Pensioni silenti, Inps e governo salvano i 15 anni di contributi al 1992

Redazione 31/01/13
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Si apre un primo spiraglio per i contributi silenti. Quella che è stata annunciata come la nuova maxifalla nel welfare italiano, va incontro al fase uno del “piano di rientro” previsto dal governo in carica.

Proprio come accaduto con gli esodati, l‘esecutivo ha preso in carico un primo, piccolo ma simbolico scaglione della sterminata platea di interessati, che le prime stime raccolgono circa a quota 7 milioni di contribuenti.

Sostanzialmente, si tratta di tutti quei lavoratori che, anche dopo la riforma Amato, potevano conservare il diritto di accedere alla pensione con 15 anni di versamenti (e il minimo anagrafico), molti dei quali avendo partecipato, per un periodo limitato, alla gestione separata Inps.

L’avvento della riforma Fornero, però, ha alzato il minimo contributivo a 20 anni, impedendo la posteriorità dei contributi versati preventivamente all’avvento della legge firmata “dottor Sottile”.

Ora, arriva il primo ravvedimento del Ministero del Welfare, che ha dato luce verde alla circolare Inps per l’accesso al trattamento pensionistico ai cosiddetti “quindicenni”.

Il provvedimento, varato d’urgenza dopo l’esplosione del caso dei contributi silenti, va incontro in modo particolare e, anzi, quasi esclusivo, alle donne che, spesso per ragioni famigliari, si siano trovate a lavorare con scarsa regolarità. “La circolare riguarda persone – in particolare donne – la cui vita lavorativa è stata caratterizzata da discontinuità“, così il Ministero ha confermato la prossima emanazione del documento, che consentirà di mantenere il requisito dei 15 anni di contributi. Tutto ciò, una volta raggiunta l’età minima, naturalmente.

Si torna indietro di vent’anni, insomma, quando, cioè la riforma Amato del 1993 consentì a milioni di contribuenti di mantenere i criteri di accesso alla pensione con le regole precedenti. Nonostante la riforma Fornero abbia cercato, per sua natura, di segnare l’anno zero della previdenza italiana, ecco tornare al mittente il secondo boomerang sociale, dopo quello degli esodati.

La platea dei potenziali interessati alla circolare ammonta, secondo le stime ministeriali, a circa 65mila persone, un numero esiguo rispetto alla totalità, ma che cerca di tutelare in particolare quelle donne che abbiano svolto lavori domestici o agricoli, sottraendole dall’influenza della nuova normativa pensionistica.

Nello specifico, a partire dal primo gennaio 2013, i contribuenti coinvolti nel campo individuato dalla circolare, potranno accedere al trattamento con 15 anni di contributi entro il 1992, quando avranno compiuto 62 anni e 3 mesi (lavoratrici dipendenti), 63 anni e 9 mesi (autonome), 66 anni e 3 mesi (lavoratori dipendenti, autonomi e pubblici).

Ora che si incomincia a vedere la possibilità di recupero dei contributi silenti, emergono anche i retroscena dell’impasse ministeriale: in particolare, a precludere la prosecuzione del regime post legge Amato, pare siano occorse ragioni eminentemente economiche. Lo stesso ente previdenziale aveva riconosciuto che l’eventuale versamento di tutti i contributi accantonati avrebbe posto la previdenza nazionale sull’orlo del default.

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