Decreto del fare: addio Durt, torna il tetto agli stipendi pubblici

Redazione 06/08/13
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Nonostante il tempo per la conversione definitiva dei testi in Parlamento sia ormai agli sgoccioli – venerdì è previsto il “rompete le righe” per la pausa estiva – continuano ad essere apportate importanti modifiche ai provvedimenti ii esame, che ne rendono, naturalmente, l’approvazione definitiva ancora più lontana.

Questa notte, a finire sotto il bisturi delle Commissioni di palazzo Madama è stato il decreto del fare, che ha visto due importanti novità nel lunghissimo testo che ne compone tutte le disposizioni dal settore degli appalti a quello della mediazione civile.

Così, proprio sul fronte dei bandi pubblici di realizzazione opere e servizi, ecco il primo correttivo pesante apportato da palazzo Madama: sparisce il Durt,di cui tanto si era parlato giusto qualche giorno fa alla Camera, ma rimane la responsabilità solidale negli appalti.

Il Documento Unico di Regolarità Tributaria stabiliva infatti che la responsabilità solidale dell’appaltatore non fosse richiesta nei riguardi del subappaltatore qualora venisse dimostrata la regolarità delle procedure seguite per ottenere il Durt da parte di quest’ultimo. Ciò sarebbe stato possibile per mezzo di comunicazioni regolari e assidue all’Agenzia delle Entrate, per tutti i documenti primari in riferimento alle retribuzioni dei dipendenti, ai corrispettivi contributi versati e tutte le imposte a corredo.

Insomma, si poteva trattare di un passaggio importante per quelle aziende che avessero sempre tenuto i conti in regola – e che, contestualmente, lo avessero dimostrato all’erario – che le metteva in grado di accedere alla certificazione sostanzialmente in tempo reale. Ora, dalle associazioni di categoria, si richiede la successiva eliminazione del principio di responsabilità solidale.

Passando, invece, a una delle norme più contestate sul fronte pubblico, dopo le modifiche introdotte a Montecitorio, ecco la retromarcia del Parlamento in piena notte: approvato in Commissione un contro-emendamento che modifica lo stop introdotto alla Camera sugli stipendi dei manager PA. Dunque, torna un limite: d’ora in avanti, chiunque non si conformerà al salario del primo presidente dei Cassazione, equivalente a 300mila euro, subirà una decurtazione del 25% della busta paga.

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