Patto di scambio politico-mafioso

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Nell’ambito di un’attività di infiltrazione mafiosa nelle Istituzioni amministrative e rappresentative locali, una “famiglia mafiosa” è riuscita, in occasione delle elezioni per il rinnovo del consiglio comunale, ad imporre come assessore un determinato soggetto, poi indagato per “partecipazione ad associazione mafiosa“.

Il filo logico degli intrecci elettorali e criminali tra l’indagato, assessore in quaestio, e la famiglia-cosca viene sviluppato con l’analisi di numerosi elementi di prova: i giudici territoriali traggono la conclusione dell’intraneità dell’indagato-assessore alla cosca e della sua relativa vocazione all’illegalità.

Lo stesso indagato, infatti, secondo i giudici territoriali, avrebbe fatto parte dello schieramento politico appoggiato dalla “famiglia” e sarebbe stato, quindi, tra i candidati sostenuti dalla cosca. In tal senso, il Tribunale del riesame emette a carico dell’indagato un’ordinanza: più precisamente, dispone a carico del medesimo la misura cautelare della custodia in carcere per il configurarsi dei reati di “associazione mafiosa” e/o “concorso in partecipazione esterna alla stessa“, avverso la quale l’indagato propone ricorso per Cassazione.

La Corte di Cassazione rileva varie aporie logiche!, le quali impongono alla Medesima l’annullamento dell’ordinanza, con rinvio al Tribunale.

Ebbene, l’ultimo significativo approdo del Giudice della nomofilachia è rappresentato dal “caso Mannino“, Cass. sentenza nr. 33748/2005. Secondo quest’ultima pronuncia, “si definisce partecipe colui che, risultando inserito stabilmente ed organicamente nella struttura organizzativa dell’associazione mafiosa, non solo è ma fa parte della stessa: locuzione questa da intendersi in senso dinamico e funzionalistico, con riferimento all’effettivo ruolo in cui si è immessi e ai compiti che si è vincolati a svolgere perché l’associazione raggiunga i suoi scopi, restando a disposizione per le attività organizzative della medesima’’. “Assume, invece, la veste di concorrente esterno il soggetto che, non inserito stabilmente nella struttura organizzativa dell’associazione mafiosa e privo dell’affectio societatis, non fa parte, fornisce tuttavia un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo, sempre che questo abbia effettiva rilevanza causale ai fini della conservazione o del rafforzamento delle capacità organizzative dell’associazione e sia comunque diretto alla realizzazione (anche parziale) del programma criminoso della medesima’’ (v. sentenze “Carnevale” e “Mannino” e Cass. nr. 16493/2006).

Soffermando l’attenzione su quest’ultima figura (concorrente esterno), le Sezioni Unite richiedono in capo all’estraneo un dolo diretto, non essendo sufficiente ad integrare l’ipotesi delittuosa in esame la forma meno intensa del dolo eventuale. Il contributo concorsuale, penalmente rilevante, può consistere anche in un unico intervento, a carattere occasionale!, che abbia effettiva rilevanza causale ai fini della conservazione-rafforzamento dell’associazione. La verifica dell’efficienza causale del contributo del concorrente eventuale deve essere condotta secondo una prognosi ex post, onde accertare se effettivamente la condotta dell’extraneus possa dirsi causale rispetto al fatto-reato per come storicamente verificatosi hic et nunc, ed abbia pertanto concretamente ed effettivamente contribuito alla conservazione o all’espansione della consorteria.

Una particolare modalità di manifestazione del concorso esterno in associazione mafiosa è rappresentato dal patto di scambio politico-mafioso, puntualmente definito dalla “sentenza Mannino” come “l’accordo in forza del quale a fronte del richiesto appoggio dell’associazione mafiosa nelle competizioni elettorali succedutesi nel corso della sua carriera locale o nazionale il personaggio politico, senza essere organicamente inserito come partecipe nelle logiche organizzatorie del sodalizio criminoso, si impegna a strumentalizzare i poteri e le funzioni collegati alla posizione pubblica conseguente all’esito positivo dell’elezione a vantaggio dello stesso sodalizio, assicurandone così dall’esterno l’accesso ai circuiti finanziari e al controllo delle risorse economiche, ovvero rendendo una serie di favori quale corrispettivo del richiesto procacciamento di voti’’. In altre parole, si tratta di un patto tra candidato e cosca col quale il primo si assicura il sostegno elettorale della seconda in cambio dell’impegno a favorirla una volta eletto. Trattasi di un pactum sceleris dai contorni particolarmente sfumati: non si è in presenza di uno scambio voti/denaro (ex art. 416 ter c.p.), bensì di un accordo avente ad oggetto la promessa di voti in cambio di promessa di favori di vario genere, che spesso è difficile distinguere dai casi di contiguità politico-mafiosa non penalmente rilevanti!

Rispetto al caso di specie sopraesposto, la Corte di Cassazione, sentenza nr. 15115 del 2012, ha stabilito che “l’appoggio elettorale non integra la fattispecie di partecipazione ad associazione mafiosa”.

La Seconda Sezione penale della Corte Suprema annulla l’ordinanza del Tribunale del riesame, il quale aveva convalidato la misura cautelare della custodia in carcere per un assessore del comune. A dire della Corte di Cassazione, “per l’integrazione del reato è indispensabile che gli impegni accettati dal politico presentino il carattere della serietà e concretezza“. “Successivamente va accertato che gli impegni abbiano inciso effettivamente e significativamente, di per sé ed a prescindere da successive ed eventuali condotte esecutive dell’accordo, sulla conservazione o sul rafforzamento delle capacità operative dell’ intera organizzazione criminale o di sue articolazioni settoriali’’.

Secondo la Corte Suprema, “il mero sostegno elettorale non integra di per sé il reato di partecipazione ad associazione mafiosa in quanto è necessario che il rapporto sia tale da incidere nel concreto gli interessi dell’associazione’’. ‘’E’ reato solo se vi è una illecita corrispettività di prestazioni”.

Insomma, “spostando l’attenzione sul ruolo del partecipe all’associazione, il concorrente esterno è colui che da un contributo causale per lo svolgimento di tale ruolo, rappresentandosi in tale modo un mero collegamento con il partecipe”. Indubbiamente, l’apporto dell’extraneus deve essere “agganciato” a quello dei soci intranei.

Considerata la recente pronuncia, ci si domanda: gli operatori preposti riescono sempre a rilevare tutte le nuove tipologie comportamentali? Agli occhi di un giurista attento, parrebbe che le mafie, oramai, conoscano bene le figure criminose (individuate dal Legislatore e dalla giurisprudenza) e, pertanto, riescano a manifestare dei comportamenti incerti, che spesso danno origine a zone punibili e/o non punibili, meramente ibride.

…Appare auspicabile risolvere le molte questioni politico-criminali implicate nella lotta contro le attività di sostegno delle consorterie mafiose.

Giovanna Cuccui

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