Il legislatore italiano stenta a mantenere il passo con i tempi che hanno cambiato la vita di relazioni nella società. Prevalgono interessi di gruppi o di clientela politica o peggio ancora interessi di casta curati e gestiti dai soliti galoppini, pronti ad aggiungere o togliere una parola, spostare la virgola o il punto e virgola nel momento in cui viene formulata la norma. Tanto basta a cambiare il senso della frase e a scaricare la responsabilità attuativa sugli operatori del diritto, costretti a discutere sulla interpretazione autentica, restrittiva o estensiva.
Mentre il medico studia l’ammalato muore e la famiglia irreversibilmente sta attraversando questa fase Il Decreto legislativo 154 di fine anno, in attuazione della delega parlamentare sulla filiazione , che entrerà in vigore il 7 febbraio prossimo, ha messo la parola fine sulla diatriba dei diritti dei minori e sui conflitti di coppia. La legge 54 del 2006 sull’affidamento condiviso, mai attuato, è stata svuotata di contenuto e messa da parte con un colpo di mano di fine anno.
Il legislatore, dopo l’introduzione del reato di femminicidio, colto in piena estate, il 14 agosto, quando tutti erano al mare, ne ha fatto un’altro a fine anno, mentre gli italiani brindavano per l’arrivo del nuovo. Con la novella normativa è stato restaurato il solo diritto per il genitore collocatario e deciso che l’altro deve stare “ a cuccia “ e deve solo “pagare “. E’ stato cancellato il conflitto, con opportuni rimaneggiamenti normativi ed è stato, con sottile garbo, consigliato all’avvocatura di specializzarsi in altre materie, perché il genitore non collocatario, quasi sempre il padre, non ha più diritti.
Gli avvocati saranno solo di genere femminile, come i magistrati e le procedure saranno una pura e semplice prassi di rito, del tipo burocratico. Come si dice in gergo è cessata la materia del contendere. Un cambio di passo richiede una forte presa di posizione, rivoluzionaria, da parte di tutte quelli che hanno a cuore la difesa dei diritti, mettendo in atto una azione forte a tempo indeterminato capace di fermare il Paese. Esaminiamo l’aspetto che la nuova normativa ha riguardato i nonni. Guarda caso, l’attento legislatore ha prestato più attenzione ad essi che ad uno dei genitore, “fatto fuori “ dal diritto di famiglia. MA vediamo come e con quali effetti.
La precedente norma, art 155 c.c, intitolata.”provvedimenti riguardo ai figli” parlava del diritto del figlio di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori… e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale. Al secondo comma veniva data delega al giudice di disciplinare la materia in sede di separazione, in considerazione delle situazioni conflittuali.
Una magistratura attenta avrebbe potuto in questa fase adottare prescrizioni e fissare una idonea direttiva sanzionatoria, per assicurare l’equilibrio dei rapporti e garantire il superiore interesse del minore, imponendo il rispetto del valore assoluto del principio della famiglia, anche a quella cosiddetta allargata. Invece la magistratura minorile è entrata nella guerra di genere col piede armato del bagaglio della cultura personale, sotto la spinta di stimoli sensitivi di “stampo” femminista. Il disastro è sotto gli occhi di tutti e continuiamo a pagare milioni di euro per gli errori giudiziari sanzionati dall’Europa. E quelli che sbagliano e continuano a sbagliare siedono ancora al loro posto, intoccabili e pronti a sbagliare e a fare altri danni incalcolabili. A fine d’ anno, il Governo, abusando della delega conferita con la legge 219/2012, senza aprire il pacchetto di norme bene confezionato dalla Commissione Bianca, lo approva e lo manda al Presidente della Repubblica per la firma. Il Gran Vegliardo, garante dei principi costituzionali, il giorno dopo capodanno, di corsa lo firma.
Che cosa è accaduto per i nonni? E’ accaduto che per questi è stato usato un trattamento di favore( si fa per dire). Il legislatore ha trattato l’argomento con una norma nuova, l’art 317-bis nel D:Lsvo 154 del 28 dicembre 2013, intitolandolo “rapporti con gli ascendenti “. Ma leggiamo il contenuto “ Gli ascendenti hanno diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni. L’ascendente al quale è impedito l’esercizio di tale diritto può ricorrere al giudice del luogo di residenza abituale del minore affinché siano adottati i provvedimenti più idonei nell’esclusivo interesse del minore. Si applica l’articolo 336, secondo comma “. Prescindiamo dal valore della grammatica e della sintassi, purtroppo con i nuovi innesti culturali ci siamo abituati anche al nuovo linguaggio. La norma è una presa per i fondelli per tante persone anziane che pensano di avere vinto la battaglia dopo lunghissime attese nei tribunali di genere.
Che cosa è cambiato ? Nella precedente norma, art 155 c.c, il diritto era stato riconosciuto in testa al minore e sappiamo come è finito. Sono scomparsi nella nuova norma ,art.317-bis, i parenti di ciascun ramo genitoriale. Zii, fratelli, cugini non esistono più. Per il nuovo legislatore esiste solo un genitore, la madre e i nonni; gli altri devono stare ad assistere alle vicende e fare solo il tifo. Ma c’è di più. Essendo stato privilegiato il genitore collocatario, i nonni dell’altro ramo, potrebbero subire le conseguenze e quindi vedersi negati il diritto, dalla magistratura di genere. Così il minore vivrà, senza fastidi, in un solo ambiente familiare. D’altra parte con la rivoluzione dell’aggiunta del cognome della madre o del suo solo cognome, la teoria femminista si muove in questa direzione.
Al secondo comma la norma continua. “In caso di impedimento dell’esercizio del diritto, i nonni possono rivolgersi al giudice del luogo di residenza abituale del minore… Fatta la legge, trovato l’inganno, è il motto che corre nelle aule di giustizia e negli studi degli operatori del diritto. Già è accaduto. Il 12 gennaio di quest’anno la moglie separata di un mio assistito, ha comunicato di essersi trasferita in una città del nord, stabilmente per ragioni di lavoro. Secondo il legislatore i nonni, distanti oltre 1000 chilometri, che non vedono il bambino già da un anno, per assurde, incivili resistenze della madre del bambino, dovrebbero fare ricorso al Tribunale dei minori di quella città. Nel frattempo, la signora, appena viene a conoscenza della notizia, sposta la residenza in un’altra città e lo può fare, per la buona posizione economica, mettendo le persone anziane a correre da un Tribunale all’altro, fino a stancarle e a farle morire dal dolore. Altre considerazioni alternative di rimedi, trovano il tempo che trovano e con magistrati che difettano,per i più, di coraggio. Invece l’equilibrio si poteva salvare, prevedendo la possibilità per i nonni di ricorrere al giudice del luogo della residenza del ricorrente.
Questa diversa disposizione, avrebbe fatto da deterrente, avrebbe mitigato le questioni e avrebbe fatto effettivamente il superiore interesse del minore. Da quando è cominciato lo sfaldamento istituzionale e l’attacco alla Carta Costituzionale si è inserita nella vita vita pubblica una cultura tesa a sopprimere valori, principi, diritti generali e interessi collettivi. Con questo imbroglio normativo assisteremo sicuramente al crescente aumento di crimini e di autodistruzione di genere, con conseguenze che pagheranno solo i minori e la società e chissà che il dramma “della Bassa Valle d’Aosta” non sia addebitabile a questa stortura.
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