Più che l’onor dell’autonomia poté il rischio del digiuno dei finanziamenti statali.
L’Assemblea Regionale Sicilia, com’era prevedibile, rinnega se stessa e approva l’emendamento grazie al quale i sindaci di Catania, Messina e Palermo diventeranno sindaci metropolitani.
Con due diverse leggi, approvate a scrutinio segreto a distanza di un anno l’una dall’altra, il Parlamento siciliano (si chiama così per ragioni storiche) aveva votato una propria disciplina per l’elezione del sindaco metropolitano.
A votare il sindaco metropolitano dovevano essere i primi cittadini ed i consiglieri comunali dei comuni che facevano parte dell’area metropolitana, coincidente con lo stesso territorio delle soppresse province.
L’A.R.S., in forza del terzo comma dell’art. 15 dello statuto speciale siciliano che attribuisce alla Regione competenza esclusiva in materia di ordinamento degli enti locali, aveva accettato di rinunciare all’elezione diretta del vertice politico dell’ente di area vasta, ma aveva previsto un’elezione di secondo livello.
La legge regionale n. 15 del 4 agosto 2015 e, poi, la legge regionale n. 5 del 1 aprile 2016, prevedevano l’elezione di secondo livello per il sindaco metropolitano.
Laddove, invece, la legge Delrio ha previsto che il sindaco del comune capoluogo (eletto, per altre finalità, solo dai cittadini della città più grande) svolga automaticamente attività di governo sul territorio della Città metropolitana.
Sia la L.r. n. 15/2015 che la L.r. n. 5/2016 sono state oggetto di un avvertimento d’impugnativa da parte del Governo nazionale che chiedeva alla Sicilia di recepire “autonomamente” l’intera architettura della L. 56 del 7 aprile 2014.
Malgrado non fosse chiaro quale norma costituzionale fosse violata dall’elezione di secondo livello della legge regionale, il Parlamento siciliano, con un ritardo di due anni, è arrivato a recepire in maniera sostanzialmente integrale la legge Delrio.
Su un piatto della bilancia c’era la strenua difesa dell’autonomia regionale ma dall’altro i cospicui finanziamenti previsti per le città metropolitane, che un contrasto costituzionale poteva compromettere, nonché il destino dei dipendenti delle ex province regionali.
Adesso i primi cittadini di Palermo, Catania e Messina saranno sindaci metropolitani senza dovere passare dalle elezioni, neppure di secondo livello. La legge sarà, a breve, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Regione Sicilia.
I 645.000 abitanti della città metropolitana di Messina, ad esempio, hanno di fatto delegato ai soli 240.000 abitanti del comune capoluogo il potere di scegliere il sindaco metropolitano.
In oltre 400.000 abitanti hanno perso la possibilità di scegliere il sindaco metropolitano, seppure attraverso l’intermediazione di consiglieri e sindaci che avevano eletto.
Con l’aggravante che, in sede di prima applicazione della legge, nemmeno i 240.000 abitanti di Messina sapevano di votare sia per il sindaco della loro città che per il sindaco metropolitano.
L’emendamento che accoglie integralmente la Delrio è passato con il voto favorevole di 34 deputati regionali su 62 votanti, il voto contrario di 27 ed un astenuto. I 14 deputati regionali del M5S non hanno partecipato alla votazione, poiché contrari al recepimento della legge nazionale (con il loro voto l’emendamento non sarebbe passato) ma decisi a non supportare nessuna della fazioni contrapposte.
Subito dopo l’approvazione dell’emendamento che recepisce la Delrio, è partita una trattativa con il Governo nazionale sulla questione che riguarda il personale delle ex Province.
Il piano della Regione prevede la pensione anticipata per mille dipendenti. Il problema del trasferimento del personale in esubero delle ex Provincia ai Comuni, si scontra con l’altro grande problema siciliano che è quello della stabilizzazione del personale precario.
Se si dà priorità alla mobilità del personale in esubero delle ex Province non si riesce a trasformare il contratto di lavoro di 23.000 dipendenti da tempo determinato in indeterminato.
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