Lotta alla corruzione, le nuove leggi e le armi a disposizione

Giuseppe Vella 01/07/14
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Ernesto Galli della Loggia è uno stimatissimo storico, giornalista ed editorialista del Corriere della Sera.

I suoi articoli si leggono sempre con piacere e le sue opinioni spesso fanno opinione.

Sabato 14 giugno  ha pubblicato sul corriere.it un articolo interessante:

PROPOSTA AL PREMIER SU PARTITI E CORRUZIONE      L’efficacia delle sanzioni

Si propone il link: http://www.corriere.it/politica/14_giugno_11/efficacia-sanzioni-2a201d24-f12a-11e3-affc-25db802dc057.shtml

L’articolo comincia affermando che per combattere la corruzione ci vogliono regole certe e Renzi  metterà in campo “provvedimenti solitamente adottati in Italia in casi del genere”.

Il responsabile dell’anticorruzione, l’ex giudice Cantone, avrà bisogno, per il suo lavoro, di locali, personale e, dunque, soldi da spendere.

Come azione complementare, l’articolista propone: per prevenire non c’è nulla di meglio che dar vita o spazio a chi abbia un interesse concreto a far sì che non accada ciò che si teme.

Chi può avere un interesse concreto contrapposto?

Galli della Loggia continua: negli USA esiste una norma secondo la quale qualunque addetto a un pubblico ufficio denuncia un caso di corruzione di cui viene a conoscenza o di cui sospetta, nell’ambito del suo lavoro, riceve per ciò stesso, se la denuncia si dimostra fondata, uno scatto di stipendio o una promozione (e viceversa una diminuzione e un arretramento nel caso si accerti l’infondatezza del fatto e/o l’intento calunnioso del denunciante). 

La proposta è apprezzabile.  Come, in Italia, si potrebbe concretizzare?

Chi scrive è un funzionario pubblico che talvolta nutre dubbi circa la correttezza dell’operato della PA.

È un dubbio cartesiano, nell’accezione positiva del termine, oppure siamo dentro un vero e proprio sospetto?  Chi può dirlo?

Bisognerebbe cercare le prove. Prove ovviamente documentali poiché, non potendo affidare il caso ad un investigatore privato, non essendoci la possibilità di accedere ad intercettazioni telefoniche, appostamenti o altro, il povero dipendente o cittadino che sia, non può alla fine dimostrare granché.

Anzi, l’amministrazione pubblica rende farraginosa la ricerca di documenti on line ed è impossibile quella all’interno dell’amministrazione stessa attraverso apposite procedure informatiche.

Fino a qualche tempo fa, prima del dlgs 33/2013, esisteva il regolamento di una PA dove si affermava che sul Bollettino Ufficiale venivano pubblicati solo gli atti di interesse generale.

Alla domanda, più volte posta: può una pubblica amministrazione avere atti di interesse particolare? non è mai pervenuta risposta.

La Pubblica Amministrazione italiana, fatta di politici ed alti burocrati, è impermeabile ad ogni sorta di esigenza di trasparenza.

Il citato dlgs 33/2013 non è il fiore all’occhiello di una nuova generazione di politici che vuole fare della trasparenza il vessillo del rinnovamento ma la vergogna di uno Stato che fino all’anno 2013, ed ancora oggi nonostante la legge, ha gestito, senza mai rendere conto, i soldi del cittadino.

Ci sono consigli per funzionari pubblici che vogliono denunciare non la corruzione di cui non hanno le prove, ma almeno segnalare sospetti di possibile inquinamento della correttezza gestionale o semplice spreco a più non posso?

I farmaci in Italia costano di più che in Francia, in Germania e altri paesi europei.

Molti pensano a nuovi Poggiolini in attività.

Come si acquisiscono le prove? Deve trovarle il funzionario alla sanità, con il rischio che il suo sospetto si mostri infondato, o le dovrebbe acquisire chi ha il potere di indagare?

I beni acquistati dalla pubblica amministrazione costano più del prezzo che pagano i privati.

Basterebbe fare una verifica alle fatture delle ditte che vendono a privati ed alla PA e chiedere come si giustificano queste differenze di prezzo.

