Caso Aldrovandi: la madre di Federico, insultata su Facebook, querela Forlani e il gruppo

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La condanna in via definitiva dei 4 poliziotti accusati dell’omicidio colposo di Federico Aldrovandi non ha affatto terminato una storia che ormai da 7 anni e mezzo divide l’Italia e soprattutto causa profonda sofferenza sia tra i familiari del ragazzo che tra gli agenti coinvolti. Due in particolare, Paolo Forlani e  Simona Cenni, presidente dell’associazione ‘Prima difesa’ e amministratice dell’omonimo gruppo Facebook, sono stati denunciati da Patrizia Moretti, madre di Federico, per “diffamazione e qualunque altro reato che sia ravvisabile”.

Nei giorni successivi alla sentenza della Cassazione, su Facebook si era infatti scatenato il pandemonio. Con le invettive del Forlani a rappresentare la più classica delle gocce che poi ha (ri)fatto traboccare il vaso. “Che faccia da c… aveva sul tg, una falsa e ipocrita, spero che i soldi che ha avuto ingiustamente (2 milioni di euro, risarciti dal ministero degli interni alla famiglia Aldrovandi, ndr) possa non goderseli come vorrebbe, adesso non sto più zitto dico quello che penso e scarico la rabbia di sette anni di ingiustizie”. Poi, ancora, fino alla dichiarazione di (presunta) innocenza. “Non puoi fare 30 anni questo lavoro ed essere additato come assassino solo perché qualcuno è riuscito a distorcere la verità, io sfido chiunque a leggere gli atti e trovare un verbale dove si dice che Federico è morto per le lesioni che ha subito…ma noi paghiamo per le colpe di una famiglia che pur sapendo dei problemi del proprio figlio non ha fatto niente per aiutarlo…massimo rispetto per Federico ma mi dispiace, noi non lo abbiamo ucciso…”

Da qui, quindi, la denuncia di Patrizia Moretti. “Da parte di Forlani c’è un senso di rabbia e mi sono sentita minacciata, non mi meraviglio di Forlani che ha dato prova di sé in diverse occasioni, in passato la sua aggressività si è espressa chiaramente, del resto penso che per commettere un omicidio come quello di Federico si debbano avere carenze umane non comuni”. Poi, l’affondo finale. “Queste persone sono armate, spero che siano messi in condizioni di non nuocere a nessuno: dategli compiti d’archivio, non so, ma toglietegli questa arroganza, questa ‘licenza di uccidere”.

Matteo Peppucci

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