Conducente alla guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti

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La normativa sulla circolazione stradale, d.lgs. 285/92 C.d.S., prevede che gli organi di polizia stradale ex art. 12 C.d.S., possono effettuare un accertamento sul conducente di un veicolo durante un controllo stradale. Se vi sia una ragionevole motivazione di ritenere che lo stesso sia sotto l’influenza di sostanze stupefacenti o psicotrope, nel caso di specie sulle circostanze sintomatiche, possono effettuare, ai sensi dell’art. 187 comma 2, che sancisce:” Al fine di acquisire elementi utili per motivare l’obbligo di sottoposizione agli accertamenti di cui al comma 3, gli organi di Polizia stradale di cui all’articolo 12, commi 1 e 2, secondo le direttive fornite dal Ministero dell’interno, nel rispetto della riservatezza personale e senza pregiudizio per l’integrità fisica, possono sottoporre i conducenti ad accertamenti qualitativi non invasivi o a prove, anche attraverso apparecchi portatili.”.

Quando gli accertamenti forniscono esito positivo ovvero quando si ha altrimenti ragionevole motivo di ritenere che il conducente del veicolo si trovi sotto l’effetto conseguente all’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, i conducenti, nel rispetto della riservatezza personale e senza pregiudizio per l’integrità fisica, possono essere sottoposti ad accertamenti clinico-tossicologici e strumentali ovvero analitici su campioni di mucosa del cavo orale prelevati a cura di personale sanitario ausiliario delle forze di polizia.

Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con i Ministri dell’interno, della giustizia e della salute, sentiti la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche antidroga e il Consiglio superiore di sanità, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono stabilite le modalità, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, di effettuazione degli accertamenti di cui al periodo precedente e le caratteristiche degli strumenti da impiegare negli accertamenti medesimi.

Qualora non sia possibile effettuare il prelievo a cura del personale sanitario ausiliario delle forze di polizia ovvero qualora il conducente rifiuti di sottoporsi a tale prelievo, gli agenti di polizia stradale di cui all’articolo 12, commi 1 e 2, fatti salvi gli ulteriori obblighi previsti dalla legge, accompagnano il conducente presso strutture sanitarie fisse o mobili afferenti ai suddetti organi di polizia stradale ovvero presso le strutture sanitarie pubbliche o presso quelle accreditate o comunque a tali fini equiparate, per il prelievo di campioni di liquidi biologici ai fini dell’effettuazione degli esami necessari ad accertare la presenza di sostanze stupefacenti o psicotrope. Le medesime disposizioni si applicano in caso di incidenti, compatibilmente con le attività di rilevamento e di soccorso.

Le strutture sanitarie, su richiesta degli organi di Polizia stradale di cui all’articolo 12, commi 1 e 2, effettuano altresì gli accertamenti sui conducenti coinvolti in incidenti stradali e sottoposti alle cure mediche essi possono contestualmente riguardare anche il tasso alcoolemico previsto nell’articolo 186.

Da rammentare che in caso di positività, il comma 1 del già citato art. 187, prevede che chiunque guida in stato di alterazione psico-fisica dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope è punito con l’ammenda da euro 1.500 a euro 6.000 e l’arresto da sei mesi ad un anno. All’accertamento del reato consegue in ogni caso la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a due anni.

La Corte di Cassazione Penale 4/4/2019 n. 14919, ha ribadito, a seguito di un sinistro stradale da cui è scaturita l’applicazione dell’art. 187 C.d.S., che la decisione della Corte di merito di cui si duole il ricorrente è corretta e risponde ai principi affermati in subiecta materia dalla giurisprudenza di legittimità.

Nel caso di specie, la modifica del domicilio eletto era stata infatti resa nota alla Corte di merito in data successiva al tentativo di notifica infruttuosamente eseguito presso il domicilio che il conducente aveva eletto in primo grado; ed è per tale ragione che, a seguito di detto tentativo non riuscito per impossibilità della notificazione, si è correttamente proceduto a notificare l’avviso di udienza presso il difensore.

