Vediamo quali possano essere questi casi:
1) occorre che il mediatore sappia interloquire con i due (o più) possibili avvocati quando per la conciliazione non basta avvicinare le posizioni e le pretese delle parti ma anche eliminare qualche pretesa palesemente infondata che è di ostacolo al raggiungimento di un accordo. Il mediatore deve sapere individuare le richieste (o le parti di richieste) che vanno tolte dal tavolo della mediazione (senza, spesso, particolari problemi, essendo noto anche alla parte ciò che è stato chiesto senza particolare fondamento) e deve sapere distinguere queste ultime ben valutando le argomentazioni giuridiche addotte dagli avvocati delle parti. Una conoscenza giuridica è spesso essenziale, soprattutto in relazione a controversie relative a materie di natura tecnica (es. divisioni ereditarie), per potere comprendere a quale punto può collocarsi una buona conciliazione, che sia “proponibile” agli avvocati e “digeribile” dalle parti;
2) occorre che il mediatore sappia interloquire bene con l’avvocato di una parte quando l’altra parte è priva di difensore ed ha quindi bisogno, affinché si raggiunga una soluzione veramente equa, che un soggetto competente riesca a comprendere la bontà, l’equità e la convenienza, anche alla luce del quadro giuridico di riferimento della lite, della proposta della parte difesa da un legale o sappia trovare il giusto punto di intesa, tenuto conto delle questioni giuridiche sottese alla controversia. Solo un mediatore competente sotto un profilo tecnico-giuridico può risultare un vero organo di garanzia per la parte che si è presentata al procedimento di mediazione priva di difesa tecnica. In proposito si consideri che in uno dei “considerando” della Raccomandazione 98/257/CE della Commissione del 30 marzo 1998 riguardante i principi applicabili agli organi responsabili per la risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo si afferma “che, per accrescere l’efficacia e l’equità della procedura, è opportuno attribuire all’organo competente un ruolo attivo che gli consenta di prendere in considerazione tutti gli elementi utili alla risoluzione della controversia; che questo ruolo attivo risulta ancora più importante per il fatto che, nel quadro delle procedure extragiudiziali, le parti agiscono spesso senza godere dell’assistenza di un consulente giuridico”;
3) occorre che il mediatore sappia comprendere i provvedimenti cautelari o possessori eventualmente già emessi dal giudice o quelli, sempre emessi dall’autorità giudiziaria, ex art. 665 c.p.c. (ordinanza provvisoria di rilascio o rigetto della stessa) o ex artt. 648-649 c.p.c. (concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo), provvedimenti che già tracciano la strada del possibile esito del giudizio di merito. Senza considerare che forse sarebbe stato meglio escludere del tutto la conciliazione obbligatoria nei casi in cui si è già avuto un provvedimento giudiziario;
4) il verbale di conciliazione può essere omologato dal Presidente del Tribunale se non è contrario all’ordine pubblico o a norme imperative (art. 12 d.lgs. 28/10) ed è quindi necessario che il mediatore abbia le competenze necessarie per redigere un verbale (e fare concludere alle parti un contratto) immune da tali vizi;
5) diverse materie tra quelle rientranti nella mediazione obbligatoria richiedono cognizioni tecnico-giuridiche anche per la redazione del verbale di conciliazione. E così, ad esempio, un verbale di conciliazione relativa ad una causa di divisione ereditaria può richiedere conoscenze in merito alla spettanza delle quote ereditarie, alla disciplina dei miglioramenti tra coeredi, all’incidenza della regolarità urbanistica sullo scioglimento della comunione ordinaria ed ereditaria secondo la giurisprudenza di legittimità, al regime delle fruttificazioni, alla collazione, all’esistenza di servitù, ecc.;
6) la proposta formulata dal mediatore ex art. 11 d.lgs. 28/10 può richiedere, se è già chiaro che è del tutto da escludere la conciliazione della lite, una capacità (tecnico-giuridica) di anticipazione del possibile futuro contenuto della decisione conclusiva dell’eventuale giudizio di merito;
7) la Raccomandazione 98/257/CE della Commissione del 30 marzo 1998 riguardante i principi applicabili agli organi responsabili per la risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo (che ha riguardo alle controversie in materia di consumo, ma che, in realtà, contiene, principi che possono ritenersi estesi, in generale, ai procedimenti di ADR) prevede che la persona designata debba possedere “la capacità, l’esperienza e la competenza, in particolare in materia giuridica, necessarie allo svolgimento delle sue funzioni”.
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