Riforma scuola: la carriera separata degli insegnanti di sostegno

Redazione 01/07/15
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Uno degli aspetti più controversi del disegno di legge “La Buona Scuola” riguarda una diversa formazione degli insegnanti specializzati di sostegno più mirata su diverse tipologie di disabilità, per i quali si adombra una carriera separata da quella dei colleghi curricolari. Emergono posizioni differenziate tra le associazioni dei disabili, favorevoli a un sostegno, e il mondo della pedagogia, orientato a un sostegno diffuso.

Su questo tema Giancarlo Cerini, direttore del bimestrale “Rivista dell’istruzione”, ha intervistato due dei massimi rappresentanti del mondo dell’integrazione scolastica: Salvatore Nocera, consulente FISH e Dario Ianes, Università di Bolzano (centro Erickson).

Riportiamo in anteprima per LeggiOggi alcune delle loro risposte; l’intervista sarà pubblicata integralmente nel n. 5-2015 (settembre-ottobre) di “Rivista dell’istruzione”.

 

Giancarlo Cerini:

In queste settimane si è riacceso il dibattito sulla figura del docente di sostegno, anche sulle prime pagine dei giornali e con l’intervento di grandi opinionisti. Da un lato si prende atto del rischio di una marginalità del docente di sostegno nella nostra scuola, dall’altro la sua possibile maggiore ‘specializzazione’ potrebbe portare a farne uno specialista estraneo alla vita della classe. Qual è la vostra opinione sulla necessaria evoluzione della figura di sostegno?

 

Dario Ianes:

La situazione dei circa 110.000 insegnanti di sostegno oggi impiegati nel nostro Paese[1] richiede urgentemente una evoluzione radicale e coraggiosa. Questa evoluzione è resa sempre più necessaria da fenomeni di degenerazione dei processi di integrazione degli alunni con disabilità, evidenti sia nelle ricerche che negli ultimi dieci anni hanno sottoposto laicamente, senza autocelebrazioni ideologiche, la realtà italiana a una analisi severa sia nel vissuto di molti, troppi, insegnanti e molte, troppe, famiglie di alunni con disabilità che si trovano a dover ricorrere al TAR per tutelare i loro diritti (vedi i rapporti ISTAT annuali). Si rilevano crescenti episodi di microesclusioni, nella forma pull out e push out, e massicce operazioni di delega di attività che dovrebbero essere collegiali (PEI, PDP) esclusivamente agli insegnanti di sostegno, sempre più in difficoltà professionale e personale. La necessaria evoluzione della figura dell`insegnante di sostegno deve però basarsi su due aspetti ineliminabili: la corretta interpretazione delle cause di tali processi degenerativi e la centralità dell`obiettivo di ogni prospettiva di cambiamento e cioè la realizzazione della migliore qualità possibile (nel senso dei risultati di apprendimento e partecipazione) dell`integrazione scolastica per gli alunni con disabilità.

 

Salvatore Nocera:

Non si può considerare l’evoluzione della professione del docente specializzato per il sostegno senza vedere in parallelo l’evoluzione della professionalità dei docenti curricolari. Infatti, specie nelle scuole secondarie, questi ultimi molto spesso delegano il progetto inclusivo ai soli docenti per il sostegno, essendo totalmente impreparati sulle didattiche inclusive.

Sino al 1986 le specializzazioni per il sostegno erano monovalenti (per ciechi, per sordi e per psicofisici); con le specializzazioni polivalenti si previde un congruo numero di ore per la preparazione sulle didattiche inclusive, che però è venuto sempre più riducendosi sino a scomparire; la specializzazione è divenuta general-generica, al punto che molte famiglie preferiscono ai docenti per il sostegno gli assistenti per l’autonomia e la comunicazione, che almeno sanno comunicare ad es. mediante il Braille con gli alunni ciechi, mediante la Lis con i sordi segnanti, con la lettura labiale coi sordi oralisti, con l’ABA con gli autistici. Occorre recuperare la competenza dei docenti specializzati nelle didattiche speciali.

 

 

Giancarlo Cerini

Nel disegno di legge “La Buona Scuola” è contenuta un’ampia delega per rivedere taluni aspetti delle politiche di integrazione scolastica. Quali potrebbero essere i vantaggi di un decreto legislativo che renda operativi i principi di tale legge. Qualcuno osserva che l’integrazione potrebbe compiere un vistoso passo indietro, ritornando all’idea di un intervento ‘speciale’ sul singolo, magari assai gradito ai genitori. Come stanno le cose?

