Licenziamento e Malattia: come fare per non rischiare di essere lasciati a casa

Redazione 15/12/15
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Un nuovo capitolo sul fronte lavoro si apre in caso di malattia: quando infatti, in tali circostanze, può scattare il licenziamento perché superato il periodo di comporto?

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DOPO QUANTI GIORNI DI ASSENZA SI VIENE LICENZIATI?

Con questo termine (periodo di comporto) si indica appunto l’arco temporale entro il quale il lavoratore che è in malattia ha diritto a conservare il posto di lavoro. Questo periodo può venire considerato in maniera unitaria, vale a dire corrispondente ad una sola assenza unitaria, il cosiddetto comporto secco, o viceversa attraverso un numero più elevato di assenze frazionate, il cosiddetto comporto per sommatoria.

Una volta oltrepassato tale periodo, però, non sussiste l’obbligo vincolante di procedere con il licenziamento del suddetto lavoratore, configurandosi per il datore di lavoro la sola facoltà.

Tuttavia, anche nel corso dello stesso arco temporale durante il quale non è possibile procedere al licenziamento, il datore di lavoro ha comunque la possibilità di licenziare il lavoratore in malattia se sussiste la giusta causa, ossia qualora la gravità della condizione che si viene creare sia tale da pregiudicare la prosecuzione del rapporto lavorativo (anche momentanea): un caso esemplificativo al riguardo può essere quello del dipendente che viene colto a commettere furti a danno dell’azienda per la quale presta servizio.

Come evitare allora di incappare nel licenziamento quando si è in malattia? Di seguito una disamina dai casi e di quanto stabilito dai contratti collettivi.

COSA CAMBIA A SECONDA DEI DIVERSI CONTRATTI COLLETTIVI?

La durata del periodo tutelato varia in base al contratto collettivo stipulato. Soltanto il comporto degli impiegati viene regolamentato dalla legge: quest’ultimo, infatti, può durare al massimo 3 mesi nel caso in cui l’anzianità di servizio non va oltre i 10 mesi, mentre può durarne 6 se i 10 mesi vengono superati, ovviamente fatte le opportune eccezioni qualora siano previste nei contratti collettivi condizioni più favorevoli.

Con riguardo, invece, alla categoria degli operai, la durata del periodo di comporto risulta demandata totalmente alla contrattazione collettiva.

1) CONTRATTO COLLETTIVO NAZIONALE DI LAVORO DELLA SCUOLA:

personale con contratto a tempo indeterminato: in questo caso sono previsti 18 mesi nel corso del triennio, oltre a 18 mesi ulteriori, però non retribuiti;

personale a tempo determinato: sono previsti 9 mesi, mentre 30 giorni per chi è assunto per supplenze limitate;

In tutti i casi, i giorni in cui il lavoratore viene ricoverato per malattie che possono mettere a rischio la sua vita, oppure per cause di servizio, non vengono contati nel periodo di comporto.

2) CONTRATTO COLLETTIVO NAZIONALE DI LAVORO DEL SETTORE EDILIZIO:

impiegati: per anzianità di servizio fino a 2 anni sono previsti 6 mesi, 9 mesi invece sono previsti se l’anzianità di servizio va dai 3 ai 6 anni, infine valgono 12 mesi se si superano i 6 anni. Qualora dovesse sussistere più di una singola malattia, sono previsti rispettivamente 9 mesi, 12 mesi e 15 mesi nell’arco di 30 mesi complessivi;

operai: sono previsti 9 mesi nell’arco di un periodo di 20 mesi;

3) CONTRATTO COLLETTIVO NAZIONALE DI LAVORO DEL COMMERCIO:

dipendenti che non sono in prova: sono stabiliti 180 giorni, tenendo conto che per i lavoratori a termine non potrà essere superata la data in cui il contratto scade;

dipendenti part-time: sono stabilite ulteriori previsioni che variano in base alla specifica tipologia contrattuale collettiva.

L’ISTITUTO DELL’ASPETTATIVA NON RETRIBUITA: DI COSA SI TRATTA?

I contratti collettivi, non di rado, prevedono l’aspettativa non retribuita, un istituto da mettere a disposizione per le situazioni più pesanti. Si tratta di un periodo ulteriore durante il quale è ammesso che il rapporto lavorativo possa continuare, senza però alcuna retribuzione.

Si tratta di un’opzione, tuttavia, non automatica, che va appositamente richiesta dal lavoratore e che lo stesso datore di lavoro ha diritto a rifiutare qualora (e soltanto in questo caso) riesca a dimostrare che sussistano ragioni valevoli, atte ad impedirne l’autorizzazione.

Si ricorda, inoltre, che il licenziamento derivante dal superamento del termine di comporto viene considerato illegittimo dall’orientamento giurisprudenziale dominante qualora il datore di lavoro non abbia preventivamente informato il lavoratore di poter far ricorso allo strumento dell’aspettativa.

Redazione

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