Le società partecipate nel decreto legislativo 33/2013 sulla trasparenza

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Premessa

Il decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 rubricato “Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni” (approvato dal Governo in attuazione dei principi e dei criteri di delega contenuti nell’art. 1, comma 35, della legge 6 novembre 2012, n. 190), ha come obiettivo quello di rafforzare lo strumento della trasparenza, intesa come misura indispensabile per sostenere la prevenzione della corruzione.

Con le disposizioni contenute nel decreto legislativo sopraccitato s’intende definire nuovi sistemi di partecipazione e collaborazione tra la Pubblica Amministrazione e cittadini ed attivare una nuova forma di controllo sociale, anche attraverso l’accesso civico.

Con tale decreto, inoltre, si persegue l’obiettivo di riordinare in un unico corpo normativo le diverse disposizioni vigenti in materia di obblighi di trasparenza e pubblicità a carico delle pubbliche amministrazioni, rendendo uguali le modalità attuative della pubblicazione sui propri siti web istituzionali.

L’attuazione della trasparenza costituisce un’opportunità per i funzionari pubblici poiché consente di evidenziare il corretto agire amministrativo accrescendo in tal modo la fiducia dei cittadini nella Pubblica Amministrazione.

Il decreto legislativo 33/2013 è rivolto anche alle società partecipate dagli enti pubblici.

Le società partecipate, nel testo della legge, sono allo stesso tempo destinatari passivi e attivi della nuova disciplina della pubblicità istituzionale.

Sono destinatari passivi delle disposizioni laddove l’obbligo della pubblicazione di dati ed informazioni è posto in capo all’ente pubblico controllante.

Sono destinatari attivi laddove gli obblighi di pubblicazione sono posti in capo alle stesse società.

Gli obblighi degli enti controllanti

L’articolo 11 del decreto tratta degli obblighi di pubblicazione dei dati concernenti gli enti pubblici vigilati, agli enti di diritto privato in controllo pubblico, nonché alle partecipazioni in società di diritto privato.

Esso prevede che “alle società partecipate dalle pubbliche amministrazioni di cui al comma 1 e alle società da esse controllate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile si applicano, limitatamente alla attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell’Unione Europea, le disposizioni dell’articolo 1, commi da 15 a 33, della legge 6 novembre 2012, n. 190”.

Tale articolo fa un esplicito richiamo alle disposizioni della legge 190/2012 (cosiddetta legge sull’anticorruzione), ma ne limita l’applicazione solo alle società partecipate e controllate che svolgono attività di pubblico interesse.

Le disposizioni non trovano applicazione nei confronti delle società, partecipate da amministrazioni pubbliche, quotate in mercati regolamentati e loro controllate.

In conformità all’articolo 11 ogni Amministrazione Pubblica è obbligata a pubblicare e aggiornare annualmente i seguenti dati:

– l’elenco degli enti pubblici, comunque siano denominati, istituiti, vigilati e finanziati dall’amministrazione stessa o per i quali la pubblica amministrazione ha il potere di nominare gli amministratori, con l’elencazione delle funzioni attribuite e delle attività svolte in favore dell’amministrazione o delle attività di servizio pubblico affidate;

– l’elenco delle società di cui detiene direttamente quote di partecipazione anche minoritaria indicandone l’entità, nonché le funzioni attribuite e le attività svolte in favore dell’amministrazione o delle attività di servizio pubblico affidate;

– l’elenco degli enti di diritto privato, comunque siano denominati, sotto il controllo della pubblica amministrazione, con l’indicazione delle funzioni attribuite e delle attività svolte in favore della pubblica amministrazione o delle attività di servizio pubblico affidate. (Per enti di diritto privato in controllo pubblico gli si intendono gli enti di diritto privato sottoposti a controllo da parte di amministrazioni pubbliche, oppure gli enti costituiti o vigilati da pubbliche amministrazioni nei quali siano a queste riconosciuti, anche in assenza di una partecipazione azionaria, poteri di nomina dei vertici o dei componenti degli organi);

– una o più rappresentazioni grafiche che evidenziano i rapporti tra l’amministrazione e gli enti sotto il pubblico controllo.

