolo di acconti Irpef per il 2025 più alti del dovuto, generando un debito fittizio per chi ha già versato quanto richiesto con ritenuta d’acconto.
Un equivoco che avrebbe significato per i cittadini semplici anticipare più tasse, che si sarebbero recuperate solo un anno dopo. Notizia che ha fatto il giro dei giornali in queste ore e che ha portato il governo a intervenire tramite comunicato del Ministero dell’economia.
Travolto dalle proteste, il Mef aveva diffuso lo scorso marzo una nota ufficiale promettendo un intervento correttivo, approvato oggi 22 aprile in un Consiglio dei ministri alquanto difficile, perché impegnato anche ad organizzare la settimana dei funerali di Papa Francesco.
Sono serviti circa 245 milioni per porre rimedio al pasticcio Irpef, rimodellando il meccanismo di calcolo in base alle nuove aliquote in vigore.
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Indice
Il problema degli Acconti Irpef gonfiati
Nel 2024, il governo ha varato una mini-riforma dell’Irpef. L’obiettivo: semplificare il sistema e ridurre il carico fiscale per i redditi medio-bassi. Si è passati da quattro a tre aliquote:
- 23% fino a 28.000 euro (prima era solo fino a 15.000 euro)
- 35% da 28.001 a 50.000 euro
- 43% sopra i 50.000 euro
Una riforma che vale solo per i redditi a partire dal 2024 e che, secondo la legge di Bilancio, sarà confermata anche per gli anni successivi.
Ma è sorto un problema: quando si paga l’acconto, cioè l’anticipo sulle tasse dell’anno dopo, si usa normalmente il metodo “storico”, cioè si prende l’Irpef netta dell’anno prima e si versa in anticipo il 100% (diviso in due rate: giugno e novembre).
E qui è scattata la contraddizione.
Gli acconti Irpef con le vecchie regole
Nonostante la riforma Irpef sia già in vigore e stabilizzata anche per il 2025, per il calcolo degli acconti Irpef del 2024 (che si riferiscono appunto al 2025) il governo aveva previsto l’uso delle vecchie regole del 2023, con quattro aliquote e detrazioni più basse.
Questo perché, tecnicamente, la norma che riduce le aliquote era stata presentata come temporanea solo per il 2024, e solo successivamente stabilizzata dal 2025 in poi.
Morale: si sarebbero pagati anticipi calcolati su un sistema fiscale che non esiste più. Un cortocircuito normativo.
Chi rischiava di pagare di più
Il pasticcio colpiva soprattutto lavoratori dipendenti e pensionati che nel 2023 avevano avuto un piccolo conguaglio a debito – per esempio, per un bonus recuperato, un reddito accessorio, un rimborso da dichiarazione precedente.
Persone che normalmente non versano acconti Irpef, perché tutto è trattenuto direttamente in busta paga o nel cedolino della pensione.
Ma in questi casi particolari, se emerge un debito, il sistema fiscale li obbliga a pagare l’acconto anche per l’anno successivo.
Con le vecchie aliquote, però, l’importo dell’acconto risulta più alto di quello che sarà effettivamente dovuto con le nuove.
In sostanza il problema è sugli acconti Irpef: il Governo aveva scritto nella legge che per calcolare l’anticipo IRPEF (cioè l’acconto per l’anno dopo), si doveva usare ancora il vecchio sistema a 4 aliquote, quindi:
❌ Calcolo con le vecchie regole = imposta più alta → acconto più alto
➡️ Paghi più del dovuto in anticipo, e recuperi il credito l’anno dopo.
📌 Esempio semplificato
Mettiamo che nel 2023 un contribuente ha pagato:
– IRPEF netta: 3.000 € (con le 4 aliquote)
Nel 2024, con la nuova legge:
– IRPEF netta vera: 2.700 €
Però l’acconto per il 2025 (da pagare nel 2024) viene calcolato su 3.000 €, quindi:
– Si paga in anticipo 300 € in più rispetto a quanto servirà davvero.
– E questi soldi tornano solo nel 2026, con la dichiarazione dei redditi del 2025.
Le proteste dei sindacati
La prima a suonare l’allarme è stata la CGIL, insieme al Consorzio nazionale CAAF CGIL. In una lettera inviata al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e al viceministro Maurizio Leo, hanno denunciato il “grave rischio di penalizzazione” per milioni di contribuenti.
