Incarichi dirigenziali: criticità dello schema di Direttiva della Presidenza del Consiglio dei ministri

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A cura dell’Avv. Enrica Guerriero 

Criticità dello schema di Direttiva della  Presidenza del Consiglio dei ministri DIP 018185 P-4.4.11 del 10.4.2019 sul conferimento degli incarichi dirigenziali

E’ principio fondamentale ed inderogabile dell’ordinamento giuridico, essendo riflesso di diritti costituzionalmente garantiti, che l’accesso alla Dirigenza pubblica avvenga tramite il concorso pubblico.

Il principio è stato affermato dalla Corte Costituzionale fin dalla sentenza n. 1/1999 secondo cui esiste “una relazione tra l’art 97 e gli artt. 51 e 98 della Costituzione” e “In un ordinamento democratico – che affida all’azione dell’amministrazione, separata nettamente da quella di governo (politica per definizione), il perseguimento delle finalità pubbliche obiettivate dall’ordinamento – il concorso pubblico, quale meccanismo di selezione tecnica e neutrale dei più capaci, resta il metodo migliore per la provvista di organi chiamati ad esercitare le proprie funzioni  in condizioni d’imparzialità ed al servizio esclusivo della Nazione. Valore, quest’ultimo, in relazione al quale il principio posto dall’art. 97 Cost. impone che l’esame del merito sia indipendente da ogni considerazione connessa alle condizioni personali dei vari concorrenti”.

Di conseguenza, l’accesso alla Dirigenza pubblica deve avvenire tramite il concorso pubblico e, pertanto, il ricorso allo strumento degli incarichi dirigenziali è legittimo soltanto se ed in quanto rispetti realmente i limiti della provvisorietà in funzione di temporanee esigenze dell’Amministrazione.

Il principio è consacrato, con riferimento alla specifica materia del conferimento degli incarichi dirigenziali, nella sentenza della Corte Costituzionale n. 37/2015 secondo cui il conferimento di incarichi dirigenziali nell’ambito di un’amministrazione pubblica deve avvenire previo esperimento di un pubblico concorso, il quale è necessario anche nei casi di nuovo inquadramento di dipendenti già in servizio nonché nelle ipotesi di passaggio ad una fascia funzionale superiore, che comporta «l’accesso ad un nuovo posto di lavoro corrispondente a funzioni più elevate ed è soggetto, pertanto, quale figura di reclutamento, alla regola del pubblico concorso» (in tal senso anche, Corte Cost. sentenze n. 194 del 2002; n. 217 del 2012, n. 7 del 2011, n. 150 del 2010, n. 293 del 2009).

Il Giudice delle Leggi, nella medesima sentenza, ha anche affermato un altro principio, che è di estrema rilevanza: la contrarietà al divieto del conferimento degli incarichi senza il previo esperimento del concorso pubblico di disposizioni, che non si pongono in contrasto diretto con tali principi.

Ci si riferisce alle ipotesi in cui la P.A. consente, in via asseritamente temporanea, l’assunzione di tali incarichi da parte di funzionari, in attesa del completamento delle procedure concorsuali per colmare le carenze nell’organico dei propri dirigenti.

A ciò si aggiunge la ben più grave circostanza che, nella materia de qua, il legislatore è, spesso, intervenuto con dettati normativi, di dubbia costituzionalità, che hanno creato espedienti per consolidare l’illegittimo conferimento degli “apparentemente” temporanei incarichi dirigenziali.

Già l’art. 4 bis, comma 2, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78 autorizzava le Agenzie fiscali ad annullare  le procedure concorsuali per la copertura di posti dirigenziali  bandite e  non  ancora  concluse  e  ad  indire  concorsi  pubblici,  per   un corrispondente numero di posti, per soli esami, da espletare entro il 31 dicembre 2016.

