Il decreto liberalizzazioni tra apertura al mercato e restrizioni alle autonomie territoriali

Redazione 16/01/12
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Una ulteriore stretta all’autonomia degli enti territoriali in favore della liberalizzazione dei servizi pubblici locali combinata ad un rinvio dei termini previsti dal d.l. 138/2011, per consentire al sistema di metabolizzare e porre in essere le novità applicative introdotte con il primo atto della “fase 2”, attraverso cui il Governo Monti intende intervenire in favore dello sviluppo economico nazionale. È questa, in estrema sintesi, l’essenza delle previsioni in materia di servizi pubblici locali contenute nella prima bozza “ufficiosa”, datata 11/01/2012, di quel decreto-legge che l’Esecutivo ha in animo di varare entro il 20 gennaio.

Sotto il primo aspetto, l’art. 18 della bozza, il quale afferma come l’organizzazione dello svolgimento dei servizi pubblici locali in ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei costituisca principio generale dell’ordinamento nazionale cui le Regioni sono chiamate ad adeguarsi entro il 30 giugno 2012, pena l’esercizio del potere sostitutivo di cui alla legge 131/2003 da parte del Consiglio dei Ministri, pare sostanzialmente rivolto all’energico sollecito delle Regioni ritardatarie sul punto. Del resto, nulla viene aggiunto, dal punto di vista sostanziale, rispetto ai novero dei servizi già strutturati sulla base di ambiti ottimali od in via di adeguamento in tal senso. Una vera novità sarebbe stata eventualmente costituita da una esplicita enucleazione di attività e servizi in tal senso strutturati, incrementando, quindi, il novero di quelli specificamente “nominati”. Peraltro, la necessità di maggiori specificazioni circa quali servizi siano organizzati per ambiti si impone anche in considerazione del coordinamento con l’art. 112 TUEL.

Con riferimento all’attività posta a carico degli enti locali in vista della valutazione circa la realizzabilità di una gestione concorrenziale dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, ritorna la previsione di un preventivo ed obbligatorio parere dell’AGCM (qui riferita all’intera procedura di verifica della conferibilità di diritti di esclusiva, e non più, solamente, agli affidamenti in house), che ha a disposizione 60 giorni per esprimersi, sulla base dell’istruttoria svolta dall’ente locale, in merito all’esistenza di ragioni idonee e sufficienti all’attribuzione di diritti di esclusiva. Dal punto di vista procedurale, il parere dell’AGCM si va a collocare tra le operazioni di verifica condotte dagli enti locali attraverso una analisi di mercato (di cui si è in attesa della emanazione del decreto interministeriale che ne definisca i criteri di conduzione) e l’approvazione definitiva della delibera quadro medesima, che quindi dovrà essere assunta anche sulla base del parere generato dell’Autorità antitrust. È prevista anche una cadenza temporale per le relative fasi procedimentali, così riassumibile:

–    Entro dodici mesi dall’entrata in vigore del decreto sulla concorrenza, gli enti locali devono procedere all’invio all’AGCM, per il parere obbligatorio, della verifica e del relativo schema di delibera quadro (successivamente l’invio deve essere effettuato periodicamente, secondo i rispettivi ordinamenti degli enti locali);
–    L’AGCM ha sessanta giorni per esprimere il proprio parere obbligatorio;
–    L’ente locale deve quindi adottare la delibera quadro entro trenta giorni dal parere dell’AGCM. È chiarito espressamente che, in assenza della delibera, l’ente locale non può procedere all’attribuzione di diritti di esclusiva e che non si può procedere al conferimento ed al rinnovo della gestione dei servizi se non è stata prima adottata La delibera quadro.

