Il SOPA è qui

Redazione 20/01/12
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SOPA, in Italiano, si scrive FAVA, verrebbe da dire con una battuta, che, sfortunatamente, avrebbe il retrogusto amaro.

Fava è, infatti, il cognome dell’Onorevole che ha presentato alla legge comunitaria 2011, un emendamento il cui contenuto ricalca, molto da vicino, il disegno di legge in discussione dinanzi al Congresso degli Stati Uniti d’America che, nelle scorse ore, ha provocato il più grande e riuscito sciopero della storia del WEB.

L’emendamento, approvato ieri – nel silenzio generale – dalla Commissione per le politiche comunitarie, stabilisce che chiunque possa chiedere ad un fornitore di servizi di hosting di rimuovere qualsivoglia contenuto pubblicato online da un utente sulla base del semplice sospetto – non accertato da alcuna Autorità giudiziaria né amministrativa – che si tratti di un contenuto che viola i propri diritti d’autore e che, qualora il provider non ottemperi alla richiesta, possa essere ritenuto responsabile.

Si tratta di un’autentica forma di privatizzazione della giustizia che affida la libertà di manifestazione del pensiero sul WEB alla assoluta discrezionalità di soggetti privati: il segnalante, libero di chiedere la rimozione di ogni contenuto “sgradito” e il provider, obbligato ad assecondare la richiesta o ad assumersi in prima persona la responsabilità della eventuale effettiva illegittimità di un contenuto che non ha prodotto, non conosce, non può valutare e, soprattutto, che è soltanto un pugno di bit, rispetto a milioni di milioni che ospita sulle sue macchine e sui quali ha costruito il suo business.

E’ un approccio peggiore di quello tratteggiato dal SOPA dove, almeno, l’ordine di rimozione di un contenuto è emesso da un’Autorità Giudiziaria.

Ma non basta.

Il FAVA – come il SOPA – infatti stabilisce anche che i fornitori di servizi online “che mettano a disposizione del destinatario … strumenti o servizi ulteriori, in particolare di carattere organizzativo o promozionale, ovvero adotta modalità di presentazione delle informazioni non necessarie ai fini dell’espletamento dei servizi oggetto del presente decreto, che sono idonei ad agevolare o a promuovere la messa in commercio di prodotti o di servizi a opera del destinatario del servizio” siano responsabili per le violazioni dei diritti di proprietà intellettuale imputabili ai propri clienti.

Come dire che chi fa pubblicità ad un’attività che venga, in un secondo momento, accertato essere in violazione del diritto d’autore debba, in qualche modo, rispondere – a volerlo dire in maniera impropria – di “favoreggiamento”.

Una filosofia radicalmente diversa da quella sin qui applicata per giornali, radio, televisione e che rischia di paralizzare il commercio elettronico italiano già in crisi.

Siamo di fronte ad un’iniziativa legislativa anacronistica, liberticida e che minaccia di affossare definitivamente lo sviluppo di Internet in Italia.

La circostanza – e dispiace costatarlo – d’altra parte, non è sfuggita al Ministro per le politiche comunitarie, Enzo Moavero Milanesi, che, tuttavia, ha dato parere favorevole al testo del disegno di legge, limitandosi a rilevare che l’emendamento FAVA “affronti un tema – quello del commercio elettronico – di particolare delicatezza, che incontra sensibilità diverse e che avrebbe meritato di essere affrontato in uno specifico provvedimento”.

Davvero un Ministro dal pugno di ferro, capace di far sentire la sua voce e di badare all’interesse del Paese!

Negli USA la mobilitazione sta mandando in frantumi il fronte dei sostenitori del SOPA.

Occorre fare altrettanto in Italia per bloccare questa nuova minaccia al WEB, ormai universalmente riconosciuto come irrinunciabile strada per uscire dalla crisi ed andare verso il futuro.

Redazione

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