A farne le spese una banca del pescarese. I giudici, confermando la sentenza di primo grado del Tribunale di Pescara, hanno riconosciuto che il contestatario, un lavoratore, dipendente della Caripe, impiegato di banca addetto alla “movimentazione titoli”, dopo essersi rivolto al patronato provinciale della Inca Cgil di Pescara, è risultato affetto dalla singolare “sindrome pronatoria” procurata, da come si legge in sentenza, “da ‘overuse’ da mouse da computer”. La consulenza tecnica d’ufficio in primo grado, dal momento che in secondo non è stata rinnovata, ha stabilito che “l’insorgenza di tale malattia è da ritenersi determinata da fattori ‘morbigeni’ cui il dipendente bancario è stato esposto nell’esercizio della sua abituale attività lavorativa”. L’Inca Cgil tramite la causa è riuscita a dimostrare ”in maniera incontrovertibile che l’uso abituale e ripetuto del mouse del computer espone al rischio di contrarre la citata tecnopatia”, così validando un proporzionale risarcimento al dipendente.
La vicenda, come commentato dall’Inca Cgil, assume particolare rilievo dal momento che, oltre a costituire un caso emblematico (come detto, il primo accertato in Italia) sembra tracciare una nuova linea d’incontro rispetto alle recenti esigenze di tutela dalle malattie professionali che possono essere causate dall’uso massivo delle nuove tecnologie, in modo peculiare dei computer. È stata la dottoressa Antonella Bozzi, consulente medico dell’Inca Cgil, a dimostrare l’incontrovertibilità, così come sostenuto dal sindacato, che l’uso abituale e reiterato del mouse del pc espone al rischio di contrarre la suddetta tecnopatia.
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