Più di recente, con l’art. 1 bis del D.L. n. 193/2016, il legislatore ha prorogato il termine di cui all’art. 4 bis, comma 2, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, per cui “le Agenzie fiscali sono autorizzate ad annullare le procedure concorsuali per la copertura di posti dirigenziali bandite e  non  ancora  concluse  e  a  indire  concorsi  pubblici,  per   un corrispondente numero di posti, per soli esami, da espletare ….” entro un termine più ampio.

La conseguenza è che il conferimento degli incarichi dirigenziali, al di fuori dell’unico sistema di reclutamento legittimo, il concorso, finisce per perdere il presupposto essenziale della sua legittimità, vale a dire la temporaneità.

La questione dell’illegittimità costituzionale della citata norma è stata, da ultimo, ritenuta rilevante e non manifestamente infondata dal T.A.R. Lazio, Roma, che, con sentenza non definitiva n. 08217/2018, ha dubitato della compatibilità:

  1. a) dell’intero articolo 4-biscon l’articolo 77 della Costituzione, ove sono stabiliti i casi e termini del ricorso, da parte del Governo, del potere di decretazione d’urgenza, e dal quale discendono i conseguenti limiti al potere del Parlamento di innovare il tenore del decreto legge in sede di conversione;
  2. b) del comma 2 dello stesso articolo 4-biscon gli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione, in quanto la previsione normativa censurata ha stabilito la copertura di posti di dirigente senza il ricorso all’ordinaria modalità del concorso pubblico aperto, bensì mediante un meccanismo che prevede il conferimento di incarichi ad interima dirigenti dell’Amministrazione e il contemporaneo “svuotamento” di tali incarichi, attuato con la delega necessaria a funzionari della stessa Amministrazione di tutte le attribuzioni non riservate ai dirigenti, per un periodo peraltro prorogato più volte nel corso del giudizio, spostando il termine finale di tale conferimento dal 31 dicembre 2016 fino al 31 dicembre 2018;
  3. c) del comma 2 dell’articolo 4-biscon l’articolo 136 della Costituzione, in quanto la previsione censurata appare elusiva del giudicato costituzionale costituito dalla sentenza n. 37 del 2015 della Corte costituzionale.

L’istituto degli incarichi dirigenziali è previsto e disciplinato dall’art. 19 del D.lgs. n. 165/2001 (T.U. PUBBLICO IMPIEGO), ai sensi del quale, individuati l’oggetto dell’incarico e gli obiettivi da conseguire, con riferimento alle priorità, ai piani e ai programmi definiti dall’organo di vertice nei propri atti di indirizzo e alle eventuali modifiche degli stessi che intervengano nel corso del rapporto, nonché la durata dell’incarico, sono conferiti incarichi di funzione dirigenziale “entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli di cui all’articolo 23 e dell’8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia, a tempo determinato ai soggetti indicati dal presente comma” e per una durata limitata, (per gli incarichi di funzione dirigenziale di cui ai commi 3 e 4, il termine di tre anni, e, per gli altri incarichi di funzione dirigenziale il termine di cinque anni), salvo a fornire esplicita motivazione qualora l’incarico venga conferito a soggetti con professionalità  non rinvenibili nel ruolo dell’Amministrazione

Dunque, i presupposti perché le Amministrazioni procedano al conferimento degli incarichi dirigenziali, ai sensi dell’art. 19 cit., sono la temporaneità degli incarichi e l’eccezionalità delle esigenze delle stesse in relazione all’oggetto dell’incarico e agli obiettivi da conseguire e sopperire, in ossequio ai principi di efficienza e di efficacia della P.A., alle carenze di personale affidando, in via del tutto eccezionale e temporanea, l’esercizio delle funzioni dirigenziali a soggetti qualificati, interni o, ricorrendone i presupposti, esterni alla P.A. .

E, tuttavia, nonostante le finalità di essa, la disposizione si è rivelata deficitaria in quanto suscettibile di possibili e pericolosi abusi comportando il rischio  di elusione del principio secondo il quale all’impiego nelle Pubbliche Amministrazioni si accede mediante concorso pubblico, il quale è il solo in grado di assicurare la scelta dei migliori e, dunque, la concreta efficienza dell’esercizio del pubblico potere.

