L’Italia fa polemica, lo spread sale. A cosa serve la spending review?

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Tra siringhe e boiate c’è di mezzo lo spread. Roba da matti? No, roba da economisti. Però, in pieno stile “Spaghetti Circuit”, cominciamo, anzi continuiamo, anche nell’era dell’austerity a polemizzare su qualsiasi legge possibile e immaginabile, rendendola quindi al tempo stesso passibile di critiche e, su parte opposta, difendibile tramite attacchi a chi la ritiene sbagliata. E’ un po’ come tirare un boomerang sperando che non torni indietro: impossibile, se il boomerang è fatto bene. Qui, però, parliamo di spending review, di modi e tempi per risollevare l’Italia, di riacquisire un valore economico, morale e, perché no, di immagine, in tutta Europa.

Appunto: sono passati solo due giorni, dall’ufficializzazione del disegno di legge principale di Mario Monti che siamo già qui a tirarci le pietre tra di noi. In sequenza, “Super” Mario è andato in paranoia dopo le dichiarazioni del presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, che senza mezzi termini aveva espresso la sua opinione sui tagli dell’Esecutivo tecnico più chiacchierato dell’universo partendo dalla filastrocca della cicala e della formica, e quindi giustificando in parte le sforbiciate, ma sentenziando che “l’obiettivo del pareggio di bilancio mi sembra ampiamente esagerato. E poi dobbiamo evitare la macelleria sociale”. In tre righe – più qualche inciso – e soprattutto coalizzandosi totalmente con il capo della Cgil Susanna Camusso, al netto del “la riforma del lavoro è una boiata pazzesca” di un paio di settimane fa, pare che sia scoppiato l’inferno. Come del resto succede quasi sempre in Italia, dove non è assolutamente comprensibile aspettare gli effetti di una qualsiasi legge, ma già prima ne si presumono le catastrofi.

Così facendo, Squinzi fa aumentare lo spread e i tassi di interesse non incidono solo sul debito pubblico, ma anche sulle imprese – la controffensiva del premier –. Queste dichiarazioni, all’unisono con quelle di un leader sindacale (la Camusso, ndc) sembrano far parte di una serie di attacchi mirati al Governo. Tutto ciò ha un effetto molto negativo nei mercati e nelle valutazioni delle organizzazioni internazionali”. E, se il boomerang non fosse ancora tornato indietro su Roma, ecco la stoccata definitiva sul pareggio di bilancio, perché l’economista Monti, a quanto risulta a lui e al resto d’Italia, è stato chiamato a Palazzo Chigi proprio per bilanciare costi e ricavi, costasse quel che costasse. “Avevo capito che le forze produttive migliori dell’Italia desiderassero il contenimento del disavanzo pubblico e che obiettassero a manovre fatte in passato e basate sull’aumento delle tasse e che erano d’accordo di incidere sulla spesa pubblica e sulla struttura dello Stato, ma evidentemente avevo capito male”.

Quindi, ricapitolando, primo: alzi la mano chi si ricorda di una manovra, finanziaria o legge ad ampio spettro che non abbia suscitato almeno 4-5 diverse correnti polemiche. Secondo: lo spread non scenderà mai, se bastano due frasi messe li anche a caso per alzarlo. Terzo: Confindustria ha le idee un po’ confuse, se dagli armi e bagagli passa agli inciuci con la Cgil (chissà, magari sarà la volta buona per uno sciopero generale di imprenditori e dipendenti a reti unificate). La chiusura, spontanea e illusoria, ce la offre Luca Cordero di Montezemolo. “Chi ha l’onore di rappresentare gli imprenditori italiani ha l’obbligo di contribuire a sostenere l’immagine e la credibilità del Paese. Soprattutto in momenti di crisi così difficile occorre grande senso di responsabilità, coesione, spirito civile e massimo sostegno al Presidente del consiglio, che con grande impegno e capacità, sta faticosamente ricostruendo la credibilità internazionale del nostro Paese”. Dite la verità: siamo mai stati responsabili, coesi e sostenitori di una causa comune? O piuttosto è la divisione, l’operazione matematica che ci è sempre piaciuta di più?

Matteo Peppucci

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