Mobilità tra enti, i criteri di valutazione dei titoli vanno fissati in via preventiva

Tutte le recenti sentenze sui criteri di valutazione dei titoli in caso di mobilità di personale tra enti pubblici

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La mobilità tra enti è disciplinata dall’art. 30 del D.Lgs. 165/2001, che ne prevede i meccanismi di attuazione e che per il dipendente che ne fa richiesta, si configura come una cessione di contratto.

Il comma 1 del citato art. 30 fornisce una chiara indicazione del procedimento di mobilità ponendo particolarmente l’accento sulle competenze e sui requisiti che i dipendenti interessati devono possedere.  Esso dispone infatti che “Le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti  in  organico mediante passaggio diretto di dipendenti di cui all’articolo 2, comma 2, appartenenti a una qualifica corrispondente e in  servizio  presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento,  previo assenso dell’amministrazione  di  appartenenza”.

E ancora: “Le  amministrazioni, fissando preventivamente i requisiti e  le  competenze  professionali richieste, pubblicano sul proprio sito istituzionale, per un  periodo pari almeno a trenta giorni, un bando in cui sono  indicati  i  posti che intendono ricoprire attraverso passaggio diretto di personale  di altre amministrazioni, con indicazione dei requisiti da possedere.”

A prescindere dalle ipotesi circoscritte di prioritario collocamento del personale in comando presso l’amministrazione che indice la mobilità, nonché dai casi specifici di mobilità interessanti la presidenza del consiglio dei ministri o altri particolari settori per i quali sono previsti specifici requisiti, la mobilità richiede che vi sia corrispondenza di qualifica e che vi siano, in capo al personale interessato, le competenze richieste dall’Ente di destinazione.

Le competenze e i requisiti vanno dunque riferiti al posto da coprire e non certamente alla condizione personale del lavoratore interessato alla procedura. Così, è in discussione l’accertamento dei suddetti requisiti e competenze tramite l’espletamento di prove di merito come se si trattasse di un nuovo concorso per il quale assume rilevanza fondamentale l’espletamento di un esame, dovendosi invece dimostrare, attraverso la presentazione di titoli e specializzazioni, di possedere la professionalità necessaria a ricoprire il posto oggetto di mobilità.

Si tratta, nella fattispecie, dell’applicazione dell’istituto della cessione di contratto che non prevede, dunque, la costituzione di un nuovo rapporto di lavoro, ma semplicemente il trasferimento della titolarità del contratto di lavoro ad un’altra Amministrazione. Infatti, tale rapporto è già stato costituito tramite concorso pubblico che ha attestato l’idoneità del dipendente allo svolgimento delle relative mansioni e funzioni.

La comparazione dei requisiti per attuare la selezione è unicamente rivolta a verificare i requisiti posseduti e l’attitudine allo svolgimento del ruolo senza ulteriori spazi di discrezionalità nella valutazione del candidato.

La Quinta sezione del Tar Campania pronunciando in materia di mobilità nell’ambito del servizio della sanità , con la sentenza del 22 ottobre del 2015, giunge alla conclusione che gli oneri imposti alla pubblica amministrazione dalle nuove disposizioni in materia rispondono semplicemente alla necessità di rispettare l’articolo 97 della Costituzione, e, precisamente, i principi di trasparenza, imparzialità e di buon andamento dell’amministrazione.

Al riguardo, i giudici del Tar – rammentano che l’articolo 30, comma 1 del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, prevede che tutte le amministrazioni – e dunque anche le Regioni – prima di procedere all’espletamento di procedure concorsuali necessarie per coprire posti vacanti, debbano rendere pubbliche le disponibilità dei posti in organico da ricoprire attraverso il passaggio diretto di personale da altre amministrazioni, fissando preventivamente i criteri di scelta, e che il trasferimento è disposto previo parere favorevole dei dirigenti responsabili dei servizi e degli uffici cui il personale è o sarà assegnato” (Corte Costituzionale, 12 novembre 2010, n. 324).

In caso, poi, di più domande rispetto ai posti messi a disposizione è necessario procedere ad una valutazione positiva e comparata da effettuarsi in base al curriculum di carriera e professionale del personale interessato in rapporto al posto da ricoprire.

A parità di valutazione possono altresì essere prese in considerazione documentate situazioni familiari (ricongiunzione del nucleo familiare, numero dei famigliari, distanza tra le sedi etc.) o sociali”.

La selezione va dunque condotta, anche con riguardo ad altri settori della pubblica amministrazione, sulla base del criterio della comparazione dei curricula e della valutazione dei titoli culturali, di formazione, scientifici e di esperienza.

E’ del tutto naturale attendersi che i criteri di valutazione siano stabiliti prima dell’apertura delle buste contenenti la documentazione presentata dai candidati poiché in caso contrario non sarebbero rispettati i criteri di imparzialità, di trasparenza e di scientificità che una valutazione obiettiva e  non discrezionale necessariamente richiede.