Due le richieste avanzate: applicare subito le nuove aliquote anche per calcolare gli acconti oppure, almeno, autorizzare formalmente il “metodo previsionale”, cioè il calcolo libero dell’acconto in base alle previsioni reali, senza rischio di sanzioni.
L’annuncio del Mef
Il 25 marzo scorso il Ministero dell’Economia ha diffuso un comunicato ufficiale in cui ammette la svista sulle regole per gli Acconti Irpef 2025 e annuncia l’intenzione di intervenire “anche in via normativa”, per evitare che qualcuno paghi più del dovuto.
Nella nota si legge:
“Sono pervenute segnalazioni in merito a un maggior carico fiscale per i lavoratori dipendenti che verrebbero gravati dell’onere di versare l’acconto Irpef per il 2025 anche in mancanza di redditi ulteriori.”
Il Mef ha precisato che l’incongruenza nasce dal fatto che le modifiche erano inizialmente previste per un solo anno (2024), ma poi sono diventate strutturali. Il cortocircuito normativo non era stato previsto, né corretto in tempo.
Per evitare confusione, in sostanza, il governo cambierà la norma, così sarà chiaro che si devono usare le aliquote nuove (quelle del 2025) per calcolare l’acconto.
Il decreto salva Acconti Irpef
La promessa del governo di varare il decreto salva Acconti Irpef “in tempo utile” per l’apertura della campagna dichiarativa 2025, è stata mantenuta.
Come chiarito dal viceministro dell’Economia, Maurizio Leo: “Il Consiglio dei ministri ha approvato un provvedimento per chiarire le regole sulla determinazione degli acconti Irpef 2025. La nuova disposizione conferma che i lavoratori dipendenti e i pensionati senza redditi aggiuntivi non dovranno versare alcun acconto Irpef per il 2025, evitando così qualsiasi aumento del carico fiscale”.
Ha poi ammesso Leo che “L’intervento si è reso necessario per correggere un difetto di coordinamento tra il decreto legislativo del 2023, attuativo della delega fiscale, che prevedeva per il solo 2024 la riduzione delle aliquote Irpef da 4 a 3 e la legge di bilancio 2025 che ha reso strutturale la predetta riduzione di aliquote”.
In sostanza, con le correzioni fresche di approvazione, verrà applicato nel calcolo delle imposte, il meccanismo delle nuove 3 aliquote, anziché i vecchi 4 scaglioni che, come abbiamo visto, rischiavano di far pagare ai contribuenti cifre più o meno alte a titolo di acconto.
Cosa cambia in pratica
A conti fatti, la disposizione correttiva contenuta all’articolo 1 del decreto Acconti Irpef del 22 aprile , sostituisce le parole “i periodi d’imposta 2024 e 2025” con “il periodo d’imposta 2024”, rimuovendo di fatto il blocco che escludeva l’utilizzo delle nuove aliquote IRPEF.
Il succo delle modifiche introdotte con il provvedimento è che lavoratori dipendenti e i pensionati che non hanno altri redditi (come affitti o redditi da partita IVA) non dovranno pagare acconti IRPEF per il 2025, evitando così di dover anticipare tasse che non sarebbero dovute.
Inoltre, il decreto modifica il modo in cui si calcolano gli acconti IRPEF per il 2025, permettendo di usare le nuove tre aliquote previste dalla riforma fiscale (23%, 35% e 43%) anche per gli acconti, rendendo il calcolo più aderente alla tassazione effettiva.
Prima del nuovo decreto | Dopo il nuovo decreto (22 aprile 2025) | |
Acconti IRPEF 2025 | Calcolati con vecchie aliquote | Calcolati con nuove aliquote IRPEF (23%, 35%, 43%) |
Lavoratori dipendenti/pensionati senza altri redditi | Rischio acconto teorico | Nessun acconto da versare |
Adeguamento alle nuove regole
Non è ancora finita però. Approvato il Decreto salva 730, sono necessarie altre misure, in particolare l’Agenzia delle Entrate deve adeguare software e moduli, per il lancio della precompilata 730 a partire dal 30 aprile 2025.
I tempi sono quindi risicatissimi, perché da questa data tutti potranno già visionare nella propria area riservata dell’Agenzia delle entrate il calcolo a debito/credito Irpef. Questo calcolo dovrà quindi essere fedele alle modifiche apportate dal governo con il meccanismo di conteggio a 3 aliquote.
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Foto: governo.it/sala_consiglio_dei_ministri