Franco Coppi, l’avvocato che salverà Berlusconi

Redazione 02/05/13
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Se ci sarà bisogno di preparare ricorsi per la Cassazione le strade di Franco Coppi e Silvio Berlusconi torneranno ad incrociarsi, dopo che già era successo all’epoca del processo Mediaset e Ruby. Coppi, infatti, è uno degli avvocati di fiducia del Cavaliere e in passato era riuscito ad ottenere l’assoluzione di Marinella Brambilla per l’accusa di falsa testimonianza nel processo sulle tangenti alla Guardia di Finanza.

Visto che squadra che vince non si cambia l’avvocato è stato “prenotato” da Niccolò Ghedini e Piero Longo, per far parte del team difensivo del presidente del Pdl. Coppi è un vero specialista nelle assoluzioni illustri, salvò Andreotti, ma non solo, è un tecnico del diritto che può difendere imputati di pedofilia, come quelli di Rignano Flaminio, di omicidio, come Sabrina Misseri o Renato Busco per via Poma, o sequestro di persona, come Niccolò Pollari per il caso Abu Omar.

Non vanno poi dimenticate le assoluzioni ottenute per l’ex ministero Luigi Gui nello scandalo Lockheed o per il generale Vito Miceli per il tentato golpe Borghese. La vedova Calipari, come del resto anche l’ad della ThyssenKrupp, hanno goduto dell’operato del celebre avvocato e in tutti i casi sempre con la stessa efficacia e un dogma il low profile, tanto che a sua detta, Berlusconi per lui sarebbe un cliente come un altro.

La scelta del Cavaliere potrebbe avere una sola lettura; quella di provare a dimostrare in finale di partita con i giudici e gli elettori di Italia che può essere imputato modello e aspirare a guidare la futura Convenzione per le riforme, così con un solo cambio di toga quindi Berlusconi otterrebbe un doppio risultato: possibili assoluzioni in terzo grado, quello più importante che un fuoriclasse del diritto come Coppi può conquistare e anche quel salvacondotto che invece non gli sarebbe garantito da altre ipotesi circolate e posizionabili nella categoria dell’impossibile o quasi: un’amnistia, la nomina a senatore, la grazia.

Lo status giuridico di Silvio Berlusconi è, per ora, formalmente, nonostante gli innumerevoli processi, da perfetto incensurato (le due condanne subite Mediaset e nastro Fassino-Consorte sono solo in primo grado) ma sull’ex presidente del Consiglio, complice le manovre dilatorie della sua quasi ex difesa, sta per abbattersi un ciclone di verdetti.

Nonostante il Cavaliere si trinceri dietro al suo inguaribile e irriverente ottimismo; “la Cassazione mi ha sempre assolto” (i supremi giudici hanno in alcuni casi come All Iberian e Lodo Mondadori dovuto dichiarare l’intervenuta prescrizione volendo tralasciare i processi che si sono fermati prima di arrivare al terzo grado come Mills, ndr) il leader del Pdl inizia a sentire una paura crescente di ritrovarsi senza lo scudo politico che lo ha difeso dal 1994 in poi.

Il Cavaliere teme non tanto la galera (decisamente improbabile anche in considerazione dell’età) quanto la pena accessoria cui potrebbe essere condannato nel secondo grado del processo Mediaset (in primo grado all’ex premier sono stati inflitti 4 anni) ovvero l’interdizione per cinque anni dai pubblici uffici, che se fosse riscontrata anche in Cassazione determinerebbe la sua ineleggibilità e vista l’età la fine della sua carriera politica. Un avvocato come Coppi potrebbe negli atti trovare quegli elementi capaci di mettere in crisi l’ipotesi accusatoria da proporre agli ermellini: Berlusconi non era più numero uno della società quando sarebbe stata commessa la frode e per questo ha già incassato due proscioglimenti a Milano e Roma nei processi gemelli.

L’amnistia invece resta una utopia e questo lo sa anche il leader del Pdl; “Un’amnistia Non ne ho mai sentito parlare – aveva detto a La Repubblica un paio di settimane fa – Io, ormai, a questi patti non credo più. Il mio giudice a Berlino è la Corte di Cassazione che mi ha sempre assolto. È un’ipotesi di cui non ho mai discusso con nessuno … l’amnistia è indigesta a tutti. La gente non sarebbe d’accordo. Sarebbe un modo per far arrabbiare ancora di più i cittadini”. Senza contare che lo storico e tratti bizzoso alleato, la Lega, non accetterebbe mai: “I leghisti sono fermamente contrari a qualsiasi tipo di amnistia, indulto et cetera…”.

Il provvedimento, che elimina il reato e che quindi risulta come se non fosse stato commesso, nella storia repubblicana è stato deciso diverse volte ma i reati “cancellati” avevano pene al massimo fino a 5 anni. Quelli di cui è accusato Berlusconi – la concussione e la prosituzione minorile – vanno da sei a dodici anni. Senza considerare l’effetto mediatico della concessione di un provvedimento a lungo invocato da più parti – causa per esempio le condizioni inumane dei detenuti nelle carceri – ma che è stato sempre scartato anche in ipotesi proprio dal centrodestra.

C’era poi l’ipotesi senatore a vita, considerato anche il fatto che Giorgio Napolitano era intervenuto affinché Berlusconi potesse svolgere la sua attività politica, quindi la nomina a senatore a vita poteva sembrare una “soluzione naturale”. Va però anche ricordato che Napolitano ha già nominato Mario Monti e ha dichiarato che non avrebbe esercitato ancora la sua prerogativa.

In caso di condanna definitiva, tuttavia (e i reati di cui è accusato Berlusconi prevedono come pena più di due anni, limite fissato dalla legge anti corruzione, ndr), considerando il senatore a vita che esercita un diritto di voto in Parlamento è un pubblico ufficiale, sarebbe scattata comunque la decadenza dalla carica.

L’articolo 59 della Costituzione, inoltre, recita: “Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cinque cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario” e benché prerogativa esclusiva del Quirinale una nomina a vita a Palazzo Madama sarebbe apparsa inopportuna per un leader così discusso anche a livello europeo.

Anche la grazia rimane una prerogativa del capo dello Stato e viene concessa dal Presidente della Repubblica con atto controfirmato dal Ministro della Giustizia. Sarebbe la soluzione migliore perché incide volendo su pena principale e pena accessoria. Ad ogni modo la condizione necessaria della grazia è il passaggio in giudicato della sentenza di condanna.

Nel caso del Cavaliere i processi sono diversi e in fasi differenti. E nel caso i verdetti fossero tutti di condanna quante grazie gli dovrebbero essere concesse? E che impatto avrebbe sull’opinione pubblica? Dal 1948 i provvedimenti di clemenza individuale emessi superano le 42 mila unità ma tranne alcuni casi spinosi – l’ultimo riguarda il caso Abu Omar – non hanno scatenato polemiche.

Posta in questi termini una serie di attimi di clemenza sarebbe un precedente unico nella storia delle democrazie moderne. Invece dal Quirinale non è arrivato nessun atto, nessun salvancondotto formale in cambio della formazione necessaria e urgente del governo, ma più probabilmente un’indicazione precisa e inevitabile: difendersi nei processi e non dai processi.

Redazione

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