Riforma pensioni e Quota 96 al palo. Spazio solo per gli esuberi

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“No pensione, no voto”. Nonostante le grandi manovre in vista di domenica, rimane tutti in alto mare anche a ridosso delle elezioni. Qualcuno, ci aveva sperato: l’approssimarsi del voto avrebbe potuto condurre a qualche novità importante sul fronte del welfare, magari per convincere qualche elettore in più a non disertare le urne.

E invece, per esodati, riforma pensioni e Quota 96, in primo luogo, le acque sono rimaste ferme, anzi, sarebbe meglio dire stagnanti. Peccato, perché ieri, nell’ultimo Consiglio dei ministri prima della tornata elettorale, mandare un segnale verso i “dimenticati” dal sistema previdenziale, avrebbe potuto innescare la tanto attesa inversione di tendenza, portando, perché no, qualche voto in saccoccia ai partiti di maggioranza. A quanto pare, Pd, Scelta civica e Nuovo centrodestra hanno preferito disperdere l’appoggio di centinaia di migliaia di cittadini.

Tanti infatti, sono i potenziali interessati di una riforma promessa, invocata, attesa da pèiù parti, ma che non arriva mai. Gli esodati, che continuano ad allargare le proprie schiere, vanno in pensione al rallentatore, dei Quota 96 si sono perse le tracce in Parlamento, mentre l’unico fronte in cui pare muoversi qualcosa, sembra quello degli esuberi della Pubblica amministrazione.

A questo proposito, dopo le indicazioni operative del ministero della Pubblica amministrazione, è arrivato anche l’ok da parte dell’Inps sul processo di collocazione in pensionamento anticipato dei dipendenti pubblici ritenuti in eccedenza o in sovrannumero. Ora, l’istituto di previdenza, comunica che andrà comunicata preventivamente alla sede territoriale la certificazione del diritto alla pensione entro il 31 dicembre 2016. L’Inps avrà, così, 30 giorni di tempo per esaminare e deliberare sulla pratica portata dall’ente pubblico in relazione ai dipendenti ritenuti in stato di eccedenza rispetto agli organici richiesti.

Tutto bloccato, come si diceva, sui Quota 96: nei giorni scorsi, si era affacciata l’ipotesi di una nuova presentazione del testo unificato, sospinto dall’ennesimo proclama del presidente della Commissione Bilancio alla Camera Francesco Boccia. Questi, aveva fatto eco all’ultimatum dell’ex ministro del Lavoro Cesare Damiano, uno dei pochi baluardi per i dimenticati del welfare in Parlamento: “Ci sono problemi che richiedono interventi urgenti, come le ricongiunzioni, la quota 96 degli insegnanti e il problema dei macchinisti delle ferrovie. Problemi veri riconosciuti da tutti e che creano un profondo disagio sociale, ma per i quali non si vede ancora un convinto investimento politico del Governo”. Per tutta risposta, il ministro della Pubblica Istruzione Stefania Giannini ha assicurato che la questione verrà risolta solo dopo le elezioni europee, anche se “i conteggi sono stati fatti e la soluzione è vicina”. Si tratta di promesse che ben difficilmente convinceranno gli oltre 4mila dipendenti della scuola che attendono la pensione al prossimo primo settembre.

Molte questioni rimangono irrisolte e i continui rinvii potrebbero essere uno dei maggiori fattori scatenanti l’astensione record che molti osservatori si attendono per le elezioni di domenica. Andrà davvero così? Più che probabile, ma l’amaro in bocca resta: almeno i partiti avrebbero potuto provarci.

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Francesco Maltoni

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