Ecco alcuni passaggi del suo intervento a Terni del 6 settembre.
– Il processo di riordino in corso e la possibilità di spostare Comuni da una Provincia all’altra
«Ci sono – ha spiegato il Ministro – dei requisiti minimi che devono essere posseduti a luglio 2012 perché un territorio possa costituire una Provincia (dovrebbero essere i requisiti previsti dalla deliberazione del Consiglio dei Ministri del 20 luglio 2012: 350 mila abitanti e 2.500 km quadrati). Naturalmente questo fa parte di un processo di riorganizzazione generale che riguarda l’intero territorio nazionale e che è calibrato sull’individuazione di un ambito di area vasta che garantisca la migliore erogazione di servizi ai cittadini».
Quindi?
La risposta non brilla per chiarezza…
Manca ogni riferimento alle previsioni sulla città metropolitana. Ma è comprensibile visto che l’intervento si svolgeva a Terni.
I CAL (o organismi equivalenti) e le Regioni possono trasmettere al Governo proposte di “riordino” che motivatamente si discostino dai requisiti minimi fissati dal Governo il 20 luglio?
Il Governo, nel proprio “atto legislativo di iniziativa governativa” (nuova figura giuridica prevista dall’art. 17, comma 6, della Legge 135/2012) terrà conto delle proposte motivate di “deroga” trasmesse dalle Regioni, finalizzate ad individuare gli ambiti di area vasta che, alla luce di specifiche peculiarità territoriali, garantiscano la migliore erogazione di servizi ai cittadini?
Sarebbe stato interessante comprendere dal Ministro su quali valutazioni sono stati individuati gli ambiti ottimali che possano garantire tale “migliore erogazione di servizi ai cittadini”.
Ma di questo, ancora una volta, non vi è traccia, perché manca ogni riferimento alle funzioni e ai servizi che le Province svolgono oggi e quelli che dovrebbero svolgere, secondo logica, in modo ancora più efficiente dopo il riordino.
Finché si discuterà solo di confini territoriali senza considerare contestualmente le funzioni ogni analisi resterà sterile e monca.
– La spiegazione del Ministro continua così
«Naturalmente – spiega Patroni Griffi – questo processo non può intaccare il diverso e distinto processo di modifica delle circoscrizioni provinciali od istituzione di nuove Province che è previsto dall’articolo 133 della Costituzione e che prevede in effetti un procedimento diverso, che è quello dell’iniziativa dei comuni. Quindi è ovvio che da domani ai prossimi anni un gruppo di comuni potrà in ogni parte del territorio nazionale dar luogo a un’iniziativa per dar vita a una Provincia naturalmente che rispetti i requisiti minimi che sono stati previsti oggi».
L’affermazione è davvero sorprendente.
Dunque: oggi il Governo nega ai Comuni – fatta eccezione per quelli compresi nelle Province destinate alla soppressione per essere trasformate in città metropolitane – la possibilità di esprimere la volontà di passare ad una Provincia limitrofa; da domani però si potrà rimettere tutto in discussione.
Perché dunque non considerare subito la possibilità di una valutazione più ponderata, che tenga conto della volontà dei territori, che sia conforme ai principi costituzionali, che non sia soggetta a decretazione d’urgenza e a scadenze temporali ravvicinatissime, e dar così vita da un riordino effettivo?
Non può e non deve essere dimenticato infatti che il procedimento di “riordino” previsto dal Governo è in palese contrasto con la Costituzione, che riconosce le province come entità preesistenti alla Repubblica, le configura come elementi costituenti della Repubblica con pari dignità con Stato, regioni e comuni e disciplina all’art. 133 la modifica delle circoscrizioni provinciali, attribuendo l’iniziativa ai comuni in via esclusiva.
Perché procedere surrettiziamente, con criteri fondati su ignote valutazioni, e non applicare invece le norme già vigenti e conformi all’art. 133?
Va ricordato inoltre che l’iniziativa comunale finalizzata alla modifica della circoscrizione provinciale è regolamentata dall’art. 21 del Testo Unico degli Enti Locali (D. Lgs. 267/2000), che la subordina ad una serie di condizioni, del tutto ignorate dalla Legge 135/2012 ed anzi incompatibili con le previsioni della deliberazione del Consiglio dei Ministri del 20 luglio 2012.
Dispone il citato art. 21: “Per la revisione delle circoscrizioni provinciali e l’istituzione di nuove province i comuni esercitano l’iniziativa di cui all’articolo 133 della Costituzione, tenendo conto dei seguenti criteri ed indirizzi:
a) ciascun territorio provinciale deve corrispondere alla zona entro la quale si svolge la maggior parte dei rapporti sociali, economici e culturali della popolazione residente;
b) ciascun territorio provinciale deve avere dimensione tale, per ampiezza, entità demografica, nonché per le attività produttive esistenti o possibili, da consentire una programmazione dello sviluppo che possa favorire il riequilibrio economico, sociale e culturale del territorio provinciale e regionale;
c) l’intero territorio di ogni comune deve far parte di una sola provincia;
d) l’iniziativa dei comuni, di cui all’articolo 133 della Costituzione, deve conseguire l’adesione della maggioranza dei comuni dell’area interessata, che rappresentino, comunque, la maggioranza della popolazione complessiva dell’area stessa, con delibera assunta a maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati;
e) di norma, la popolazione delle province risultanti dalle modificazioni territoriali non deve essere inferiore a 200.000 abitanti;
f) l’istituzione di nuove province non comporta necessariamente l’istituzione di uffici provinciali delle amministrazioni dello Stato e degli altri enti pubblici;
g) le province preesistenti debbono garantire alle nuove, in proporzione al territorio ed alla popolazione trasferiti, personale, beni, strumenti operativi e risorse finanziarie adeguati”.
– Spiegazione del Ministro sull’amministrazione periferica dello Stato.
«Nella tradizione amministrativa italiana c’è sempre stata una certa corrispondenza tra amministrazione periferica dello Stato e della Provincia, questa non è come dire una regola costituzionale cioè assoluta: l’esempio tipico è dato dai presidi di sicurezza sul territorio, che la stessa legge sul riordino delle Province consente di dislocare anche in città che non siano capoluogo di Provincia».
Si sta rimettendo in discussione l’obiettivo di “riordinare” Prefetture, Questure, Uffici periferici dello Stato contestualmente al riordino delle Province?
Ma non era questo uno degli obiettivi dichiarati, ai fini del risparmio di spesa, a giustificazione del “riordino?
– Conclusioni del Ministro
“Esistevano correttivi ragionevoli ai criteri generali, ad esempio la giustificata salvaguardia delle Province interamente montane, come Belluno e Sondrio. Ora è chiaro che questi criteri scontano le caratteristiche di rozzezza. Si potevano usare altri criteri. Ma noi dovevamo partire per risolvere questo problema. Sarebbe stato più semplice per il Governo cavalcare la tigre della soppressione delle Province. Si tratta comunque di una riforma di grande portata che ci allinea ai Paesi Europei”.
Nessun commento!
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento