Demansionamento: cosa prevede il Decreto Legislativo n. 81/2015

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L’articolo. 3 del Decreto Legislativo n. 81/2015 intitolato “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183”, introduce una profonda mutazione nella disciplina delle mansioni, già regolamentata dall’articolo  2103 Codice Civile, ora modificato. In virtù della nuova disciplina, il datore di lavoro avrà la possibilità di adibire i dipendenti a mansioni inferiori (c.d. demansionamento) oltre che ridurre contestualmente anche la retribuzione con accordi individuali a seconda delle esigenze organizzative dell’azienda.

Le disciplina di cui sopra, si applica a tutti i lavoratori subordinati assunti prima e dopo la pubblicazione del Decreto.

Il novellato articolo 2103 al primo comma chiarisce che il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o eventualmente, alle mansioni superiori nel frattempo acquisite ovvero a mansioni corrispondenti allo stesso livello e categoria legale di inquadramento delle ultime effettivamente svolte. Tuttavia, la stessa disposizione sancisce la possibilità che il dipendente possa essere assegnato a mansioni appartenenti ad un livello contrattuale di inquadramento inferiore, a patto che le nuove mansioni “siano riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento delle ultime effettivamente svolte”. Peraltro, al secondo comma dello stesso articolo, si specifica chiaramente che la fattispecie normativa può trovare applicazione solo nei casi “di modifica degli assetti organizzativi aziendali che incidono sulla posizione del lavoratore” e, che il passaggio ad altra mansione deve avvenire all’interno della stessa categoria legale di appartenenza del lavoratore; meglio,  i livelli di sottoinquadramento dovranno essere individuati per operai, impiegati e quadri  all’interno della medesima categoria.

Il mutamento delle mansioni deve essere seguito, nei casi previsti, dall’assolvimento dell’obbligo formativo; tuttavia, a mente dell’articolo 2103 Codice Civile, comma 3, l’inosservanza di quest’ultima disposizione non comporta la nullità del provvedimento.

Ulteriori ipotesi di assegnazione del dipendente a mansioni inferiori possono essere individuate dai contratti collettivi, territoriali o aziendali.

Nei casi di cui al secondo  e terzo comma, come sopra specificato, due sono le condizioni  necessarie affinché l’atto sia efficace:

i) in primis, è richiesta la forma scritta del provvedimento, pena la nullità;

ii) in secondo luogo il lavoratore deve  mantenere il medesimo livello di inquadramento nonché di trattamento retributivo in godimento ad eccezione degli elementi retributivi collegati a particolari modalità di svolgimento della precedente prestazione lavorativa.

Attenzione a quanto riportato al sesto comma dell’articolo 2103 Codice Civile, in cui si stabilisce che in sede di commissione di certificazione è prevista la possibilità di stipulare accordi individuali di modifica delle mansioni, della categoria legale e del livello di inquadramento, con assegnazione a mansioni di livello e di inquadramento inferiore con conseguente riduzione della retribuzione. Sostanzialmente il lavoratore, in accordo con il proprio datore di lavoro, può accettare livelli inferiori di tutela. Tale previsione è consentita solamente nei casi in cui vi sia un interesse del  lavoratore a conservare l’occupazione, ad acquisire una diversa professionalità o a migliorare le proprie condizioni di vita. Nella procedura di conciliazione il lavoratore ha la possibilità di farsi assistere da un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o in alternativa conferire mandato ad un avvocato o ad un consulente del lavoro.

Quanto al passaggio a mansioni superiori, il nuovo settimo comma, dell’articolo 2103, Codice Civile prevede che nelle ipotesi di assegnazione a mansioni di livello superiore, “il lavoratore ha diritto al trattamento corrispondente all’attività svolta e l’assegnazione diviene definitiva, salvo diversa volontà del lavoratore, ove la medesima non abbia avuto luogo per ragioni sostitutive di altro lavoratore in servizio, dopo il periodo fissato dai contratti collettivi o, in mancanza, dopo sei mesi continuativi”. In precedenza l’assegnazione ad una mansione superiore diventava definitiva trascorsi  tre mesi (continuativi) dall’inizio dello svolgimento di quella particolare attività. Ulteriori e differenti termini, possono essere previsti soltanto dai contratti collettivi (anche aziendali) stipulati da organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Ad ogni modo, il Decreto Delegato concede al lavoratore la facoltà di rifiutare una differente e definitiva assegnazione a mansioni superiori oltre il termine dei sei mesi continuativi.

Da ultimo, la norma sottolinea che è fatto divieto trasferire il dipendente da un’unità lavorativa ad altra, salvo che per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive.

Vincenzo Frandina

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