Testamento biologico: proposta di legge e difficoltà applicative

Luigi Nastri 27/03/17
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Nel luglio 2016 è stata presentata in Parlamento una proposta di legge in materia di consenso informato, disposizioni anticipate di trattamento e testamento biologico. Il presente contributo si propone di esaminare tale normativa cercando di mettere a fuoco gli aspetti giuridici della stessa in seguito alle recenti discussioni parlamentari.

Occorre precisare fin da subito che la legge in questione non è stata ancora approvata in Parlamento per cui si tratterà di una disciplina suscettibile di modificazioni.

Ciò premesso si passi all’analisi del testo della proposta di legge (A.C. 3970).

Proposta di legge: testamento biologico

Contrariamente a quanto emerso dalla stampa le disposizioni normative hanno ad oggetto un contenuto molto più ampio del solo testamento biologico, per quanto si sia definita per semplicità legge sul c.d. testamento biologico.

Sarebbe infatti corretto dire che sono norme che regolano in generale il trattamento sanitario a cui i soggetti possono sottoporsi.

Dal complesso delle norme emerge che il legislatore mira a disciplinare il diritto dei cittadini di accettare, rifiutare o interrompere i trattamenti sanitari proposti dai medici. La ratio di tale normativa va rintracciata nella più ampia tutela che si vuole dare al diritto alla salute nelle sue diverse forme di diritto ad essere come a non essere curati.

Si evince con chiarezza che la legge vuole consentire a chi è tenuto in vita da una macchina ed al quale la scienza non dà “speranza” di migliorare le proprie condizioni di interrompere le cure, al fine di evitare il c.d. accanimento terapeutico ovvero (come la proposta di legge stesso definisce) quei trattamenti lesivi della dignità e della qualità di vita del malato.

La legge distingue le persone che nonostante la malattia siano ancora capaci  di intendere e di volere da quelle non più capaci.

Le norme infatti stabiliscono che il paziente ancora in grado di scegliere per sé,  dopo essere stato correttamente informato dai suoi medici circa lo stato e la possibile evoluzione della sua malattia, può liberamente dare o non dare il proprio consenso alle cure consigliate (c.d. consenso informato).

Allo stesso tempo la legge si preoccupa di definire la più difficile situazione del malato che non sia più in grado di intendere e di volere: qui occorre ulteriormente distinguere il paziente che abbia lasciato disposizioni scritte circa la sorte delle proprie cure da chi nulla ha disposto. Nel primo caso il legislatore prevede due diversi atti: la c.d. disposizione anticipata di trattamento e il testamento biologico.

La c.d. disposizione anticipata di trattamento consiste in un documento scritto da un soggetto che abbia più di diciotto anni e sia capace di intendere e di volere il quale, in previsione di una futura situazione in cui non sarà più in grado di esprimere la propria volontà, lascia le proprie indicazioni circa i “possibili interventi di sostegno vitale qualora essi fossero finalizzati solo al prolungamento della vita in una condizione di dipendenza continuativa da apparecchiature elettromedicali, o il mantenimento di uno stato di incoscienza permanente o di demenza avanzata priva di possibilità di recupero”.

Avendo il soggetto redatto la disposizione anticipata di trattamento prima che intervenga la malattia, tale disposizione non può che produrre effetti solo nel caso in cui il malato, a causa ed in seguito alla patologia, sia effettivamente incapace di scegliere in autonomia.

Per quanto attiene alla forma la disposizione anticipata di trattamento deve farsi per atto scritto dal soggetto interessato e deve contenere il giorno, il mese e l’anno della redazione nonché essere depositata alternativamente presso l’ASL di residenza, la struttura sanitaria di ricovero o il proprio medico curante. In alternativa al deposito la disposizione anticipata di trattamento deve essere redatta in forma scritta, datata e sottoscritta in presenza di due testimoni a loro volta firmatari del documento.

Il testamento biologico invece è un atto più complesso: può infatti contenere disposizioni anticipate di trattamento, disposizioni concernenti l’uso del proprio corpo o di parti di esso dopo la morte nonché la nomina di un fiduciario.

Tale diverso documento segue le regole formali delle disposizioni anticipate di trattamento anche se in aggiunta sarà reso disponibile telematicamente dal Ministero della Salute un modulo per la sua redazione.

Sia per il testamento biologico che le disposizioni anticipate di trattamento la preoccupazione del legislatore è di garantirne l’esecuzione soprattutto nel caso in cui il paziente abbia scelto in anticipo di non avvalersi delle cure mediche.

A tal fine il soggetto può nominare sia mediante testamento biologico che mediante disposizione anticipata di trattamento, un fiduciario che assicuri la scrupolosa esecuzione delle volontà del malato da parte del personale sanitario. Allo stesso tempo il legislatore impone a tutte le strutture sanitarie pubbliche o private di garantire l’attuazione delle disposizioni in questione esimendo il personale da responsabilità civile o penale. Sono al contrario sanzionati civilmente per danno morale, esistenziale e materiale provocato al paziente e ai suoi familiari i responsabili delle strutture che non eseguano le disposizioni di quest’ultimo.

Si possono disattendere le volontà del malato solo in caso di obiezione di coscienza e nel caso in cui il medico, in base al progresso scientifico, ritenga che i trattamenti terapeutici possibili e i relativi risultati non corrispondano più a quanto previsto dal malato.

Come detto all’inizio diversa è la disciplina del malato che, dipendente da apparecchiature elettromedicali ed incapace di esprimere la propria volontà in seguito alla malattia, non lasci indicazioni scritte in relazione alle cure che intende ricevere. In tal caso il legislatore dispone che si dovrà tener conto di quanto manifestato dal malato nell’ordine: al fiduciario, al suo amministratore di sostegno, al tutore, al coniuge (non separato legalmente o di fatto), al convivente, ai figli, ai genitori, ai parenti entro il secondo grado.

Colui tra i soggetti menzionati che è tenuto a fare la scelta per conto del malato dovrà agire nel suo esclusivo e miglior interesse basandosi sulle volontà manifestate dal malato in precedenza nonché sulle sue notorie convinzioni. Nel caso in cui non si riesca a decidere secondo questo metodo si ricorrerà al comitato etico della struttura sanitaria.

A ben vedere il legislatore prova ad intervenire sulla spinosa tematica della trasmissibilità dei diritti non patrimoniali di un soggetto e sembra individuare quali trasmissari i parenti più stretti dello stesso.

Tuttavia secondo il criterio gerarchico e il metodo individuato (le notorie convinzioni del malato) cosa accadrebbe nel caso in cui, il soggetto incapace di intendere e di volere, non avendo lasciato disposizioni scritte, sorga conflitto tra due figli circa l’interruzione o meno del trattamento terapeutico in favore del genitore malato?

È interessante però sottolineare come la trasmissione di diritti non patrimoniali sia un problema di sempre maggiore attualità soprattutto per quanto attiene genericamente al fine-vita.

Luigi Nastri

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