La ratio di tale soluzione è ben spiegata in Sez. 6, Sentenza n. 51998 del 30/09/2014, Mastrochirico si tiene conto dei dati enucleabili dagli atti al momento dell’emissione del provvedimento da notificare, che costituisce l’oggettivo termine di riferimento cronologico al quale raccordare tutte le indicazioni funzionali alla notificazione (esistenza o meno di una dichiarazione o di una elezione di domicilio, tenore della stessa e via dicendo)».

Il secondo motivo è manifestamente infondato.

Nella sentenza si legge che nel percorso argomentativo seguito dalla Corte territoriale vi sono elementi affatto conducenti, sul piano logico-dimostrativo, in base ai quali è stata ritenuta comprovata la penale responsabilità dell’imputato, accertata sulla base della convergenza fra l’accertamento diagnostico della presenza di tracce di sostanze psicoattive nel sangue e dalle stesse modalità dell’incidente, in occasione del quale il conducente non fermava la corsa della sua vettura neppure dopo avere abbattuto un muretto in calcestruzzo. Ciò denota, secondo i giudici del collegio d’appello, una condotta alla guida anomala, come tale ritenuta confermativa dello stato d’alterazione del guidatore.

E’ poi corretto l’argomentare della Corte gigliata laddove essa precisa che gli esiti del prelievo ematico deponevano per una recente assunzione di vari tipi di stupefacenti in quantità elevate.

Del resto, pur avendo la Corte dato conto delle dichiarazioni dell’imputato nelle quali egli sosteneva di avere assunto sostanze stupefacenti nei giorni precedenti, e non in occasione del reato accertato in occasione del sinistro, non va sottaciuto che – pur restando fermo che anche in questo ambito non è dato fare ricorso a prove legali – gli accertamenti di laboratorio eseguiti a seguito di prelievo ematico presentano notoriamente una ben maggiore valenza dimostrativa dell’immanenza dello stato di alterazione (in quanto riferita alla presenza in circolo delle sostanze psicoattive) rispetto a quanto accade con le analisi delle urine (che offrono unicamente contezza della presenza di metaboliti delle sostanze stesse, ossia dell’assunzione di esse anche diverse ore prima).

All’evidenza, comunque, la valutazione congiunta degli esiti delle indagini ematiche di laboratorio e delle modalità del sinistro, come operata dalla Corte fiorentina, risponde appieno ai canoni interpretativi formanti oggetto di molteplici arresti della giurisprudenza di legittimità in subiecta materia (per tutte vds. Sez. 4, Sentenza n. 6995 del 09/01/2013, Notarianni, Rv. 254402; Sez. 4, n. 43486 del 13/06/2017, Giannetto, Rv. 270929).

Su queste basi di convergenza probatoria la Corte distrettuale perviene, in modo del tutto logico ed esente da censure in sede di legittimità, all’affermazione della penale responsabilità del conducente oltre ogni ragionevole dubbio. Nel resto, le asserzioni del ricorrente si risolvono nella proposizione di una diversa valutazione del materiale probatorio, di stretta pertinenza dei giudici di merito e insuscettibile di scrutinio in sede di legittimità.

Pertanto, bene hanno fatto i giudici della Corte d’appello di Firenze, in data 5 ottobre 2018, che hanno confermato la sentenza del Tribunale di Lucca con la quale, il 28 aprile 2017, il conducente era stato condannato alla pena di giustizia in relazione al reato di cui all’art. 187, commi 1, 1-bis e 1-quater Codice della Strada, in quanto alla guida dell’autoveicolo era sotto l’effetto di stupefacenti, provocato un incidente uscendo di strada e andando a impattare contro un muretto in cemento armato.

L’accertamento dell’assunzione di sostanze stupefacenti sulla persona del conducente avveniva mediante prelievo ematico, dal quale risultava che egli aveva assunto cannabinoidi, cocaina e oppiacei.

Gli Ermellini, nella sentenza di cui sopra, hanno così deciso, alla declaratoria d’inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», il ricorrente va condannato.

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Girolamo Simonato

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