Per ogni soggetto sottoposto al controllo dell’ente pubblico deve essere pubblicato:

– la ragione sociale;

– la misura della eventuale partecipazione;

– la durata dell’impegno;

– l’onere complessivo, a qualsiasi titolo, gravante per l’anno sul bilancio della pubblica amministrazione;

– il numero dei rappresentanti dell’amministrazione negli organi di governo;

– il trattamento economico complessivo a ciascuno di essi spettante;

– i risultati di bilancio degli ultimi tre esercizi finanziari;

– i dati relativi agli incarichi di amministratore dell’ente e il relativo trattamento economico complessivo.

Nel caso di assenza o incompleta pubblicazione dei dati relativi agli enti partecipati è fatto divieto di erogazione in loro favore di somme a qualsivoglia titolo da parte dell’amministrazione controllante.

Gli obblighi delle partecipate

Per quanto riguarda gli obblighi di pubblicazione a carico delle partecipate, la nuova normativa, all’articolo 11, limita gli obblighi di pubblicazione solo agli organismi partecipati che svolgano funzioni di pubblico interesse, salvo poi prevedere all’articolo 22 comma 3 che nel “sito dell’amministrazione è inserito il collegamento con i siti istituzionali degli enti di cui al comma 1, nei quali sono pubblicati i dati relativi ai componenti degli organi di indirizzo e ai soggetti titolari di incarico, in applicazione degli articoli 14 e 15.”

Da una lettura della norma, si evince che, anche per le società partecipate dagli enti locali (che non svolgano funzioni di interesse pubblico), sussiste l’obbligo di pubblicare gli stessi dati previsti per gli amministratori degli enti pubblici.

Sorge il problema di individuare i soggetti interni alla società obbligati alla pubblicazione dei dati.

L’individuazione di tali soggetti pone qualche dubbio interpretativo ogniqualvolta si cerca di estendere alle società partecipate, normalmente enti di diritto privato, la disciplina pubblicistica dettata per gli enti pubblici.

A cercare di risolvere questi dubbi hanno provato, l’Autorità Nazionale Anticorruzione e per la Valutazione e la Trasparenza delle Amministrazioni Pubbliche (A.N.A.C.) e la Presidenza del Consiglio – Dipartimento della Funzione Pubblica.

Con la delibera n° 65/2013 avente ad oggetto “Applicazione dell’art. 14 del d.lgs. n. 33/2013 – Obblighi di pubblicazione concernenti i componenti degli organi di indirizzo politico”, l’A.N.A.C. (ex CIVIT) ritiene che, ai sensi del combinato disposto dell’art. 1, comma 34 della legge n. 190/2012 e dell’art. 11, comma 2 del d.lgs. n. 33/2013, nonché tenuto conto del rinvio contenuto nell’art. 22, comma 3, all’art. 14 del medesimo decreto, sono obbligati alla pubblicazione le società di cui le Pubbliche Amministrazioni detengono quote di partecipazione con l’eccezione delle società quotate in mercati regolamentari e le loro controllate.

Ai fini dell’adempimento degli obblighi di pubblicazione le società individuano al proprio interno i titolari di incarichi politici di carattere elettivo o comunque di esercizio di poteri di indirizzo politico, anche con riferimento alle norme statutarie e regolamentari che ne regolano l’organizzazione e l’attività.