 

Salvatore Nocera:

Tale rischio è assai forte oggi, poiché molti, troppi docenti curricolari, impreparati sulle didattiche inclusive, delegano ai colleghi per il sostegno l’alunno con disabilità, e i genitori, vedendo i propri figli abbandonati quando le ore di sostegno non coprono tutto l’orario di lezioni, fanno cause    avanti ai TAR per avere ore di sostegno pari alla durata dell’orario scolastico. I principi contenuti nel testo “La Buona Scuola” all’esame del Parlamento prevedono l’obbligo di formazione iniziale e in servizio dei docenti curricolari sulle didattiche inclusive e approfondimenti sulle didattiche speciali dei docenti specializzati; inoltre vengono definiti indicatori per valutare la qualità inclusiva nelle singole classi in cui dovranno collaborare docenti curricolari e specializzati, riferite non solo agli alunni con disabilità ma a tutti.

 

Dario Ianes:

“La Buona Scuola” prevede una delega al Governo sul tema dell` inclusione e della ridefinizione del ruolo degli insegnanti di sostegno. I punti oggetto della delega ricalcano i titoli della proposta di legge n. 2444, presentata dalla FISH e dalla FAND, che prevedono, tra altri aspetti positivi, la formazione universitaria separata e una specifica classe di concorso per il sostegno. Ma tutti i docenti e i ricercatori di pedagogia speciale, anche a seguito del Congresso nazionale di Messina del maggio 2015, hanno preso una netta posizione contraria all`ipotesi di percorsi universitari differenziati tra i futuri insegnanti curricolari e quelli di sostegno, convinti del fatto che una tale separazione avrebbe accentuato ancora di più i ben noti meccanismi di delega dell`alunno con disabilità al solo insegnante di sostegno. Per evitare soluzioni parziali, nei mesi concessi al Governo per elaborare il decreto su questi temi è assolutamente necessario il supporto di un tavolo tecnico partecipato dalle varie componenti che realizzano l`integrazione: insegnanti, tecnici, dirigenti, famiglie, ecc.

 

 

Giancarlo Cerini

Docenti di sostegno ‘per sempre’? È pur vero che spesso il servizio come di insegnante di sostegno viene utilizzato per facilitare l’accesso al ruolo docente, per poi transitare sui posti ordinari. Ma la prospettiva di rimanere ‘per sempre’, con una cattedra ad hoc, sul ruolo di sostegno è convincente? Cosa si può guadagnare e cosa si può perdere con questa scelta?

 

Dario Ianes:

Non è ragionevole pensare a un sostegno ‘per sempre’, ma non tanto perché si vuole che il sostegno rimanga una facile scorciatoia di accesso, o perché sia un lavoro particolarmente usurante, da cui si deve scappare velocemente (a queste tendenze talvolta alludono maliziosamente anche alcuni esponenti di spicco del mondo delle associazioni dei familiari), ma perché la flessibilità e una articolazione che può essere anche composita fa coincidere meglio i bisogni con le competenze necessarie. È assolutamente condivisibile l`obiettivo che si pongono le famiglie degli alunni con disabilità rispetto alla stabilità e alla continuità, evitando i continui cambiamenti, anche nel corso dell`anno, ma questo è un risultata da raggiungere con una intelligente attività di reclutamento e gestione del personale, non costringendo le persone a scelte troppo rigide.

 

Salvatore Nocera:

La separazione delle carriere farebbe operare ai futuri docenti specializzati una scelta professionale come la effettuano i colleghi curricolari per la propria disciplina. Coi ruoli separati i docenti che si specializzano per il sostegno sono docenti perché fanno da tramite ai colleghi curricolari per gli apprendimenti disciplinari sia agli alunni con disabilità grazie alle loro maggiori competenze nelle didattiche speciali, sia ai compagni nel facilitare, semplificandoli, i loro apprendimenti.

Si evita la discontinuità didattica, attuale pecca del sistema della possibilità di doppia cattedra

Si acquista un maggior rispetto da parte dei docenti curricolari verso i colleghi specializzati, senza i quali non sono in grado di comunicare seriamente nei casi di gravi disabilità e grazie ai quali riescono a semplificare gli apprendimenti per i compagni non disabili, in quanto essi studieranno per tre anni le didattiche delle singole discipline prima del biennio di specializzazione.

 


[1] Fonte: Servizio statistico MIUR, Focus Anticipazione sui principali dati della scuola statale, a.s. 2014-15, settembre 2014, dato stimato.

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