Legittima la clausola di riscatto delle quote nello statuto delle S.R.L.

Matteo Tambalo 17/06/16
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In data 17 maggio 2016 il Consiglio Notarile di Milano ha emanato una serie di massime, fra le quali particolare attenzione merita la Massima 153, che affronta il tema dell’ammissibilità di clausole statutarie, all’interno delle s.r.l., che consentano la riscattabilità delle quote; tale tematica è stata ampiamente dibattuta in dottrina, in quanto il dubbio di legittimità si pone alla luce del fatto che la possibilità di prevedere una clausola di riscatto è espressamente prevista, ex lege, esclusivamente con riguardo alle S.p.a. nell’art. 2437-sexies del Codice Civile, mentre per le s.r.l. il Codice Civile non contiene alcuna disposizione, non avallando né vietando l’emissione di quote riscattabili.

Orbene, nella propria massima i notai milanesi ritengono legittime le clausole statutarie che attribuiscono ai soci di società a responsabilità limitata, o ad alcuni di essi, il diritto di riscattare in tutto o in parte le partecipazioni di altri soci, al ricorrere di determinati presupposti o durante determinati periodi di tempo, ferma restando l’applicabilità della regola della equa valorizzazione delle partecipazioni sociali prevista nei casi di recesso legale (art. 2473, comma 3, c.c.).

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Con riferimento alle maggioranze richieste per l’introduzione nello statuto sociale di una clausola di riscatto è precisato che:

(a) qualora il potere di riscatto sia attribuito a tutti i soci e la riscattabilità sia prevista quale condizione in cui qualsiasi socio possa incorrere al verificarsi di particolari situazioni, l’introduzione viene deliberata con le maggioranze ordinarie previste per le modificazioni statutarie, fatto salvo il consenso individuale del socio o dei soci che al momento della modificazione statutaria dovessero trovarsi nella situazione prevista dalla clausola;

(b) qualora invece il potere di riscatto sia attribuito solo ad alcuni i soci o la riscattabilità sia prevista quale soggezione che grava solo su alcuni soci, la clausola di riscatto può essere inserita nello statuto sociale solo con deliberazione unanime, trattandosi di introduzione di diritti particolari dei soci ai sensi dell’art. 2468 c.c.

I notai milanesi, nel motivare la propria massima, ritengono legittime anche le clausole che non comprendano, come presupposto per il proprio operare, la sussistenza di una “giusta causa” di riscatto, venendosi a configurare un perimetro applicativo più ampio rispetto a quello contemplato dalla fattispecie dell’esclusione del socio (art. 2473-bis c.c.), che presenta alcuni profili similari. Infatti, i notai giustificano tale scelta alla luce della diversa configurazione dei due istituti, specie sotto il profilo funzionale.

L’esclusione, infatti, rappresenta la reazione della società a un “inadempimento” del socio o a una situazione che rende comunque incompatibile la continuazione della sua partecipazione; di qui il necessario scrutinio sulla sussistenza di una giusta causa di esclusione. Il riscatto, invece, implica il diritto di uno o più soci, e non dunque della società di per sé considerata, ad ottenere il trasferimento a proprio favore di una determinata partecipazione; il riscatto, come tale, dà luogo, pertanto, ad una vicenda di circolazione delle partecipazioni sociali che può rispondere a vari interessi, ma che non postula necessariamente esigenze sanzionatorie della società nei confronti del socio.

I notai milanesi, proseguendo la motivazione della propria massima, affermano peraltro che il diritto di riscatto può assumere, nella società a responsabilità limitata, due diverse forme all’interno dello statuto sociale, a seconda che venga riconosciuto a tutti i soci o solo ad alcuni di essi:

  • qualora i soci riconoscano il diritto di riscatto (e la soggezione allo stesso) in capo a tutti i soci, la previsione del riscatto viene ad assumere la configurazione di norma generale relativa al funzionamento della società, che conferisce a ciascun socio il diritto di riscatto delle altrui partecipazioni e prevede la riscattabilità quale condizione in cui qualsiasi socio possa incorrere al verificarsi di particolari situazioni; conseguentemente, come anticipato, in tal caso detta clausola può essere introdotta con le normali maggioranze previste dalla legge e/o dallo statuto per la modifica dei patti sociali, non configurandosi l’esigenza di proteggere alcun diritto soggettivo individuale, fatto salvo, tuttavia, il consenso individuale del o dei soci che si trovino nelle situazioni previste dalla clausola medesima;
  • qualora invece non si intenda riconoscere il diritto di riscatto (e la soggezione allo stesso) in capo a tutti i soci, la previsione del riscatto viene ad assumere la configurazione di diritto particolare ai sensi dell’art. 2468 c.c., pertanto potrà avvenire solo con deliberazione unanime, salva diversa disposizione dell’atto costitutivo secondo quanto consentito dall’art. 2468, quarto comma, c.c., ma sempre ferma la necessità del consenso individuale del socio o dei soci le cui partecipazioni siano assoggettate all’altrui diritto di riscatto.

A parere di chi scrive, la possibilità di introdurre nello statuto sociale delle s.r.l. una clausola di riscatto è sicuramente una opportunità positiva, da valutare tuttavia con estrema attenzione, e potrebbe riscontrare una certa utilità qualora le partecipazioni di uno o più soci siano legate alle loro caratteristiche personali, quali ad esempio eventuali capacità lavorative ovvero l’iscrizione in determinati albi o registri; infatti, venuto meno il rapporto di lavoro ovvero nel caso in cui si verificasse la cancellazione dall’albo o dal registro, potrebbe essere interesse degli altri soci riscattare le partecipazioni di quel determinato socio.

Matteo Tambalo

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