Successivamente l’A.N.A.C. è intervenuta nuovamente precisando che negli enti pubblici diversi da quelli territoriali, dove di norma non si hanno organi elettivi, al fine di identificare gli organi di indirizzo occorrerà considerare gli organi nei quali tendono a concentrarsi competenze, tra le quali, tra l’altro, l’adozione di statuti e regolamenti interni, la definizione dell’ordinamento dei servizi, la dotazione organica, l’individuazione delle linee di indirizzo dell’ente, la determinazione dei programmi e degli obiettivi strategici pluriennali, l’emanazione di direttive di carattere generale relative all’attività dell’ente, l’approvazione del bilancio preventivo e del conto consuntivo, l’approvazione dei piani annuali e pluriennali, l’adozione di criteri generali e di piani di attività e di investimento.

Alla luce di tale interpretazione si possono individuare tali soggetti come i componenti dei consigli di amministrazione o l’amministratore unico, gli unici con poteri di indirizzo [politico].

In particolare le società, per tali soggetti, sono obbligate a pubblicare:

  • l’atto di nomina o di proclamazione, con l’indicazione della durata dell’incarico;

  • il curriculum vitae;

  • i compensi di qualsiasi natura connessi all’assunzione della carica;

  • gli importi delle spese di viaggi di servizio e missioni pagati con fondi pubblici;

  • i dati relativi all’assunzione di altre cariche, presso enti pubblici o privati ed i relativi compensi a qualsiasi titolo corrisposti;

  • gli altri eventuali incarichi con oneri a carico della finanza pubblica e l’indicazione dei compensi spettanti;

  • le dichiarazioni patrimoniali previste dall’articolo 2, della legge 441/1982 [1], nonché le attestazioni e dichiarazioni patrimoniali finali di cui all’articolo 4 della stessa legge[2], limitatamente al soggetto, al coniuge non separato e ai parenti entro il secondo grado, ove gli stessi vi consentano.

Gli amministratori delle società e degli enti controllati devono mettere le amministrazioni controllanti nella condizione di pubblicare i dati relativi agli incarichi e al trattamento economico complessivo.

Per questo motivo essi hanno l’obbligo di comunicare ai soci pubblici i dati entro trenta giorni dal conferimento dell’incarico, e, per le indennità di risultato, entro trenta giorni dal loro percepimento.
La comunicazione dei dati deve essere fatta al responsabile della trasparenza di ogni socio pubblico o ad altro soggetto individuato dal programma triennale per la trasparenza e l’integrità o da altra disposizione anche regolamentare interna.

Ai sensi dell’articolo 15 del d.lgs. 33/2013 debbono essere pubblicati e aggiornati nel sito della società i seguenti dati relativi ai titolari di incarichi amministrativi di vertice e di incarichi dirigenziali, a qualsiasi titolo conferiti, nonché di collaborazione o consulenza:

  • gli estremi dell’atto di conferimento dell’incarico;

  • il curriculum vitae;

  • i dati relativi allo svolgimento di incarichi o la titolarità di cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dalla Pubblica Amministrazione o lo svolgimento di attività professionali;

  • i compensi, comunque denominati, relativi al rapporto di lavoro, di consulenza o di collaborazione, con specifica evidenza delle eventuali componenti variabili o legate alla valutazione del risultato.

Nel caso di soggetti esterni alla società la pubblicazione degli estremi degli atti di conferimento di incarichi dirigenziali, di collaborazione o di consulenza, a qualsiasi titolo per i quali è previsto un compenso, completi di indicazione dei soggetti percettori, della ragione e della durata dell’incarico e dell’ammontare erogato, sono condizioni per l’acquisizione dell’efficacia dell’atto e per la liquidazione dei relativi compensi.

Le società debbono pubblicare e mantenere aggiornati, sui rispettivi siti istituzionali, gli elenchi dei propri consulenti indicando l’oggetto, la durata e il compenso dell’incarico.

Aspetto importante riguarda il principio secondo cui le amministrazioni titolari di partecipazioni di controllo promuovono l’applicazione dei principi di trasparenza da parte delle società direttamente controllate nei confronti delle società indirettamente controllate dalle medesime amministrazioni.

