Ma quale sciopero delle Forze dell’Ordine e delle Forze Armate! E’ solo propaganda.

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Il Governo Renzi, con presupposti e modalità diverse dal precedente Governo Monti, sta abituando la Nazione (composta da un popolo sovrano su un determinato territorio e mi sembra superfluo sottolinearlo rispetto al potere politico delegato al “Primo Ministro”), specialmente negli ultimi mesi, con altalenanti annunci e provvedimenti, ad ingoiare qualsiasi “rospo”.

 

L’ultimo in ordine di tempo è il perdurare del blocco degli stipendi degli statali, tra cui sono compresi gli uomini e le donne in divisa, tutti questi accomunati in un settore della PA sotto il titolo di “Comparto Sicurezza e Difesa”.

 

Proprio su questi servitori dello Stato i precedenti governi Berlusconi, Monti, Letta, dimenticandosi che l’ultimo contratto di lavoro per il comparto risale al 2009, hanno istituito e prorogato per ben 5 anni il blocco stipendiale, abbattendo così il loro potere salariale, soprattutto delle fasce sotto pagate, almeno rispetto ad altri paese dell’UE dove anche per meccanismi salariali diversi gli stessi ruoli hanno una retribuzione almeno del 30-40% superiore, mentre per i gradi di vertice e poco sottostanti, hanno mantenuto emolumenti suppletivi vergognosi come la S.I.P [1]; tanto per non far dimenticare alla base lavorativa quanto efficacemente affermava Napoleone nel suo adagio: “La truppa si lamenta aumentate il soldo ai generali!”.

 

Ovviamente la reiterazione di questo blocco salariale, soprattutto quando le promesse pre elettorali erano state di tutt’altro tenore, tanto che come Sottosegretario alla Difesa è stato, posto in questo Governo Renzi, proprio un Generale dell’Esercito, che peraltro era stato contemporaneamente membro dello Stato Maggiore della Difesa e presidente del Cocer Interforze (organismo di rappresentata militare centrale) con una conflittualità d’interessi lapalissiana, ha fatto scaldare gli animi soprattutto di coloro che si ritengono i rappresentanti sindacali delle FF OO e militari delle FF AA.

 

Provocatoriamente alcune sigle sindacali delle Forze di Polizia e anche il Cocer interforze, hanno così annunciato per fine settembre la possibilità di uno sciopero nazionale, mentre la CGIL  la UIL e al CISL hanno tuonato in forma molto marginale nell’ambito del fermo salariale di tutto il settore del pubblico impiego.

 

A prescindere comunque dalla concretezza dell’annuncio e della sua futura realizzazione pratica, perché sarebbe in ogni caso la prima volta che questo segmento (uno tra i più sensibili) della macchina statale realizzi uno sciopero così come inteso per tutti gli altri lavoratori e sicuramente, come succede per questi, non tutte le sigle sindacali ed i lavoratori stessi del settore aderirebbero, l’atto potrebbe essere interpretato giuridicamente come un atto sovversivo contro lo Stato.

 

Difatti, le norme che regolamentano e disciplinano la figura istituzionale dell’appartenente alle FF AA ed alle FF OO, di cui per legge [2] fanno parte anche l’Arma dei CC e della Guardia di Finanza, pur essendo oggettivamente e funzionalmente appartenenti alle Forze Armate Italiane, non prevedono un’ipotesi del genere, anzi in tutti i casi espressamente la vietano e pertanto violare la legge ad opera di un intero o parziale settore di quelle Forze chiamate a tutelare l’Ordine e la Sicurezza Pubblica, nonché l’integrità stessa della Nazione, si può solamente identificare come un primo passo verso un atipico “golpe”.

 

E’ vero che in altri paesi della CE (Svezia e Austria) e non (la Macedonia) sia per le FF OO che per le FF AA, oltre ai diritti sindacali, è permesso lo sciopero, ma questo è permesso secondo particolari modalità di astensionismo dal lavoro, ricomprese all’interno di quei canoni di correttezza istituzionale propria di questo tipo di Corpi Armati dello Stato.

 

Ad esempio in Macedonia i militari possono scioperare per sei giorni all’anno rimanendo in caserma, con la riserva solo d’intervento in caso di grave pericolo nazionale.

 

In Italia le cose stanno invece diversamente rispetto a buona parte dei paesi della CE, infatti in più della metà dei paesi membri sono stati concessi diritti sindacali sia alle FF OO che alle FF AA addirittura sin dal 1835, mentre in Italia le FF OO hanno avuto la sindacalizzazione solo nel 1981 con la Legge n. 121, e per le FF AA questo diritto, previsto “erga omnes” dall’art. 39 della Costituzione, è tutt’ora tassativamente negato.

 

Anche il diritto di sciopero è previsto dalla Costituzione per tutti, ma “calmierato” [3] genericamente con espressa riserva di legge, per tutelare appositamente altri interessi e diritti collettivi, costituzionalmente previsti, quali ad esempio, nel caso di specie, quelli alla libertà ed alla sicurezza, alla libertà di circolazione degli altri cittadini [4].