Non è dunque corretto che la Commissione di valutazione si cimenti in una valutazione preliminare della regolarità della documentazione presentata dai candidati per giungere subito dopo ad approntare, o a precisare, i criteri di valutazione dei titoli presentati dai concorrenti. In tale ipotesi è infatti palese la violazione dei principi di trasparenza e di uguaglianza, con gravi conseguenze sull’imparzialità e sul buon andamento della pubblica amministrazione.

Al riguardo il T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 22 gennaio 2014, n. 786, pronunciando in materia di concorso pubblico (ma il principio è fatto salvo comunque): «Né può valere, ad affrancare l’operato della Commissione di concorso da profili di illegittimità, l’avvenuta predeterminazione dei criteri di valutazione dei titoli in sede di predisposizione del bando di concorso, posto che neanche il carattere vincolante e dettagliato di tali criteri può esimere la Commissione dal rispetto della prevista scansione procedimentale, che non può essere legittimamente alterata o modificata, non potendo la Commissione procedere alla valutazione dei titoli dopo la correzione della prova scritta e l’abbinamento delle prove ai nominativi dei candidati, non garantendo tale modus procedendi l’imparzialità, il buon andamento e la trasparenza dell’azione amministrativa».

Così, il  Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 20 novembre 2013, n. 26: «il criterio dell’anonimato nelle prove scritte delle procedure di concorso -nonché in generale in tutte le pubbliche selezioni- costituisce il diretto portato del principio costituzionale di uguaglianza, nonché specialmente di quelli del buon andamento e dell’imparzialità della pubblica amministrazione, la quale deve operare le proprie valutazioni senza lasciare alcuno spazio a rischi di condizionamenti esterni e, dunque, garantendo la par condicio tra i candidati.

Il principio di trasparenza presuppone poi che si dia adeguata motivazione, nel verbale delle sedute, delle scelte della commissione di valutazione circa i titoli presi in considerazione e le ragioni che l’hanno indotta ad escluderne alcuni.

Al riguardo il T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, 29 gennaio 2014, n. 305: «…È, allora, essenziale, che la commissione di esame stabilisca ex ante i criteri di attribuzione del punteggio, in modo che siano ricostruibili ex post le ragioni del voto attribuito, ovvero, e in alternativa, che la commissione dia conto con motivazione chiara delle ragioni del punteggio medesimo. Va quindi affermato il principio, espresso nell’orientamento richiamato cui questo Collegio intende dare continuità, secondo cui “l’onere di motivazione può essere assolto mediante punteggio numerico fintanto che vi siano criteri prefissati di assegnazione del punteggio numerico; diversamente, occorre una motivazione specifica del giudizio espresso, perché il punteggio numerico in assenza di criteri di assegnazione risulta opaco e incomprensibile”.

Così, il Tribunale Amministrativo Regionale Campania- Napoli, Sezione 5, Sentenza 27 febbraio 2016, n. 1087: “Dunque, appare evidente che la finalità della previa fissazione dei criteri di valutazione da parte della Commissione esaminatrice è quella di operare, in funzione di un’autolimitazione della propria discrezionalità tecnica, un primo livello generale ed astratto di valutazione, attraverso la predisposizione di una griglia o cornice entro le quali andranno, poi, ad inserirsi le valutazioni concrete nei confronti dei singoli candidati, garantendo in tal modo imparzialità, trasparenza e buona amministrazione.

In effetti è proprio la impalpabilità dei giudizi puramente numerici e la non riscontrabilità degli stessi con qualsivoglia base documentale che avrebbe, invece, imposto una predeterminazione dei criteri di giudizio, in funzione di autovincolo dell’organo valutatore, attraverso la “fissazione” di una griglia di valutazione, successivamente e necessariamente da integrare applicando quei criteri nei confronti della concreta fattispecie sottoposta a valutazione, con l’ausilio di un unico “metro” in grado di garantire trasparenza, imparzialità ed omogeneità di giudizio.”

Anche sotto il profilo della considerazione dei titoli da valutare, la scelta della commissione deve essere adeguatamente motivata per evitare influenze positive o negative non oggettive su alcuni candidati. Così, non può ritenersi condivisibile che la commissione di valutazione stabilisca discrezionalmente quali sono i titoli formativi da prendere in considerazione relegando, magari, le seconde lauree e i master a meri titoli scientifici senza considerare la valenza formativa che tali titoli presentano.

Né sembra migliorare il quadro normativo in materia di mobilità e di scientificità della valutazione la riforma c.d. “Madia” introdotta con la legge n. 124/2015, che rinvia alle determinazioni della Funzione Pubblica le concrete decisioni su tale delicatissimo argomento.

Sarebbe auspicabile, allora, che si diano al più presto indirizzi chiari e uguali per tutti gli enti per evitare che la trasparenza e l’imparzialità rimangano soltanto sulla carta e che si apra contestualmente l’era dei contenziosi sulla mobilità.

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Arturo Bianco, Alessandro Boscati, Renato Ruffini | 2017 Maggioli Editore

Lucia Maniscalco

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