Il momento nel quale può avvenire la promozione del principio della trasparenza può essere quello nel quale gli enti controllanti dettano gli indirizzi gestionali. In tale sede essi indicano alle società controllanti gli obblighi minimi in materia di trasparenza ma possono anche ampliarli imponendo obblighi ulteriori rispetto a quelli previsti dal decreto legislativo 33/2013.

La vigilanza e il sistema sanzionatorio

Altro aspetto innovativo del Decreto 33 attiene al sistema di vigilanza e sanzionatorio.

La vigilanza è affidata a tre soggetti:

  • il “Responsabile per la trasparenza”;

  • l’Organismo indipendente di valutazione;

  • l’A.N.A.C..

Il ruolo di controllo più rilevanteè affidato al responsabile per la trasparenza, il quale ha l’obbligo di segnalare ogni mancato o ritardato adempimento agli organi di disciplina, al vertice politico, all’Autorità Nazionale Anticorruzione, aggiorna il programma triennale anticorruzione e controlla e assicura l’attuazione dell’accesso civico. Nei casi di mancata o incompleta pubblicazione dei dati l’inadempimento degli obblighi di pubblicazione o la mancata predisposizione del Programma triennale, costituisce elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale, causa di responsabilità per danno all’immagine, e incide sulla corresponsione della retribuzione di risultato e del trattamento accessorio collegato alla performance individuale dei responsabili.

Nelle società partecipate è obbligo del responsabile della trasparenza comunicare qualsiasi inadempienza in materia di trasparenza all’ente controllante.

La responsabilità si esclude quando si dimostra che l’inadempimento è dipeso da causa non imputabile al responsabile.

La mancata o incompleta comunicazione delle informazioni e dei dati concernenti la situazione patrimoniale complessiva del titolare dell’incarico al momento dell’assunzione in carica, la titolarità di imprese, le partecipazioni azionarie proprie, del coniuge e dei parenti entro il secondo grado, nonché tutti i compensi cui da diritto l’assunzione della carica, dà luogo a una sanzione amministrativa pecuniaria da 500,00 euro a 10.000,00 euro. Tale sanzione è posta a carico del responsabile della mancata comunicazione. Il provvedimento sanzionatorio è pubblicato sul sito internet dell’amministrazione e dell’organismo interessato.

La medesima sanzione è applicata agli amministratori societari che non comunicano ai soci pubblici il proprio incarico ed il relativo compenso entro trenta giorni dal conferimento. Per le indennità di risultato il termine, stabilito sempre entro trenta giorni, decorre dalla data del percepimento.

3. Le sanzioni devono essere irrogate dall’autorità amministrativa competente in conformità a quanto previsto dalla legge 24 novembre 1981, n. 689.

Secondo l’A.N.A.C., così come indicato nella delibera n. 66/2013, ciascuna amministrazione provvede, in regime di autonomia, a disciplinare con proprio regolamento il procedimento sanzionatorio, ripartendo tra i propri uffici le competenze, in conformità con alcuni principi di base posti dalla legge n. 689/1981.

Tra i principi più importanti, si rammentano:

  • quelli sui criteri di applicazione delle sanzioni;

  • quello del contraddittorio con l’interessato;

  • quello della separazione funzionale tra l’ufficio che compie l’istruttoria e quello al quale compete la decisione sulla sanzione.

Il regolamento del procedimento sanzionatorio, la cui adozione deve essere tempestiva, dovrà individuare il soggetto competente ad avviare il procedimento di irrogazione della sanzione, dovrà inoltre identificare, tra i dirigenti o i funzionari dell’ufficio di disciplina, il soggetto che irroga la sanzione.
Ogni amministrazione, nella propria autonomia e tenuto conto della propria specificità organizzativa, può adottare, nell’individuazione del responsabile per l’irrogazione delle sanzioni, soluzioni differenziate, purché adeguatamente motivate e nel rispetto del principio di separazione funzionale tra il soggetto cui compete l’istruttoria e quello cui compete l’irrogazione delle sanzioni, secondo quanto previsto dagli artt. 17 e 18 della legge n. 689/1981.