 

Detto questo, a monte esiste in ogni caso l’assenza di ogni tipo di legittimazione all’esercizio del diritto allo sciopero sia per le Forze di Polizia che per le Forze Armate, tant’è che per le prime, seppur è previsto  l’esercizio  dei  propri  diritti sindacali, anche se con riserve particolari [5], è altresì tassativamente previsto il divieto di sciopero [6].

 

Contravvenire a tale disposizione significherebbe per le Forze di Polizia, rientranti nella normativa n. 121 del 1981, ricadere direttamente, per le modalità ed i tempi di manifestazione e sciopero, nelle espresse previsioni di cui agli artt. 68 [7], 72 [8], 73 [9] e 74 [10], le cui pene risultano estremamente pesanti ed il cui esito potrebbe portare anche alla risoluzione del rapporto d’impiego.

 

Ciò al di fuori di un’ipotesi peggiore quale quella prevista dall’art. 284 [11] del codice penale e che a quel punto permetterebbe di palesare un vero e proprio “golpe”.

 

Per le Forze Armate le cose sono ancora più complesse, considerato che per gli appartenenti ad esse sono addirittura precluse tout court, all’origine, le vie sindacali, anche di altra specie, come avviene invece nel Regno Unito dove i militari si possono iscrivere a sindacati esterni (nella maggior parte s’iscrivono a quello dei ferrovieri), ai sensi dell’art. 1475 [12] c. 2 del Codice dell’Ordinamento Militare e di conseguenza, a maggior ragione, ai sensi del successivo c. 4, gli è vietato di scioperare.

 

Anche per loro contravvenire a tale divieti comporta pesanti conseguenze, primariamente di natura disciplinare, successivamente di carattere amministrativo, fino alla destituzione dall’impiego, mentre per le modalità ed i tempi dell’eventuale attività sindacale di sciopero si aprono i baratri dell’ordinamento Penale Militare e per cui sono approntati interi titoli del libro II (dai reati contro la fedeltà e la difesa militare, a quelli contro la disciplina ed il servizio militare).

 

Appare ovvio, in un contesto del genere, a meno che non si prepari un colpo di stato sui generis, in cui dei poteri armati dello stesso, per questioni prettamente economiche, vogliono sovvertire quell’ordine democratico a cui sono vincolati per la sua tutela dal giuramento solennemente prestato, che le affermazioni di una preparazione e realizzazione di uno sciopero dell’intero comparto sicurezza e difesa, a fine settembre, sembra proprio solo propaganda e della peggio specie, considerato il motivo del contendere rispetto agli alti valori morali ed etici su cui si regge il Comparto Sicurezza e Difesa!

 

 


[1] La Speciale Indennità Pensionabile, introdotta dall’art. 5 della legge 01/04/1981, n.121, a favore del Capo della Polizia – Direttore Generale della P.S., è stata estesa dall’art.11-bis del D.L. 21/09/1987, n.387, convertito, con modificazioni, nella legge 20/11/1987, n.472, a:

  • Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri;
  • Comandante Generale della Guardia di Finanza;
  • Direttore Generale per gli Istituti di Prevenzione e Pena (ora Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria);
  • Direttore Generale per l’economia montana e per le foreste (ora Capo del Corpo Forestale dello Stato).

[2]Legge 1 Aprile 1981, n. 121 Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 10 aprile 1981, n. 100. “Nuovo ordinamento dell’Amministrazione della pubblica sicurezza.”.

Articolo 16. Forze di polizia

1. Ai fini della tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, oltre alla polizia di Stato sono forze di polizia, fermi restando i rispettivi ordinamenti e dipendenze:

a) l’Arma dei carabinieri, quale forza armata in servizio permanente di pubblica sicurezza;

b) il Corpo della guardia di finanza, per il concorso al mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica.

2. Fatte salve le rispettive attribuzioni e le normative dei vigenti ordinamenti, sono altresì forze di polizia e possono essere chiamati a concorrere nell’espletamento di servizi di ordine e sicurezza pubblica il Corpo degli agenti di custodia e il Corpo forestale dello Stato.

3. Le forze di polizia possono essere utilizzate anche per il servizio di pubblico soccorso.

[3] Ad esempio vds. la legge 12 giugno 1990, n. 146, recante «Norme sull’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali» (G.U. 14 giugno 1990, n. 137).

[4] Legge 12 giugno 1990, n. 146, recante «Norme sull’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali» Articolo 1.

1. Ai fini della presente legge sono considerati servizi pubblici essenziali, indipendentemente dalla natura giuridica del rapporto di lavoro, anche se svolti in regime di concessione o mediante convenzione, quelli volti a garantire il godimento dei diritti della persona, costituzionalmente tutelati, alla vita, alla salute, alla libertà ed alla sicurezza, alla libertà di circolazione, all’assistenza e previdenza sociale, all’istruzione ed alla libertà di comunicazione.

[5] Legge 1 Aprile 1981, n. 121 Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 10 aprile 1981, n. 100. “Nuovo ordinamento dell’Amministrazione della pubblica sicurezza.”.

Articolo 82. Diritti sindacali

Gli appartenenti alla Polizia di Stato hanno diritto di associarsi in sindacati.

