Accattonaggio: i casi di Treviso e Messina

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“Eppure che è la fame? Un vizio! È tutta un’impressione! Ah, se nun c’avessero abituati a magnà, da ragazzini!”. E’ una delle frasi cult, del film “Accattone” di Pier Paolo Pasolini (1961).
Una frase drammaticamente di moda, in un periodo di profonda crisi, nel cui contesto scoppia feroce il fenomeno dell’accattonaggio.
A Treviso, nei primi sette mesi dell’anno, sono stati elevati 109 verbali (nel 2012 erano stati 155) contro coloro che chiedono l’elemosina nel centro storico.
Il Sindaco, Giovanni Manildo, ha invocato la tolleranza zero contro il racket della “mano tesa”.
La Chiesa trevigiana, però, ha invitato tutti a riflettere. Dietro la realtà dell’accattonaggio non c’è sempre e solo la malavita, ma anche una povertà sempre più diffusa.
La Caritas ha offerto alle forze dell’ordine la propria banca dati sulla povertà in città, per evitare che la polizia municipale finisca per confondere malviventi organizzati con persone piombate, soprattutto negli ultimi 5 anni, ai margini della società a causa della crisi economica.
In tutta Italia si manifesta sempre più forte la contrapposizione tra l’esigenza di affermare la legalità ed assicurare il decoro delle città e la disperazione di coloro che, per sopravvivere, devono ricorrere all’elemosina.
Un contrasto esploso in maniera dura ed anomala a Messina. L’Amministrazione Comunale si è schierata contro la propria Polizia Municipale, coinvolta in una serie di azioni contro l’accattonaggio, volute e gestite dalla Questura.
Nei giorni scorsi, la Polizia di Stato, in collaborazione proprio con i vigili urbani, ha effettuato diversi accertamenti ai semafori, con il fermo di nove persone.
Una svolta contro l’accattonaggio non condivisa dall’Assessore comunale alle Politiche Sociali, Nino Mantineo, che ha parlato di barbarie morali e giuridiche.
Per l’Amministrazione Comunale della città dello Stretto, gli accattoni vivono già in una condizione di profondo disagio e non possono essere criminalizzati.
L’Assessore ha rivolto un invito all’obiezione di coscienza da parte delle forze dell’ordine e degli agenti di polizia municipale.
Diventa quasi paradossale che un’Amministrazione Comunale inviti propri dipendenti a rifiutarsi di ottemperare ad un adempimento di servizio, ritenendo gli effetti che ne derivano contrari al proprio credo.
Gli elemosinanti sono già costretti a prostrarsi e non possono subire la beffa di provvedimenti amministrativi contro di loro.
L’accattonaggio, in Italia, non è più reato dal 1995, quando una sentenza della Corte Costituzionale (n. 519/1995) abrogò la previsione dell’art. 670 del codice di procedura penale che puniva chiunque mendicasse in luogo pubblico con la reclusione.
La Corte, già nel 1959, con la sentenza n. 51, disse che il reato di accattonaggio non era compatibile con la Costituzione.
La richiesta di elemosina è lecita purché sia una legittima richiesta di umana solidarietà, volta a far leva sul sentimento della carità, che non intacca né l’ordine pubblico né la pubblica tranquillità.
L’accattonaggio potrebbe costituire, però, reato se condotto con la menzogna al pubblico con la richiesta di elemosina senza trovarsi in condizioni di reale povertà, oppure simulando disabilità.
Purtroppo la malavita lucra sul gesto compassionevole attraverso la riduzione in schiavitù di persone come anziani e disabili (art. 600), oppure impiegando minorenni (art. 671) o animali malnutriti per richiamare l’attenzione.
L’impiego di minorenni configura il reato di maltrattamenti in famiglia e verso i fanciulli (art. 572) se questi per chiedere l’elemosina non frequentano la scuola, o se si tratta di neonati non sorvegliati oppure non nutriti adeguatamente oppure tenuti al freddo per strada.
In molte strade si vedono mamme (per lo più zingare) chiedere l’elemosina tenendo un neonato in braccio. Il fatto non costituisce di per sé reato, considerando che il mendicante spesso non ha luoghi ove tenere, o persone cui affidare i propri piccoli, né per questo fatto può essere privato della patria potestà.
La legge punisce l’accattonaggio molesto ed insistente (per violenza privata, ex art. 610).
E’ reato trattenere o bloccare per strada le persone che hanno rifiutato la richiesta di elemosina, o bussare con insistenza ai finestrini delle auto ferme ai semafori.
I provvedimenti sanzionatori, nella maggior parte dei casi, sono elevati proprio contro l’accattonaggio molesto, posto in essere soprattutto da elemosinanti legati alla malavita.
In molte città italiane crescono, però, i veri poveri, costretti a chiedere la carità magari in zone defilate, rispetto alle vie centrali occupate dal racket dell’elemosina.
Il Sindaco di Treviso, Manildo, si è appellato al Governo per trovare una soluzione al problema dal punto di vista normativo.
Intanto a Conegliano, a fine luglio, i frati della chiesa dei Cappuccini hanno dovuto rivolgersi al Sindaco per difendersi da mendicanti molesti che spintonavano i fedeli per chiedere l’elemosina. Anche alla mensa dei poveri si è reso necessario l’intervento delle forze dell’ordine per evitare la sopraffazione dei più deboli.
Torna così un’altra frase del film di Pasolini, messa in bocca a Vittorio Cataldi (Franco Citti): “Er mondo è de chi cià li denti”.

Luciano Catania

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