Conclusioni

Il d.lgs. 33/2013 rappresenta un’importante evoluzione dell’ordinamento giuridico verso una migliore azione della pubblica amministrazione e verso un maggiore obbligo di resoconto delle proprie decisioni e di responsabilità per i risultati conseguiti da parte di chi assume le decisioni pubbliche.

Il d.lgs. 33/2013, rientra in una più ampia strategia legislativa che prende avvio dalla legge 190/2012, la quale rappresenta il primo passo verso la predisposizione di un nuovo sistema volto alla prevenzione della corruzione.

Accanto al d.lgs. 33/2013, si pongono il d.lgs. 39/2013, in materia di incompatibilità, il Decreto del presidente della Repubblica 62/2013 recante il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici, tutti sotto la salvaguardia della legge190/2012.

Quest’insieme di interventi legislativi hanno riscritto la legislazione dell’anticorruzione spostando l’interesse dalla fase della repressione degli eventi corruttivi alla fase della prevenzione, tentando di eliminare i presupposti che consentono lo sviluppo degli avvenimenti corruttivi .

La necessità di pubblicità in soggetti formalmente privati ma operanti nella sfera pubblica quali le società partecipate, rappresenta un passo innovativo, soprattutto quando esse non sono state costituite per ottenere, a favore della pubblica amministrazione, servizi e processi produttivi migliori e a costi inferiori rispetto a quelli offerti dai privati, ma per superare i limiti sempre più stringenti della normativa pubblicistica sull’attività delle pubbliche amministrazioni o per altri velati motivi (es. la creazione di nuovi posti di sottogoverno con i consigli di amministrazione, i collegi sindacali e gli organi di revisione, l’aggiramento delle norme del patto di stabilità e della normativa sulle assunzioni, l’affidamento di servizi senza le procedure pubblicistiche, la stabilizzazione di particolari categorie di lavoratori).

Sotto questo punto di vista la normativa presenta degli elementi innovativi, i cui effetti saranno misurabili solo nel lungo periodo.

La prescrizione di una forte pubblicità imporrà alle società partecipate di rivedere le modalità attraverso le quali vengono svolte le proprie funzioni, per garantire la conoscenza dei processi decisionali e attuativi.

Il rischio concreto è che gli obblighi di trasparenza siano applicati in maniera del tutto formale recependoli come un semplice ed ulteriore adempimento che le pubbliche amministrazioni e le partecipate siano costrette ad adottare.

Solo se coloro i quali dovranno applicare e vigilare sulle norme guarderanno alla finalità delle stesse interpretandole in senso sostanziale e non formale, impegnandosi per la loro concreta attuazione, si potrà dire che la normativa ha raggiunto il suo scopo.

[1]

1)una dichiarazione concernente i diritti reali su beni immobili e su beni mobili iscritti in pubblici registri; le azioni di società; le quote di partecipazione a società; l’esercizio di funzioni di amministratore o di sindaco di società, con l’apposizione della formula «sul mio onore affermo che la dichiarazione corrisponde al vero»;

2) copia dell’ultima dichiarazione dei redditi soggetti all’imposta sui redditi delle persone fisiche;

[2]

Entro tre mesi successivi alla cessazione dall’ufficio i soggetti indicati nell’articolo 2 sono tenuti a depositare una dichiarazione concernente le variazioni della situazione patrimoniale di cui al numero 1 del primo comma del medesimo articolo 2 intervenute dopo l’ultima attestazione. Entro un mese successivo alla scadenza del relativo termine, essi sono tenuti a depositare una copia della dichiarazione annuale relativa ai redditi delle persone fisiche.

Antonello Cocco

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