In tal senso, con la citata sentenza n. 37/2015, la Corte Cost., nel dichiarare l’illegittimità costituzionale, per violazione degli artt. 3, 51 e 97 Cost., dell’art. 8, comma 24, del d.l. n. 16/2012, convertito con legge n. 44/2012, il quale faceva salvi, per il passato, gli incarichi dirigenziali già affidati dalle Agenzie delle entrate a propri funzionari, e consentiva, nelle more dell’espletamento delle procedure concorsuali, di attribuire incarichi dirigenziali a propri funzionari, mediante la stipula di contratti di lavoro a tempo determinato, la cui durata era fissata in relazione al tempo necessario per la copertura del posto vacante tramite concorso, ha consacrato il principio secondo cui il conferimento di incarichi dirigenziali nell’ambito della p.a. deve avvenire previo esperimento di un pubblico concorso, ed il concorso è necessario anche nei casi di nuovo inquadramento di dipendenti già in servizio.

Anche il Consiglio di Stato (Comm. spec. pubblico impiego, parere prot. 514/2003) ha ritenuto che, con l’attribuzione di tali incarichi a personale interno all’amministrazione, viene palesemente “elusa la disciplina generale che vuole, per l’accesso alla dirigenza, il rispetto del pubblico concorso ovvero la maturazione di una determinata anzianità e professionalità nei ruoli dell’ente, dando luogo a promozioni di fatto”.

Risulta contrario a tutti i su menzionati principi lo schema di Direttiva della Presidenza del Consiglio dei ministri DIP 018185 P-4.4.11 del 10.4.2019  sul conferimento degli incarichi dirigenziali, recante i criteri e le modalità per il conferimento degli incarichi dirigenziali, che, in vista dell’obiettivo, tra l’altro, di assicurare “l’adeguata programmazione nel conferimento degli incarichi dirigenziali volta a garantire, da un lato, la continuità dell’azione amministrativa, dall’altro, la certezza delle situazioni giuridiche”, finisce, in concreto, non soltanto per fare dell’eccezione (il conferimento degli incarichi dirigenziali) la regola, in violazione dei predetti principi costituzionali e del giudicato costituzionale, ma anche per consolidare  situazioni, che dovrebbero essere eccezionali e temporanee.

Infatti:

1.- sempre quanto  agli obiettivi da raggiungere, lo schema di direttiva indica “la rotazione degli incarichi finalizzata a garantire la più efficace e efficiente utilizzazione delle risorse e a favorire lo sviluppo della professionalità dei dirigenti, in relazione anche alla peculiare flessibilità degli assetti funzionali e organizzativi della Presidenza del Consiglio dei ministri e ai connessi processi di riorganizzazione” (art. 2).

Dunque, lo schema di direttiva, in violazione dei presupposti della temporaneità e dell’eccezionalità degli incarichi, stabilisce la rotazione di essi, creando, in tal modo, un sistema “stabile” di conferimento degli incarichi, che invece di configurarsi quale eccezionale strumento per far fronte temporaneamente alle esigenze dell’Amministrazione, si pone quale alternativa stabile e privilegiata rispetto al concorso.

In altri termini, i posti vacanti di Dirigente, che dovrebbero essere messi a concorso, non soltanto sono affidati con il sistema del conferimento degli incarichi ex art. 19 del D.lgs. n. 165/2001 ma di essi viene stabilita la rotazione, con la conseguenza della  concreta stabilizzazione di essi, in violazione dell’art.19 e del giudicato costituzionale.

