Disturbo della quiete pubblica, la responsabilità del Comune fuori dai locali

Rosalba Vitale 19/11/17
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Recentemente, il Tar della Lombardia, sezione di Brescia con la sentenza n. 1255/2017 ha stabilito che è dovere dell’amministrazione comunale provvedere a far cessare gli schiamazzi all’esterno di un bar. La vicenda vedeva coinvolto un gestore di un bar e un Comune Lombardo.

Il primo provvedeva a riprodurre in giudizio una relazione di impatto acustico, nel quale s’impegnava ad apporre dei cartelli all’esterno per chiedere alla clientela di moderare il vociare, a vigilare sul comportamento dei clienti che sostavano fuori negli orari di apertura, a non installare il plateatico, né casse acustiche all’esterno del locale, e a mantenere il livello della musica all’interno del locale al livello concordato con il tecnico che aveva sottoscritto la relazione, nonché a realizzare una bussola con doppia porta all’ingresso per assicurare che il suono non esca dal locale all’apertura della porta.

Nel tanto sulla stessa relazione si era espresso l’ ARPA in cui da una parte limitava l’utilizzo dell’area esterna al solo periodo diurno e precludendolo dopo le ore 22, dall’altra poneva a carico del gestore il compito d impedire lo stazionamento della clientela, eventualmente anche rendendo inaccessibile l’uso degli arredi esterni.

Successivamente, in merito all’inerzia del gestore, il Comune adottava un’ordinanza nei suoi confronti, che veniva impugnata dallo stesso lamentando:

  1. violazione degli artt. 50 e 54 del d. lgs. 267/2000, per incompetenza del Dirigente che ha adottato l’ordinanza;
  2. violazione degli artt. 50 e 54 del d. lgs. 267/2000, in ragione della radicale inesistenza dei presupposti per il ricorso all’esercizio del potere da essi disciplinato;
  3. eccesso di potere per travisamento e erronea valutazione dei fatti, essendo il provvedimento adottato nel solo interesse della sig.ra Ornella Lamera;
  4. violazione degli artt. 50 e 54 del d. lgs. 267/2000 per avere, il Comune, disposto misure definitive, in luogo di misure temporanee;
  5. violazione dell’art. 7 della legge n. 241/90 e incomprensibilità dell’ordinanza per effetto dei variegati richiami normativi contenuti nel preambolo;
  6. eccesso di potere per sviamento dovuto al fatto che non sarebbe stato perseguito alcun interesse pubblico, ma solo quello privato dell’odierna controinteressata;
  7. eccesso di potere per difetto di istruttoria, essendo stato, il provvedimento, adottato sulla scorta di un mero parere di ARPA, espresso senza effettuare alcun rilievo fonometrico;
  8. eccesso di potere per irrazionalità e sproporzione del provvedimento, che avrebbe imposto alla Retrò Concept di pretendere dalla propria clientela un comportamento che uscirebbe dai limiti della sua disponibilità e capacità, peraltro da un orario assai anticipato rispetto a quello che viene ordinariamente considerato notturno e cioè dopo le 23;
  9. violazione degli artt. 2 e 41 della Costituzione a causa della compressione generalizzata del diritto di iniziativa economica che deriverebbe dal provvedimento impugnato.

In riferimento alla questione, il Tar ebbe modo di ribadire che: “La misura imposta con specifico riferimento al divieto di stazionamento degli avventori del locale negli spazi esterni appare, infatti, esulare dal potere del Comune e risulta, dunque, essere irrazionale nella parte in cui trasferisce sulla ricorrente oneri che graverebbero sull’amministrazione locale”.

Pertanto, al gestore non può essere imposto di vigilare su un uso degli spazi esterni autonomamente fatto dagli avventori in quanto non ha a disposizione alcuno strumento di coercizione nei confronti di chi non rispetti il divieto di stazionamento, dovuto alla mancanza di autorizzazione all’uso del plateatico.

L’atto impugnato va, quindi, annullato con compensazione delle spese di giudizio.

Rosalba Vitale

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