Eurobond e scudo anti-spread, il Vertice Ue entra nel vivo

Redazione 29/06/12
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I piatti forti, e lungamente attesi, di questo delicatissimo summit europeo sono ormai tutti sul tavolo. Tra varie schermaglie, dichiarazioni a sorpresa e veloci “ritirate strategiche”, fatto sta che in queste ore i 27 Capi di Stato e di Governo europei si stanno confrontando senza tabù su eurobond, misure comuni per la crescita, meccanismi di stabilizzazione degli spread ed unione bancaria.

La giornata è stata aperta da un’apertura del tutto inaspettata da parte del Ministro delle finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, che in un’intervista al Wall Street Journal aveva dichiarato che la Germania sarebbe pronta ad aprire all’ipotesi degli eurobond, cioè di fatto ad una mutualizzazione del debito pubblico europeo, in cambio di uno “Zar (la Commissione europea? La Corte europea?) quale ferreo garante di una vigilanza centralizzata sui conti pubblici dei 16 Paesi dell’area euro.

Una parziale marcia indietro su tale ipotesi è stata poche ore dopo costituita dalla precisazione, da parte dello stesso Ministero delle finanze tedesco, che la posizione della Germania su eurobond o sul cosiddetto scudo anti-spread non cambia, almeno non fino a quando non ci sarà una vera unione dei bilanci a livello continentale. Prospettiva che non è né di domani né di dopodomani.

Intanto il Presidente del Consiglio italiano Mario Monti sembra disposto a giocarsi il tutto per tutto sulla proposta del cosiddetto “scudo anti-spread”, che vedrebbe l’impiego automatico di capitali dell’Efsf e del nascituro Mes (Meccanismo europeo di stabilità) per intervenire nell’acquisto dei Titoli di Stato dei Paesi dell’eurozona sul mercato primario e secondario.  In alternativa, potrebbe intervenire direttamente la Banca centrale europea con la garanzia dei due fondi Efsf – Mes. Ma attenzione: tale scudo non sarebbe esteso a tutti indistintamente ma solo a quei Paesi (Italia e Spagna in primis) che, avendo attuato forti cure per la disciplina di bilancio ed intrapreso la strada delle riforme strutturali, sono ancora vittime di una speculazione che rischia di vanificare – con tassi di rifinanziamento troppo elevati – ogni sforzo di “virtuosità” intrapreso.

Il Premier italiano è arrivato anche a minacciare il no dell’Italia all’introduzione su scala europea della Tobin Tax (serve l’accordo di almeno 9 Paesi su 16 dell’eurozona), tanto cara al Cancelliere Merkel, in caso di mancate misure concrete sul fronte del calmieramento dei differenziali di rendimento tra i Titoli di Stato. Nessuno può, infatti, continuare a finanziarsi a lungo sui mercati con tassi oscillanti tra il 6 ed il 7% sui Titoli decennali.

La proposta di Monti dello scudo anti-spread sarà pertanto, con ogni probabilità, il “piatto forte” del Vertice perché, se è pur vero che non cura alla radice i mali della crisi del debito (la settimana scorsa tale iniziativa era stata qualificata da un portavoce Ue al G20 come “paracetamolo finanziario”), è al momento l’unica misura concreta nel breve e brevissimo termine per abbattere la febbre degli spread (rimanendo nella metafora medica) e dare al “malato Europa” la tranquillità necessaria per puntare decisamente verso le varie unioni (bancaria, economica ed infine politica) nella prospettiva di lungo periodo.

Mario Monti ha già incassato su tale ipotesi il pieno appoggio del Presidente francese François Hollande, senza dimenticare naturalmente quello del Primo Ministro spagnolo Mariano Rajoy. Nella serata del 28 arriva una nuova inaspettata apertura anche da parte della Finlandia, Paese molto vicino alla Germania sulla linea del rigore, che si dice pronta ad accettare che i fondi Efsf e Mes acquistino Btp italiani e Bonos spagnoli, in cambio della garanzia da parte di Roma e Madrid di entrate fiscali destinate a ripagare gli interessi o di asset governativi (aprendo, in quest’ultimo caso, la via a dismissioni del patrimonio pubblico).

Infine, sembra prender forma anche la bozza conclusiva del Consiglio europeo, dove si prevede che entro l’anno venga presentata una roadmap per definire una stretta unione bancaria, fiscale ed economica dei Paesi europei (“entro la fine del 2012 la Ue dovrà dotarsi di un meccanismo di messa in sicurezza del sistema bancario, creando uno schema comune per le garanzie sui depositi, e un fondo comune con poteri di risoluzione per la gestione delle crisi”, recita il documento). Nel frattempo, viene data grande attenzione alla politica comune per gli investimenti, con il forte sostegno al cosiddetto “Piano europeo per la crescita” forte di 130 miliardi di euro (l’1% del Pil di Eurolandia) e con particolare attenzione “agli investimenti nei settori orientati al futuro aventi un nesso diretto con il potenziale di crescita dell’economa e a garantire la sostenibilità dei regimi pensionistici all’interno”. Infine, il documento che sta prendendo forma in queste ore a Bruxelles prevede anche un rapido avvio dei project bond per finanziare “investimenti per 4,5 miliardi di euro per progetti pilota in settori chiave quali trasporti, energia e banda larga”.

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