2.- Detta stabilizzazione viene creata anche attraverso le successive previsioni: “L’aggiornamento dei posti dirigenziali vacanti avviene, di norma, con cadenza semestrale, con riferimento ai seguenti periodi:

-dal 1 gennaio al 30 giugno di ogni anno (di seguito primo semestre);

-dal 1  luglio al 31 dicembre di ogni anno (di seguito secondo semestre)” (art. 4, n. 2) e “Entro il 1 settembre di ogni anno, con riferimento al primo semestre dell’anno successivo, ed entro il 1 marzo di ogni anno, con riferimento al secondo semestre dello stesso anno, il DIP richiede per iscritto – al Capo del Dipartimento o dell’Ufficio autonomo nel cui ambito è collocato il relativo posto di funzione che si renderà disponibile – di comunicare:

  1. l’intenzione di rinnovare l’incarico in scadenza al medesimo dirigente dei ruoli della Presidenza, ricorrendo le condizioni di cui al punto 8.4;
  2. oppure, la proposta di pubblicazione dell’interpello recante l’indicazione dei requisiti richiesti in relazione alla natura e alle caratteristiche dell’incarico da conferire, nonché, in applicazione della normativa in tema di anticorruzione, l’indicazione delle cause di inconferibiliù e incompatibilità, anche con riferimento a situazioni di conflitto di interesse, sulla base dello schema di riferimento predisposto dal DIP” (art. art. 4, n. 3).

E’ di tutta evidenza che, in tal modo, da temporaneo ed eccezionale lo strumento del conferimento degli incarichi dirigenziali viene trasformato in istituto stabile.

Siffatto utilizzo dello strumento lecito del conferimento degli incarichi ex art. 19 cit. risulta elusivo della norma stessa nonché dei principi costituzionali.

3.- Ed ancora, è stabilito che “Al fine di valorizzare al meglio la professionalità dei dirigenti, ottimizzando l’utilizzo delle risorse e la qualità delle prestazioni della amministrazione pubblica, nonché di garantire la continuità dell’attività amministrativa, anche in coerenza con i principi di buon andamento e dell’economia procedimentale, il dirigente titolare di un incarico non può partecipare all’interpello se all’atto della pubblicazione del medesimo non sono trascorsi almeno 12 mesi dalla data di decorrenza dell’incarico in corso” (art. 5, n. 3).

La disposizione sembra essere indirizzata, attraverso la valorizzazione della professionalità dei dirigenti, all’attuazione dei canoni di efficienza e di migliore cura degli interessi pubblici ma, in concreto, serve unicamente alla consolidazione della prassi abusiva del conferimento degli incarichi, in violazione della regola del concorso pubblico, il quale è l’unico sistema per assicurare l’attuazione dei principi costituzionali di cui all’art. 97 della Costituzione.

4.- Viene addirittura previsto che “E’ possibile proporre il rinnovo dell’incarico al dirigente dei ruoli della Presidenza, per una sola volta, senza fare ricorso alle procedure di interpello” (art. 8, n.4).

Dunque, non soltanto sono dettate direttive, che “fanno abuso” dell’istituto di cui all’art. 19 cit. ma viene previsto il rinnovo dell’incarico al di fuori di qualsivoglia forma, seppure minima, di selezione.

Per tutto quanto spiegato, lo schema di Direttiva è illegittimo perché elude le previsioni in materia e rende stabile un “istituto eccezionale e temporaneo”.

Infatti, l’unica ipotesi di eccezionalità e temporaneità, che la Direttiva prevede è quella del conferimento degli incarichi ad interim  ai sensi dell’art. 10, n.1 secondo il quale “Il conferimento di un incarico ad interim ha carattere eccezionale e temporaneo e deve essere debitamente motivato dal Capo del Dipartimento o dell’Ufficio autonomo”, mentre crea un uso abusivo dell’istituto eccezionale e temporaneo di cui all’art. 19, elusivo della ratio della norma stessa e in contrasto con la Costituzione, senza far alcun cenno alla necessità di bandire i concorsi, che sono gli unici in grado di assicurare l’efficienza ed il buon andamento della P.A.

A cura dell’Avv. Enrica Guerriero 

Pietro Paolo Boiano

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