Su box e garage si paga la tassa rifiuti 32

Redazione 01/11/14
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Una notizia positiva per i Comuni la conclusione che trae la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 19469 del 15 settembre scorso: i garage, e quindi per estensione anche autorimesse, box, cantine e soffitte, sono soggetti al pagamento della tassa sui rifiuti, per quanto prodotti in bassa quantità, a meno che il contribuente non dimostri la permanente inutilizzabilità dei locali.
E’ insomma sufficiente detenere o avere la disponibilità di immobili per pagarci sopra i rifiuti, mentre spetta al contribuente provare che il bene immobile non è idoneo a produrre rifiuti.

In altre parole il pagamento della tassa sui rifiuti si basa su una presunzione (in quanto occupante) e non su una certezza (in quanto produttore effettivo di rifiuti), una posizione che più volte è stata confermata dalla Suprema Corte (dalla sentenza n. 18121/2009 fino a quella che commentiamo qui oggi), ma è messa in discussione sulla base del principio comunitario “chi inquina paga”.
Alla fine, con la pronuncia C-254/09 del 16 luglio 2009, nemmeno la Corte di Giustizia europea ha bocciato il prelievo così calcolato, cioè in base alla superficie degli immobili occupati e quindi su una produzione presunta di rifiuti, perché non esiste norma comunitaria che impone agli stati membri un metodo preciso del finanziamento del costo di smaltimento dei rifiuti urbani.

Corte di Cassazione, Sez. VI civile, ordinanza n. 19469 del 15 settembre 2014

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
****************** – Presidente –
Dott. ******************* – rel. Consigliere –
Dott. ******************* – Consigliere –
Dott. COSENTINO ********* – Consigliere –
Dott. CONTI **************** – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:
Comune di Catania, in persona del legale rapp.te pro tempore, rapp.to e difeso dall’avv. ************ ****, giusta procura in atti;

– ricorrente –

contro

D.R.;

– intimato –

per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia n. 233/12/18
depositata il 25/10/2012;
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del giorno 10/7/2014 dal Dott. ******** **********.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La controversia promossa da D.R. contro il Comune di Catania è stata definita con la decisione in epigrafe, recante il rigetto dell’appello proposto dal Comune contro la sentenza della CTP di Catania n. 987/2/2009 che aveva accolto il ricorso avverso l’avviso di accertamento per Tarsu 2001-2004. Il ricorso proposto si articola in tre motivi. Nessuna attività difensiva ha svolto l’intimato. Il relatore ha depositato relazione ex art. 380 bis c.p.c. proponendo l’accoglimento del ricorso. Il presidente ha fissato l’udienza del 10/7/2014 per l’adunanza della Corte in Camera di Consiglio.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con primo motivo la ricorrente assume la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 62 e 63 nonché del D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 71 e 73 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 laddove la CTR ha ritenuto esente da TARSU il garage, in assenza di prova da parte del contribuente nonché di originaria denuncia.
La censura è fondata. Il presupposto impositivo della ta.r.s.u. è l’occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti (D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 1). Non sono soggetti alla tassa i locali e le aree che non possono produrre rifiuti o per la loro natura o per il particolare uso cui sono stabilmente destinati o perché risultino in obiettive condizioni di non utilizzabilità nel corso dell’anno, qualora tali circostanze siano indicate nella denuncia originaria o di variazione e debitamente riscontrate in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o ad idonea documentazione (art. 62, comma 2, D.Lgs. cit.).
L’art. 62, pone quindi a carico dei possessori di immobili una presunzione legale relativa di produzione di rifiuti. Ne consegue che l’impossibilità dei locali o delle aree a produrre rifiuti per loro natura o per il particolare uso, prevista dall’art. 62, comma 2, non può essere ritenuta in modo presunto dal giudice tributario, essendo onere del contribuente indicare nella denuncia originaria o di variazione le obiettive condizioni di inutilizzabilità, le quali devono essere “debitamente riscontrate in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o ad idonea documentazione” (Conf. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 11351 del 06/07/2012; Sez. 5, Sentenza n. 17703 del 02/09/2004).
Quanto sopra ha effetto assorbente sul secondo e terzo motivo.
Consegue da quanto sopra la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., decidendo nel merito, va rigettato il ricorso proposto dal D. avverso l’avviso di accertamento per Tarsu 2001- 2004.
Le circostanze che caratterizzano la vicenda giustificano la compensazione delle spese del merito e la declaratoria di irripetibilità di quelle del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, rigetta il ricorso proposto dal D. avverso l’avviso di accertamento per Tarsu 2001-2004, compensando tra le parti le spese del merito e dichiarando irripetibili quelle del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 10 luglio 2014.
Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2014

Redazione

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