L’accrescimento del ruolo attribuito alle autorità di regolazione, cui si accompagna, più in generale, una presenza maggiormente tangibile di istituti a tutela tanto della concorrenza quanto dei consumatori, emerge anche da altre disposizioni all’interno della bozza di decreto pro-liberalizzazioni. Tra gli interventi maggiormente significativi troviamo:
–    l’individuazione, presso la Presidenza del Consiglio, di un ufficio che svolge le funzioni di tutela e di promozione della concorrenza nelle Regioni e negli enti locali e di tutela dei consumatori, cui sono attribuiti i seguenti poteri e funzioni:
a)    Monitoraggio della normativa regionale e locale e individuazione, anche su segnalazione dell’AGCM, delle disposizioni contrastanti con la tutela o la promozione della concorrenza;
b)    Assegnazione all’ente interessato di un congruo termine per rimuovere i limiti alla concorrenza;
c)    Decorso inutilmente il termine di cui alla lettera b), l’ufficio propone al Presidente del Consiglio di sottoporre al Consiglio dei Ministri l’esercizio dei poteri sostitutivi di cui all’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131;
d)    Supporto agli enti locali nel monitoraggio e nelle procedure di dismissione delle loro partecipazioni societarie nei servizi pubblici locali;
e)    Potere di proposta (non meglio definito) rispetto alle privatizzazioni;
f)    Potere di accertare d’ufficio la eventuale vessatorietà delle clausole intercorrenti nei rapporti commerciali con i consumatori.
–    L’estensione del campo di applicazione delle azioni di classe;
–    La revisione, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, dei criteri per l’applicazione delle tariffe agevolate nel settore dell’energia elettrica e del gas naturale;
–    Le specificazioni relative al conferimento dei compiti di regolazione del settore dei trasporti, di cui all’art 37 del d.l. 201/2011, all’A.V.C.P.

Un evidente ridimensionamento è stato stabilito nei confronti della modalità di affidamento derogatoria rispetto alla regola generale della gara per il servizio in esclusiva: il valore economico soglia per l’ammissibilità del ricorso alla formula in house passa da 900.000 euro a 200.000 euro.
Da acclarare, invece, la previsione che indica in cinque anni il periodo massimo, a partire dal 31 dicembre 2012, per le gestioni in house derivanti dalla fusione, entro la medesima data, di preesistenti gestioni dirette tale da configurare un unico gestore del servizio a livello di ambiti o di bacini territoriali ottimali. Tale disposizione sembrerebbe in apparenza “in deroga” rispetto al valore economico soglia e, in ogni caso, farebbe riferimento a quei soli settori per i quali consta un bacino territoriale ottimale ad operare da riferimento.

Onde evitare atteggiamenti ostruzionistici in vista delle gare per l’affidamento, è previsto che i concessionari e gli affidatari di servizi pubblici locali, a seguito di specifica richiesta, debbano fornire agli enti locali i dati concernenti le caratteristiche tecniche degli impianti e delle infrastrutture, il loro valore contabile iniziale, le rivalutazioni e gli ammortamenti e ogni altra informazione necessaria per definire i bandi. Ove non vi sia adempimento entro sessanta giorni dalla richiesta o le informazioni rilasciate risultino false, il prefetto, su richiesta dell’ente locale, sanziona l’illecito con una sanzione amministrativa da 5.000 a 500.000 euro.

Disposizione di una certa ridondanza è quella relativa alla “privatizzazione dei servizi pubblici locali”, che riconosce ai (soli) Comuni «la facoltà di cedere le proprie quote di partecipazioni in società, secondo procedure aperte, nelle quali sia garantita la parità di condizioni di gara, la più ampia trasparenza e conoscibilità», quando sussistono esigenze di promozione dell’ampliamento dei mercati e di ripianamento delle proprie posizione debitorie, e fermo quanto previsto dall’articolo 14, comma 32, del decreto–legge n. 78/2010. Peraltro, il riferimento specifico alla data del 30 settembre 2012 per la comunicazione dell’esito al neo istituito ufficio presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (e conseguente possibilità di esercizio dei poteri sostituivi di cui alla legge 131/2003) sembra contraddire la generalità della norma.

Altre restrizioni significative sono quelle che concernono le aziende speciali ed istituzioni, qualificati dal TUEL quali, rispettivamente, enti ed organismi strumentali degli enti locali: con l’evidente scopo di evitare alla radice ogni ipotesi di utilizzo dello strumento “azienda speciale” per finalità che potrebbero configgere con un corretto dispiegarsi delle forze concorrenziali, viene introdotta la specificazione secondo cui essa è finalizzata alla gestione di servizi diversi dai servizi di interesse economico generale (concetto di stretta matrice comunitaria, più amplio di quello di servizio pubblico locale di rilevanza economica). Per entrambi i soggetti è poi affermata la sottoposizione al patto di stabilità interno (con modalità da definire con decreto interministeriale da emanarsi entro il 30 giugno 2012), l’applicazione del codice dei contratti pubblici, nonché delle disposizioni che fissano a carico degli enti locali vincoli alle assunzioni di personale, al contenimento degli oneri per consulenza, alle partecipazioni societarie. L’onere di vigilanza è ribadito essere in capo agli enti locali.