I debiti accumulati dalla Pubblica Amministrazione nei confronti di ditte ed imprese sono rilevanti eppure si continuano a fare gare ed a comprare beni e soprattutto servizi, che probabilmente saranno pagati con la stessa moneta.

Chi denuncia questo sperpero?

Chi stabilisce la necessità di un bene da acquistare, di un servizio da demandare all’esterno, di un’opera o di un’infrastruttura da costruirsi?

Chi, a distanza di due, tre o quattro anni verifica se quel bene è stato utile alla collettività?  Idem per servizi e opere pubbliche.

Vogliamo punire la corruzione attraverso denunce e conseguenti contenziosi, senza essere neanche capaci di controllare la indispensabilità della spesa.

I commi 4 e 5 dell’art. 16 del dl 98/2011 parlano di piani triennali di razionalizzazione della spesa, facendo confluire il 50% dell’eventuale risparmio nel fondo per la produttività e la incentivazione al lavoro.

 

Che si sappia, pochissime PA hanno attivato i citati piani di razionalizzazione; gli amministratori vogliono spendere ed i dirigenti sono interessati ad accontentare i politici che gli affidano incarichi superpagati.

 

Un provvedimento come quello in uso negli Stati Uniti potrebbe aprire la porta per stabilire la responsabilità del giudice. I potenti sembrano dire: usiamo intanto come cavie, per la sperimentazione, i dipendenti pubblici, chi se ne frega se qualcuno di loro si fa male.

Da sempre, i dipendenti pubblici, appartengono alla macelleria sociale che macella il sociale.

Con la possibilità di ritorsione dello Stato contro i suoi servitori nel caso sbaglino, troveremmo più un magistrato che si avventuri in un’indagine tesa a dimostrare la corruzione di un politico?

Un simile provvedimento servirebbe solo, secondo chi scrive, ad aprire la scuola del sospetto dove soggetti di varia natura si eserciterebbero nell’arte della “rivelazione” del dubbio non suffragato da fatti o da prove.

Quale riconoscimento e quale riconoscenza, ha mai avuto lo Stato nei confronti dei suoi servitori più onesti?

Con un pizzico di ironia possiamo ricordare il film “Il Vigile” dove Alberto Sordi multa il suo sindaco, Vittorio De Sica, per eccesso di velocità.

Il film prendeva spunto da un fatto vero ed esattamente come nel film, l’inflessibilità e il rigore morale del solerte vigile vennero poi smontati da poco edificanti scoperte sulla sua famiglia.

Il potere sa scavare nel passato di tutti e sa far diventare travi le pagliuzze.

Ci dobbiamo arrendere?   Assolutamente no!

Consideriamo però che nel 1989, negli Stati Uniti, è stato approvato il Whistleblower Protection Act, una legge federale che tutela gli impiegati del governo che denunciano illeciti, proteggendoli da eventuali azioni di ritorsione derivanti dalla divulgazione dell’illecito.

In Italia la legislazione in merito alla protezione di chi denuncia è ancora agli inizi.

L’art. 1, comma 51 della legge 6 novembre 2012, n. 190 (Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione, in G.U. n. 265 del 13-11-2012) ha disciplinato per la prima volta nella legislazione italiana, certamente in maniera parziale e problematica, la figura della gola profonda, con particolare riferimento al “dipendente pubblico che segnala illeciti”, al quale viene offerta una parziale forma di tutela.

Parziale forma di tutela in Italia significa esporre le persone alla rappresaglia dei potenti.

Che fare?

Continuiamo con i piani di razionalizzazione della spesa, rendiamoli obbligatori sanzionando amministratori e dirigenti che non li applicano, affidiamo ad un organismo neutro  (es. Corte dei Conti) l’analisi dei progetti di razionalizzazione dei pubblici dipendenti ed, in ultimo, per creare un concreto interesse contrapposto allo spreco, facciamo confluire il 50% dell’eventuale risparmio nelle tasche dei dipendenti che hanno redatto il progetto che porta risparmio.

Spesso la corruzione è figlia dello spreco, eliminato il secondo si riduce anche la contaminazione che inquina la Pubblica Amministrazione.

Giuseppe Vella

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