Piani Individuali di Risparmio, la chance per l’economia italiana

Redazione 25/01/18
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È un progetto atteso da tempo quello che ha preso forma in Italia solo a partire dallo scorso anno. Parliamo dei PIR o più precisamente dei Piani Individuali di Risparmio che, nonostante la previsione del legislatore, non hanno avuto un seguito immediato per via dell’assenza di efficaci provvedimenti attuativi.

Il loro fresco debutto nel mercato finanziario italiano – gennaio 2017 – ha permesso di ridurre il gap con gli analoghi strumenti internazionali come l’Individua Saving Account del Regno Unito o il Plan d’Epargne en Actions dei cugini francesi.

Negli altri grandi Paesi europei infatti quella dei PIR è una realtà consolidata che in pochi mesi ha registrato un grande successo anche in Italia. Il tutto nasce all’interno di un piano europeo detto Capital Market Union il cui obiettivo è quello di ridimensionare il peso del finanziamento delle banche all’interno delle strutture aziendali e di rafforzarne il capitale, favorendo inoltre la quotazione in Borsa.

L’Italia ha assoluto bisogno di questa transizione del risparmio gestito per incentivare le famiglie a spostare i soldi dai depositi bancari verso forme di investimento come questa.

In cambio? Vantaggi fiscali rilevanti. Introdotti con l’ultima Legge di Stabilità del 2018, i Piani Individuali di Risparmio hanno un obiettivo chiaro: raccogliere fondi da destinare alle piccole e medie imprese italiane, il vero scheletro dell’economia all’italiana. In questo senso gli investitori hanno la concreta opportunità di vedersi detassati i profitti a patto di rispettare alcune prescrizioni. Di fatto si tratta di contenitori fiscali che possono ospitare attività finanziarie con precise caratteristiche.

Come funzionano i PIR

In linea teorica un PIR può essere un fondo comune d’investimento, una polizza assicurativa, un conto titoli o ancora una gestione patrimoniale. La formula di questi piani è dedicata alle sole persone fisiche residenti in Italia e prevede l’esenzione dalle imposte applicate su utili e interessi.

Un’ulteriore forma di esenzione fiscale è prevista in caso successione ereditaria o donazione. I vincoli da tenere in considerazione riguardano principalmente la composizione del patrimonio dei PIR e la sua conservazione. Nel dettaglio:

  • almeno il 70% delle risorse deve essere investito in strumenti finanziari emessi da imprese con stabile sede in Italia;
  • della suddetta percentuale, almeno il 30% va investito in prodotti emessi da imprese non quotate, quindi non inserite nell’indice Ftse Mib della Borsa italiana o in indici equivalenti appartenenti ad altri mercati borsistici europei;
  • è previsto un vincolo temporale che prevede il mantenimento del piano per almeno 5 anni. Questo per consentire alle imprese di poter affidarsi alle risorse ricevuto tramite i PIR per un periodo giusto.
  • Il sottoscrittore del piano non può investire più di 30mila euro all’anno ed entro un limite di complessivo di 150mila euro.

PIR: le prospettive future

Tutto questo è finalizzato a canalizzare più possibile il risparmio verso investimenti produttivi per entrambi i soggetti coinvolti, agevolando così il processo di crescita delle imprese italiane che hanno sempre più difficoltà a reperire risorse dal canale bancario.

L’ultima modifica della legge di Bilancio del 2018 ha ampliato l’ambito degli investimenti tramite i PIR inglobando al loro interno gli strumenti finanziari emessi dalle imprese che svolgono attività immobiliari. Questo per dare un ulteriore impulso al settore immobiliare quotato. Ad oggi l’introduzione dei Piani Individuali di Risparmio si è rivelata una scelta molto saggia.

I numeri parlano chiaro. Le previsioni fatte inizialmente sono state ampiamente superata poiché nell’anno appena trascorso sono stati raccolti più di 10 miliardi di euro. E non è finita qui perché per il quinquennio fino al 2021 è prevista la soglia dei 70 miliardi.

Che i PIR abbiano un grande potenziale non è più in dubbio. È bene però gestire il tutto con attenzione per riuscire a raccogliere i frutti a partire dal nuovo anno, un 2018 che può rappresentare il punto di svolta per mid e small cap italiane e per l’economia di tutto il Paese.

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