Dopo il Conclave, le priorità del nuovo Papa: dallo Ior all’Islam

Redazione 12/03/13
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E’ ufficialmente iniziato il Conclave: 115 cardinali sono chiamati a prendere la decisione più difficile nella storia della Chiesa, travolta dagli scandali e alle prese con una situazione, quella del Papa emerito ancora in vita, che ha precedenti solo nel Medioevo.

Inutile spiegare che il mondo di oggi è molto più rapido e incline ai cambiamenti di quanto non lo fosse la società di sei o sette secoli fa, ragion per cui ai porporati è chiesto uno sforzo davvero inedito per eleggere un pontefice in grado di traghettare l’istituzione più antica del mondo al di fuori di questo periodo buio.

Sono diversi i nodi che si presenteranno nell’immediato al prossimo successore di Pietro. Subito dopo l’acclamazione di “Habemus papam” pronunciata dal Camerlengo, e i saluti di rito ai fedeli assiepati tra le colonne del Bernini, il nuovo vicario di Cristo dovrà mettersi al lavoro per affrontare alcune questioni che hanno scosso la comunità ecclesiastica dalle fondamenta ai vertici negli ultimi anni.

In primis, lo Ior: l’istituto finanziario, recentemente tornato in vetta alle cronache, bisogna di una drastica ridimensionata. Non mancano i sostenitori della linea dura contro le speculazioni della Chiesa: porre fine all’esistenza dello Ior, a parere di costoro, sarebbe una necessità. Certo, la formazione culturale e la sua disponibilità al compromesso del futuro papa incideranno notevolmente in questa decisione.

Quindi, legata agli interessi economici, c’è anche la situazione politica interna alla Chiesa: come emerso dagli ultimi scandali, Vatileaks su tutti, il potere del segretario di Stato va delimitato o, quantomeno, la sua azione vincolata a un ente esterno che ne coordini i passi, per evitare di accentuare troppo la singola carica con il rischio che le decisioni finiscano per nuocere poi a tutto l’impianto ecclesiastico.

Terzo, ma non da meno, il dialogo tra cattolici, oggi come non mai divisi tra tradizionalisti e modernisti: da alcune parti, si invoca all’apertura ai contraccettivi, da altre si riapre alla messa tridentina e al ritorno della lingua latina nelle celebrazioni. Da non sottovalutare, benché minoritaria, la questione dei lefevbriani, recentemente reintegrati essenzialmente alle loro condizioni: un’altra grana che toccherà al nuovo pontefice il quale, in materia, potrebbe essere chiamato a prendere decisioni anche in controtendenza verso chi lo ha preceduto.

Sulle questioni interne alla Chiesa, naturalmente, andrà presa una posizione netta sugli scandali di pedofilia, mentre si fa largo la visione di una società aperta, che richiede un’istituzione al passo coi tempi anche in fatto di revisione dei ministeri apostolici. La questione delle donne, in questo senso, è sempre fondamentale.

Altro aspetto del variegato mondo cristiano, è quello dell‘unità con le altre Chiese, da quella anglicana a quelle patriarcali d’oriente, le quali, anche tra loro, non mancano occasione di rivangare antiche ruggini. La questione egiziana, poi, non potrà rimanere insoluta: un Paese che ha attraversato una profonda crisi politica negli ultimi tempi con la deposizione di Mubarak, dove il fondamentalismo islamico è ancora ben presente e gli atti, anche violenti, contro i cristiani purtroppo non sono una rarità.

A proposito, di Islam, il successore di Pietro dovrà proseguire sul sentiero aperto prima da Giovanni Paolo II e poi continuato da Benedetto XVI. Le occasioni di confronto, dunque, dovranno essere all’ordine del giorno, purché non si presti il fianco al crescente integralismo che sta spopolando sull’altra sponda del Mediterraneo dopo i noti eventi della Primavera Araba. Un sentiero stretto ma da cui passa la pacifica convivenze delle due maggiori religioni al mondo.

E chiudiamo, infine, con l’auspicio che, se davvero il Papa fosse originario di un continente che non sia l’Europa,riesca a guardare con occhi diversi e mentalità aperta alle nazioni emergenti, lì dove il vangelo ancora stenta a diffondersi,  ma dove la popolazione è in continua crescita. E dunque, India, Corea, ma soprattutto Cina, palcoscenico dove la diplomazia vaticana dovrà tornare a essere una delle più efficienti del mondo per riuscire nell’ardita impresa di far convivere il capitalismo di Stato e il messaggio di Cristo.

Obiettivi realizzabili? Alcuni sembrano più alla portata, altri quasi utopistici. Eppur, in certi casi potrebbe sufficiente una parola, un atto di rottura con il passato, per mobilitare le anime. E in questo, a ben vedere, il prossimo Papa non dovrà assolutamente fallire.

Redazione

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