Ingroia, il Guatemala e l’accordo segreto con la Severino. Una spy story all’italiana

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Nell’antica Grecia quando un personaggio di una qualche rilevanza politica non era più persona gradita veniva allontanato mediante l’ostracismo, un termine esotico per indicare nè più e nè meno che l’esilio. Probabilmente è una forzatura pensare che nella vicenda del pm Ingroia, spostato ad un incarico in Guatemala, si avete capito bene Guatemala, si possa pensare ad una forma di esilio, ma viste le recenti vicende giudiziarie e le polemiche al centro delle quali è stato, è facile che il pensiero possa accarezzare più di qualcuno.

Effettivamente a sentire le dichiarazioni del diretto interessato “sono diventato un bersaglio” il dubbio rimane, e pure forte, ma è il guardasigilli Paola Severino a levare tutti da ogni imbarazzo ammettendo candidamente, sin troppo, che ” quel magistrato era venuto a parlarmi da tempo di questo suo desiderio importante, ben prima che questo caso (l’inchiesta palermitana sulla trattativa Stato-mafia, ndr) manifestasse la sua potenzialità esplosiva”. Gli elementi che legano Ingroia al processo sulla trattativa Stato – mafia non depongono a favore della dichiarazione del ministro; infatti se è vero che Antonio Ingroia è il pm di quel processo è anche vero che è la stessa persona che ha ricevuto pressioni  da Napolitano e dall’ex ministro dell’interno Nicola Mancino, non solo ma il Capo dello Stato ha dato mandato che le intercettazioni del suddetto processo siano distrutte ed è proprio lo stesso Ingroia a disporne.

Ci sarebbero tutti gli elementi per una spy story e invece si tratta della giustizia italiana che, come di recente è accaduto, non ne esce nè benissimo nè sicuramente rafforzata. Le considerazioni appena fatte sono le stesse che potrebbe fare ciascuna persona di buon senso perché come diceva Andreotti “a pensar male si fa peccato ma spesso ci si indovina“, e proprio perché la sensazione generale deve essere stata questa, la Severino è corsa al riparo con altre dichiarazioni “spiace che la partenza di Ingroia accada in questo contesto, ma dispiace solo per le strumentalizzazioni che se ne possono fare, il pm aveva chiesto lui stesso un mese fa di ricoprire l’incarico in questione, come ha esplicitamente confermato il ministro guardasigilli“.

Dunque sarebbe una semplice e sfortunata coincidenza temporale quella occorsa in questa vicenda e rischia così di passare in secondo piano l’encomio rivolto dal guardasigilli al pm: “combattere la criminalità organizzata anche fuori del territorio nazionale è importantissimo perché la criminalità organizzata è transnazionale e avere i nostri migliori magistrati, richiesti da autorità straniere per condurre questa lotta è una cosa che ci fa veramente onore. Se i magistrati ci chiedono di dare questo aiuto – conclude il ministro – credo si debba dire di sì”.

Quindi da esiliato a novello Garibaldi, eroe dei due mondi, destino insolito quello di Ingroia che rischia di dondolarsi pericolosamente fra gloria e polvere, comunque per il momento, queste, non sono altro che semplici congetture; il Csm, infatti, si doveva pronunciare oggi sul collocarlo o meno al di fuori della procura di Palermo. La decisione ancora non è stata presa ed, anzi, è stata rimandata a quando Ingroia presenterà una relazione su quelli che saranno i suoi compiti nel suo ruolo internazionale, solo allora verrà presa una decisione; per il momento, quindi, resta un pm, scomodo, ma resta un pm della procura di Palermo.

Alessandro Camillini

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