Tra i settori interessati dal decreto liberalizzazioni, quello farmaceutico risulta particolarmente inciso in relazione alle modalità di accesso alla titolarità delle farmacie. Il numero delle autorizzazioni è stabilito in modo che vi sia una farmacia ogni 3.000 abitanti. Entro 120 giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge, le Regioni e le province autonome procederanno ad una approvazione straordinaria delle piante organiche delle farmacie. In deroga a quanto previsto dall’articolo 9 della legge 2 aprile 1968, n. 475, sulle sedi farmaceutiche di nuova istituzione non potrà essere esercitato il diritto di prelazione da parte del comune.

Altro aspetto di tutto rilievo è quello per il quale regioni e province autonome, sentiti l’unità sanitaria locale e l’ordine provinciale dei farmacisti, competenti per territorio, potranno istituire una farmacia: a) Nelle stazioni ferroviarie, negli aeroporti civili a traffico internazionale, nelle stazioni marittime e nelle aree di servizio autostradali ad alta intensità di traffico, servite da servizi alberghieri o di ristorazione; b) Nei centri commerciali e nelle grandi strutture di vendita con superficie superiore a 10.000 metri quadrati, purché non sia già aperta una farmacia a una distanza inferiore a 1500 metri. Fino al 2022, tutte le farmacie istituite nelle suddette aree saranno offerte in prelazione ai comuni in cui le stesse hanno sede.

Per quanto riguarda le tempistiche di realizzazione del rinnovato quadro ordinamentale in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica, la bozza di decreto restituisce, in parte, ossigeno alle gestioni in scadenza (pur ampliandone di fatto la base applicativa), modificando il termine previsto dal comma 32, lett. a), dell’art. 4 del d.l. 138/2011.

Cessano, improrogabilmente e senza necessità di apposita deliberazione dell’ente affidante, non più alla data del 31 marzo 2012, ma a quella del 31 dicembre 2012, gli affidamenti diretti relativi a servizi il cui valore economico sia superiore a 200.000 euro ovvero non conformi ai requisiti per l’in house, nonché gli affidamenti diretti che non rientrano nei casi di cui alle successive lettere e risultano anch’essi, perciò, difformi.

Il Governo, inoltre, in quello che pare un tentativo di imbonirsi l’ampia e delusa base di sostegno ai referendum abrogativi dello scorso giugno, ribadisce la non applicabilità delle restrittive novità introdotte al servizio idrico, così come il comma 34 del menzionato art. 4 si premurava di escludere detto servizio dall’ambito di applicazione. Rientra, invece, tra i servizi disciplinati dal d.l. 138 il trasporto ferroviario regionale. Va da sé che il nuovo lasso temporale a disposizione degli enti locali potrebbe consentire alla Consulta di esprimersi sui ricorsi presentati avverso l’art. 4 del d.l. 138, reo di avere reintrodotto nel nostro ordinamento ciò che i referendum avevano abrogato.

L’intervento governativo che sarà definito con l’emanazione del decreto liberalizzazioni, in definitiva, sembra quindi  delineare un quadro normativo di sfavore rispetto all’autonomia territoriale, a tutto vantaggio dell’apertura concorrenziale. Tuttavia, mentre l’impatto dei nuovi vincoli appare evidente, meno certi sembrano i margini di efficientamento di cui godrebbe il mercato. La scelta di favore verso una libera concorrenza “nel mercato”, sebbene inserita nell’ambito di una valutazione circa la conferibilità di diritti di esclusiva e conseguente affermazione di una concorrenza “per il mercato”, necessiterebbe di approfondimenti economico/tecnici che, al momento, non è dato intravedere, stante l’appiattimento delle disposizioni  sugli aspetti procedurali.

L’imposizione di nuovi e più elevati argini alle opzioni strategiche disponibili per le amministrazioni locali, al di là di ogni valutazione di metodo ed al fatto che venga proseguito quel sentiero di allentamento dall’espressione di volontà emersa dai referendum abrogativi del giugno 2011, richiederebbe, in altre parole, un fondamento motivazionale maggiormente articolato. I numerosi decreti ministeriali previsti in attuazione delle novelle normative descritte costituiranno, per parte loro, un significativo banco di prova in merito alla credibilità dei risultati perseguiti ed attesi.

Fabio Moretti
Ufficio Partecipazioni Comune di Arezzo
Autore di www.public-utilities.it

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