Essi non possono iscriversi a sindacati diversi da quelli del personale di polizia né assumere la rappresentanza di altri lavoratori.

Gli appartenenti alla Polizia di Stato, fuori dell’orario di servizio, possono tenere riunioni anche in divisa:

a) in locali di pertinenza dell’amministrazione, messi a disposizione dalla stessa, che fissa le modalità d’uso;

b) in luoghi aperti al pubblico.

Possono tenersi riunioni durante l’orario di servizio nei limiti di dieci ore annue. I dirigenti della Polizia di Stato hanno facoltà di fissare speciali modalità di tempo e di luogo per il loro svolgimento.

[6] Legge 1 Aprile 1981, n. 121 Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 10 aprile 1981, n. 100. “Nuovo ordinamento dell’Amministrazione della pubblica sicurezza.”.

Articolo 84. Divieto di esercizio del diritto di sciopero

Gli appartenenti alla Polizia di Stato non esercitano il diritto di sciopero né azioni sostitutive di esso che, effettuate durante il servizio, possano pregiudicare le esigenze di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica o le attività di polizia giudiziaria.

[7] Legge 1 Aprile 1981, n. 121 Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 10 aprile 1981, n. 100. “Nuovo ordinamento dell’Amministrazione della pubblica sicurezza.”.

Articolo 68. Doveri fuori servizio per gli appartenenti all’Amministrazione della pubblica sicurezza

Gli appartenenti ai ruoli dell’Amministrazione della pubblica sicurezza sono comunque tenuti, anche fuori dal servizio, ad osservare i doveri inerenti alla loro funzione.

[8] Legge 1 Aprile 1981, n. 121 Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 10 aprile 1981, n. 100. “Nuovo ordinamento dell’Amministrazione della pubblica sicurezza.”.

Articolo 72. Abbandono del posto di servizio

L’appartenente alla Polizia di Stato che, nel corso di operazioni di polizia o durante l’impiego in reparti organici, abbandona il posto o il servizio, o viola l’ordine o le disposizioni generali o particolari impartite, è punito con la reclusione fino a tre anni.

La reclusione è da uno a quattro anni se il fatto è commesso:

1) durante il servizio di ordine pubblico o di pubblico soccorso;

2) nella guardia a rimesse di aeromobili o a depositi di armi, munizioni o materie infiammabili od esplosive;

3) a bordo di una nave o di un aeromobile;

4) col fine di interrompere la continuità e la regolarità del servizio;

5) da tre o più appartenenti alla Polizia di Stato in concorso tra loro;

6) da un comandante di reparto o dal dirigente di un ufficio o servizio.

Se dal fatto deriva l’interruzione del servizio o grave danno la pena è della reclusione da due a cinque anni

[9] Legge 1 Aprile 1981, n. 121 Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 10 aprile 1981, n. 100. “Nuovo ordinamento dell’Amministrazione della pubblica sicurezza.”.

Articolo 73. Rivolta

Fuori della ipotesi prevista dall’articolo 284 del codice penale, sono puniti con la reclusione da tre a dieci anni gli appartenenti alla Polizia di Stato che, riuniti in numero di cinque o

più:

1) prendono arbitrariamente le armi e rifiutano di obbedire all’ordine di deporle, intimato da un superiore;

2) rifiutano di obbedire all’ordine di un superiore di recedere da gravi atti di violenza.

La pena per chi ha promosso, organizzato o diretto la rivolta è della reclusione non inferiore a cinque anni.

[10] Legge 1 Aprile 1981, n. 121 Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 10 aprile 1981, n. 100. “Nuovo ordinamento dell’Amministrazione della pubblica sicurezza.”.

Articolo 74. Associazione al fine di commettere il delitto di rivolta

Quando cinque o più appartenenti alla Polizia di Stato si associano allo scopo di commettere il delitto di rivolta, se il delitto non è commesso la pena è della reclusione da uno a quattro anni.

Non sono punibili coloro che impediscono l’esecuzione del delitto.

[11] Art. 284 c.p. (Insurrezione armata contro i poteri dello Stato)

Chiunque promuove un’insurrezione armata contro i poteri dello Stato è punito con l’ergastolo e, se l’insurrezione avviene, con la morte.
Coloro che partecipano all’insurrezione sono puniti con la reclusione da tre a quindici anni; coloro che la dirigono, con la morte.
L’insurrezione si considera armata anche se le armi sono soltanto tenute in un luogo di deposito.

[12] Decreto Legislativo 15 marzo 2010, n. 66 Codice dell’Ordinamento Militare

Art. 1475 Limitazioni all’esercizio del diritto di associazione e divieto di sciopero

1. La costituzione di associazioni o circoli fra militari è subordinata al preventivo assenso del Ministro della difesa.

2. I militari non possono costituire associazioni professionali a carattere sindacale o aderire ad altre associazioni sindacali.

3. I militari non possono aderire ad associazioni considerate segrete a norma di legge e a quelle incompatibili con i doveri derivanti dal giuramento prestato.

4. I militari non possono esercitare il diritto di sciopero.

Carmelo Cataldi

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