Gay Pride: dialogo sognante con Kafka e Sartre sulle famiglie omosessuali

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Stavolta le cose sono andate così. A una cena al circolo velico di Porto Corsini con vecchi compagni del glorio o inglorioso ‘68 il discorso è caduto sul difficile rapporto coi nostri padri. E uno dei compagni ci ricordò la lettura da me ormai dimenticata di due libri all’epoca molto importanti sull’argomento, Lettera al Padre di Kafka e Parole di Sartre. Forse in quel momento pensai che avrei dovuto riprenderli in mano ma di lì a poco il trebbiano cominciò a cambiarci le parole e i pensieri e ad allontanare da noi ogni inquietudine. Il ritorno, con mia moglie alla guida, fu estatico e a casa mi addormentai di colpo e feci questo sogno. Ero in Paradiso, ne ero certo. Nel cielo di un azzurro infinito e caldo mi accoglieva una veste bianca con la barba ma con un volto così luminoso che non riuscivo a distinguere chi fosse, certo un Santo, forse un Padre della Chiesa oppure uno dei grandi monaci del nostro Medioevo. Accanto a lui ,e stavolta li riconobbi chiaramente, proprio Kafka col suo abito da impiegato di inizio ‘900 e Sartre col vestito trasandato dell’intellettuale. Anche tu, Sartre, sei qui con tutti i tuoi peccati? mi scappò detto. Ricordati che questo è un sogno, ribattè, ma dimmi piuttosto dei miei concittadini francesi che mi sembrano tornati indietro all’800, perché secondo te sono così inferociti contro la legge per le unioni gay? A quanto so, risposi, lo sono soprattutto i movimenti cattolici per la famiglia perché credono ingiusto e pericoloso che una coppia omosessuale possa crescere ed educare un figlio o una figlia come una famiglia tradizionale, senza un padre e una madre. E che prove hanno? mi incalzò, se ci sono, tu che sei uno scienziato dovresti saperle? Nessuna vera al momento, risposi, i figli delle coppie gay sono ancora troppo pochi e troppo giovani di anni per trarne conclusioni sicure. Ma basta guardare al passato invece che al futuro per rassicurare tutti ed io e Franz qui ne siamo la dimostrazione vivente, si fa per dire, proseguì Sartre. La storia è piena di figli cresciuti senza padre o senza madre, allevati solo dalle mamme o dalle donne di casa, io sono uno di quelli. Che mio padre morì mentre ero in fasce per me fu una fortuna,se fosse vissuto mio padre si sarebbe steso lungo sopra di me e mi avrebbe schiacciato, come è successo al mio povero amico Franz, vero Franz? disse rivolto verso Kafka. Quello se ne stava chino e tristo che sembrava in Purgatorio piuttosto che in Paradiso e si limitò ad annuire e a sussurrare con una flebile voce che suo padre gli aveva sempre fatto paura ,che gli aveva rovinato la vita, guastandogli la sera al suo ritorno coi rimproveri e le accuse la bellezza del giorno trascorso con la madre. A quel punto dal volto luminoso uscì una voce come di canto che disse agli altri due, fortunato Jean che non hai avuto un Super-Io, mentre tu Franz, anima cara, hai vissuto un Edipo spaventoso che ti ha visto sconfitto nella tua lotta impari col padre. Allora dietro quel volto si celava l’anima di Freud, fatto santo per le opere di misericordia verso le sofferenze degli uomini, pensai tra di me, e colsi la palla al balzo. Se tu sei Sigmund, come deduco dai tuoi argomenti, devi convenire con me che avere due genitori dello stesso sesso e non diverso, può rendere difficile per un figlio sviluppare una identità maschile e per una figlia una femminile, c’è il rischio insomma che la differenza fra i sessi sia stravolta e che l’umanità si estingua senza amore e in questo forse sta la ragione della Chiesa Cattolica. Povero miscredente, riparlò la luce, se tu leggi il Vangelo tra sesso e amore c’è un filo sottile come tela di ragno, l’Amore di cui parla Cristo e di cui ha bisogno l’uomo ed il bambino è come quello degli angeli, non ha sesso ed è uguale per i discepoli come per Maddalena o per Maria o per il ladrone sulla croce, quanto all’umanità questa per la scienza è destinata a finire comunque come un’altra specie e per le Sacre Scritture finirà alla fine del mondo con la resurrezione dei corpi. Feci appena in tempo a pensare che allora era davvero un Santo o il Padreterno in persona che il cielo si oscurò in un baleno e vidi precipitare i due amici scrittori e me stesso in un inferno sempre più freddo dove il gelo come una lama mi tagliava a mezzo il corpo e un fragore assordante mi spappolava il cervello. Mi svegliai in un bagno di sudore con a fianco mia moglie che mi russava nelle orecchie e mi aveva piantato un ginocchio nel costato.

Francesco Ciotti

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