Tre amici al bar…che parlano di stamina

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Questa conversazione non è inventata, è del tutto vera, anche se gli amici in questione vogliono mantenere l’anominato e io li ho incontrati in maniera affatto casuale al bar della stazione di Cesena, mentre aspettavamo un treno in ritardo. Talora i ritardi servono e rallentare pure. Ciò che ho ascoltato mi pare interessante e utile e cercherò di riportarlo il più fedelmente possibile. Era molto che non li incrociavo i miei tre amici, sin dal tempo del liceo. Sapevo che due facevano i medici in ospedale e uno invece era diventato professore di filosofia all’università di Bologna. Uno dei due medici sosteneva che la medicina ha da essere scientifica e pubblica e che quindi con le tasse della collettività si possono pagare a ogni paziente solo le cure che il metodo scientifico e sperimentale ha dimostrato efficaci con un rigoroso studio campione-controllo. E che invece le cure non dimostrate efficaci, come l’omeopatia o le cure non specifiche come le cellule staminali per il complesso delle malattie del sistema nervoso in genere, non potevano essere assicurate dal servizio sanitario nazionale. L’altro medico non solo approvava, ma aggiungeva che da un lato vi erano cure sicuramente efficaci per la difesa della salute come i farmaci oftalmici e le cure dentarie, ingiustamente non assicurati dal sistema pubblico, e dall’altro vi era una massa di rimedi inefficaci come oligominerali o ormoni proposti da alcuni per condizioni quali l’autismo o il ritardo mentale naturalmente ignorati dal servizio pubblico. Il professore di filosofia fino ad allora aveva ascoltato in silenzio. Poi prese la parola timidamente e disse che a suo modesto parere i loro ragionamenti scientifici ignoravano i diritti della persona. Che esisteva anche una medicina narrativa e non scientifica, che esisteva anche una verità individuale e non solo statistica. Ad esempio facendo per un momento la mera congettura che il soggetto x.y. soffrisse di sclerosi multipla, chi avrebbe potuto dimostrare con assoluta certezza che la cura con le staminali non potesse far bene al suo proprio corpo e alla suo proprio stato mentale, proprio al suo e non a quello di una anonima percentuale? Perché lo Stato doveva negargli questa opportunità? I due medici all’unisono obiettarono a quella pura ipotesi che si sarebbe aperta una voragine, che già c’era, nei conti pubblici della sanità qualora il servizio pubblico avesse dovuto pagare a tutti anche le cure non sperimentate e i curanti senza curriculum scientifico quali maghi e stregoni. Il professore dopo l’ultimo sorso di caffè rispose che la voragine forse c’era ma che forse non era dovuta ai malati, ma alle spese militari inutili, agli sperperi della politica, all’evasione fiscale e…Ma non fece in tempo ad enumerare tutte le insufficienze dello Stato rispetto alla nostra Costituzione. L’altoparlante della stazione annunciò l’arrivo del treno atteso al binario due. Io e i due medici afferrammo le nostre borse e ci alzammo in fretta dalle nostre sedie. Il professore ,non capivamo perché, si alzò lentamente con una mano sul tavolino e l’altra sulla spalliera della sedia. Svolse il pastrano che aveva deposto sulla sedia e ne trasse fuori un bastone da passeggio. Al nostro sguardo perplesso rispose con un sorriso che da quindici anni aveva la sclerosi multipla e che doveva sbrigarsi per prendere l’ascensore del sottopassaggio per andare fino al binario due e che spesso l’ascensore non funzionava. L’ascensore non funzionava. I due medici ed io lo aiutammo ad attraversare direttamente i binari mentre un poliziotto imprecava. Anche io imprecavo sottovoce e mi facevo domande senza risposta.

 

Articolo scritto da Francesco Ciotti, pediatra e neuropsichiatra infantile, Associazione Culturale Pediatri (ACP)

Francesco Ciotti

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