TFR Colf 2020: come funziona, calcolo, anticipo, versamento. Le regole

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Mensilmente i lavoratori, sia del settore privato che pubblico, maturano una somma di denaro – denominata TFR o Trattamento di Fine Rapporto – erogabile, in via generale, alla cessazione del rapporto di lavoro ovvero, in casi particolari, in maniera anticipata. La norma fondamentale che disciplina l’emolumento in trattazione è l’art. 2120 del cod. civ. Il disposto normativo prevede espressamente che in ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore di lavoro ha diritto a un TFR, il quale si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso (salvo diversa previsione del CCNL), divisa per 13,5. La quota è proporzionalmente ridotta per le frazioni di anno (diviso in 12esimi), computandosi come mesi interi le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni.

Ma il TFR spetta anche al personale domestico, ossia alle colf e badanti? Naturalmente sì. Al pari dei lavoratori dipendenti, anche la menzionata categoria di lavoratori – pur godendo di un regime normativo distinto e separato rispetto alla generalità dei lavoratori dipendenti sotto diversi punti di vista – ha diritto all’istituto economico. Ma come funzione il TFR colf 2020? Come si calcola? È ammesso l’anticipo del TFR come per i lavoratori dipendenti? Ecco tutte le regole per orientarsi al meglio.

TFR Colf 2020: quando matura

Il primo aspetto da segnalare riguarda sicuramente la maturazione del TFR. Quando matura e quando non? Ebbene:

  • matura per ciascun giorno di lavoro che sia retribuito, quindi anche per i giorni di assenza per ferie, malattia, infortunio, maternità e congedo matrimoniale;
  • non matura nel caso in cui le assenze siano di tipo non retribuito, come nel caso dell’aspettativa non retribuita.

TFR Colf 2020: rivalutazione e modalità di calcolo

Ciò detto, ai fini del calcolo del TFR spettante occorre innanzitutto comprendere com’è composto l’importo del TFR maturato annualmente in capo al dipendente. In particolare esso si articola in due elementi:

  • quota capitale, calcolata applicando il divisore fisso 13,5 al totale delle retribuzioni annue;
  • quota finanziaria, pari alla rivalutazione dell’ammontare del fondo maturato al 31 dicembre dell’anno precedente.

Per quanto concerne la quota finanziaria, il TFR è incrementato, al 31 dicembre di ogni anno, con l’applicazione di un tasso costituito dall’1,5% in misura fissa e dal 75% dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, accertato dall’ISTAT, rispetto al mese di dicembre dell’anno precedente.

Con specifico riferimento al lavoro domestico, del TFR si occupa l’art. 40 del CCNL in esame, il quale – riprendendo quanto previsto dall’art. 2120 c.c., prevede che “in ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro, il lavoratore ha diritto a un trattamento di fine rapporto (T.F.R.) determinato, a norma della legge 29 maggio 1982, n. 297, sull’ammontare delle retribuzioni percepite nell’anno, comprensive del valore convenzionale di vitto e alloggio: il totale è diviso per 13,5”. Inoltre le quote accantonate vengono incrementate dell’1,5% annuo, mensilmente riproporzionato, e del 75% dell’aumento del costo della vita, accertato dall’ISTAT, con esclusione della quota maturata nell’anno in corso”.

Si ricorda, al riguardo, che ai fini dell’applicazione del tasso di rivalutazione per frazioni di anno, l’incremento dell’indice ISTAT è quello risultante nel mese di cessazione del rapporto di lavoro rispetto a quello di dicembre dell’anno precedente. Le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni si computano come mese intero.

Nel caso del personale domestico, il TFR è così calcolato:

  • retribuzione annua (composta dalle retribuzioni mensili e dalla tredicesima mensilità + quota convenzionale di vitto e alloggio) / 13,5.

A tale importo accantonato, andranno apportate le condizioni di rivalutazione annua dell’1,5% e del 75% dell’aumento del costo della vita, accertato dall’ISTAT, ad esclusione delle quote maturate nell’anno in corso.

Si ricorda, che la quota convenzionale di vitto e alloggio si calcola quando il lavoratore consuma due pasti al giorno e dorme in casa del datore di lavoro.

TFR Colf 2020: quando è possibile chiedere l’anticipo

Con riferimento al lavoro domestico, come specificato dallo stesso CCNL di settore, è possibile l’anticipo del TFR, prevedendo che “i datori di lavoro anticiperanno, a richiesta del lavoratore e per non più di una volta all’anno, il T.F.R. nella misura massima del 70% di quanto maturato”.

L’art. 2120 del cod. civ. prevede, in via generale, la possibilità di anticipo del TFR; infatti il prestatore di lavoro, con almeno otto anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro, può chiedere, in costanza di rapporto di lavoro, una anticipazione non superiore al 70% sul trattamento cui avrebbe diritto nel caso di cessazione del rapporto alla data della richiesta.

La richiesta può però essere effettuata solo in specifiche circostanze giustificatrici, ossia nei casi in cui sia necessario:

  • effettuare spese sanitarie per terapie o interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche;
  • acquistare la prima casa di abitazione per sé o per i figli, documentato con atto notarile.

Resta fermo che l’anticipazione può essere ottenuta una sola volta nel corso del rapporto di lavoro e viene detratta, a tutti gli effetti, dal trattamento di fine rapporto. Inoltre, il TFR deve essere corrisposto al lavoratore domestico in ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro, sia quando essa avvenga per scelta del datore di lavoro sia quando essa avvenga per dimissioni del lavoratore.

TFR Colf 2020: datore di lavoro o fondo? 

Così come per i lavoratori dipendenti, anche il personale domestico può decidere se lasciare il TFR al datore di lavoro, e riceverlo alla fine del rapporto di lavoro oppure in via anticipata, nei casi su illustrati, oppure destinarlo a ad un fondo di previdenza complementare.

> Destinazione Tfr 2020: conviene lasciarlo al datore o ai Fondi pensione? <

In estrema sintesi, se il TFR viene lasciato al datore di lavoro, esso non verrà tassato immediatamente ma solamente quando il lavoratore lo riceverà come liquidazione al termine del rapporto di lavoro. Il regime fiscale applicato è la cd. “tassazione separata” ad aliquota media degli ultimi 5 anni.

Nel secondo caso, invece, ossia nella fattispecie in cui il TFR rimane al Fondo pensione, l’importo non viene tassato quando il lavoratore lo riceverà come prestazione, che può essere in rendita pensionistica o, nei limiti previsti, in forma capitale. La tassazione, in genere, varia da un minimo del 9% a un massimo del 15%.

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