La salita in campo di Mario Monti

Redazione 24/12/12
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Alla fine Mario Monti, pur con la consueta cautela stilistica che lo contraddistingue, è ufficialmente sceso in campo. O, meglio (in significativa antitesi con Silvio Berlusconi), “salito in campo”. Nella conferenza stampa di fine anno, all’indomani delle dimissioni rassegnate al Capo dello Stato Giorgio Napolitano e seguite dallo scioglimento delle Camere, l’ex Presidente del Consiglio ha sì dichiarato che non si candiderà alle elezioni in nessun collegio, in quanto senatore a vita, ma non ha affatto escluso il suo futuro impegno nella vita politica del Paese. Al contrario, presentando l’“Agenda Monti” (il cui testo é disponibile integralmente su Internet), il Professore si è apertamente dichiarato disposto a dare il proprio apprezzamento, incoraggiamento e, se ne verrà richiesto, ad essere la guida di quel partito (o coalizione di partiti) che sottoscriverà tale piattaforma programmatica.

L’“Agenda Monti” non è in questo diversa dai programmi delle altre forze politiche, ma rispetto ad esse ha il valore aggiunto rappresentato dall’ampio consenso riscosso a livello internazionale da Mario Monti nel suo anno di governo. La riconquistata credibilità dell’Italia nel consesso delle nazioni e un clima di maggiore fiducia riguadagnato sui mercati (si veda la discesa dello spread rispetto ai vertici toccati a novembre 2011) è, in effetti, forse il massimo successo del Governo dei tecnici ed attribuibile, in massima parte, proprio a Mario Monti. Questa agenda (che qualcuno chiama polemicamente “Agenda Merkel” ma che, a ben guardare, si differenzia da quest’ultima per la maggior attenzione posta a livello europeo per quanto riguarda i piani di stimolo alla crescita, in questo avvicinandosi alla linea del Presidente francese François Hollande) si pone dunque idealmente come una palla messa al centro del campo dell’offerta politica italiana. Monti ha infatti dichiarato che non si sottrarrà dall’accettare di porsi a capo dello schieramento di forze che si raggrupperanno attorno all’agenda. Sì anche all’ipotesi che il proprio nome venga inserito nel simbolo di una lista (pur avendo ricordato la propria contrarietà, almeno a livello ideale, ai “partiti personali”), ma con garanzie: “Potrebbe accadere che alcune forze politiche mi indichino come candidato premier; se questo avverrà, vedrò se ci sono sufficienti forze e garanzie di credibilità nell’impegno perché io aderisca a queste cosa”. In caso di vittoria, dunque, Monti si dice “pronto ad assumere le responsabilità che mi saranno affidate dal Parlamento”.

Il Premier dimissionario è quindi passato, nel finale della conferenza stampa, a delimitare il terreno di gioco, evidenziando differenze e similitudini con gli altri protagonisti della scena politica.

In primo luogo, Monti ha preso le distanze dall’ex Premier Silvio Berlusconi. Ha esordito ricordando che il Governo tecnico ha potuto operare, introducendo anche riforme importanti per quanto impopolari, grazie all’appoggio di Partito Democratico, “Terzo Polo” e Popolo della Libertà, ma che solo quest’ultima forza ha infine sfiduciato l’Esecutivo determinandone di fatto la caduta. Inoltre, accanto alla debita gratitudine personale nei confronti del Cavaliere (promotore della nomina del Professore a Commissario europeo per il mercato interno nel 1994), Monti non ha nascosto lo sbigottimento per quanto accaduto negli ultimi tempi: dapprima l’aver sfiduciato il proprio Governo, poi l’averlo proposto a guida dei moderati; l’elogio rivolto al Governo tecnico seguito, a pochissimi giorni di distanza, dall’affermazione che di tale Governo non si poteva salvare nulla. Il Professore, rispondendo alla domanda di un giornalista che gli chiedeva quale fosse il suo parere su questo ultimo atteggiamento di Berlusconi, ha espresso la propria “fatica a seguire la linearità del suo pensiero”, dichiarando altresì la propria impotenza di fronte a “un quadro di comprensione mentale che a me sfugge”.

Accanto all’arma dell’ironia, da parte di Monti non sono poi mancate nemmeno le frecciate polemiche all’indirizzo del Cavaliere (“Penso sia meglio fare leggi ad nationem che leggi ad personam”), la volontà di approvare una legge anticorruzione (link a https://www.leggioggi.it/tags/legge-anticorruzione/) più “robusta” per quanto riguarda le discipline del falso in bilancio, del voto di scambio e della prescrizione, oltre ad un piano per la regolamentazione del conflitto d’interessi, contenuto nell’“Agenda Monti”, dai contenuti piuttosto radicali. Infine, ma non per importanza, la stessa dichiarazione del primo punto ideale del suo programma (l’invito a “non distruggere ciò che con grandi sacrifici si è fatto”) è al tempo stesso un attacco frontale al cavallo di battaglia della campagna elettorale di Berlusconi, l’abolizione dell’Imu: Se si toglie l’Imu, un anno dopo bisognerà riproporla due volte più dura.

Ma Monti non ha risparmiato critiche nemmeno a sinistra, in particolare sui temi dell’economia. Intervistato da Lucia Annunziata a “In Mezz’ora”, il Premier dimissionario ha polemizzato con la Cgil ricordando che “la riforma del lavoro è stata frenata da una componente sindacale che trova difficile evolvere” nel nuovo contesto dettato dalla globalizzazione. Subito dopo è arrivata la stoccata nei confronti del leader di SEL e Governatore della Puglia, Nichi Vendola, il principale alleato del PD di Bersani: “Il Presidente Vendola,  che è sempre una persona che si ascolta con interesse, ha detto di me che sono un liberale conservatore. Liberale sì, conservatore sotto molto profili è Vendola. Nell’‘Agenda Monti’ c’è molto pink (con riferimento alla rilevanza delle politiche per le pari opportunità) e molto green”. Ed ancora, dopo il riconoscimento che “Bersani è un candidato Premier credibile, un messaggio rivolto al Segretario del PD: “Vendola ha chiesto a Bersani di prendere le distanze dall’‘Agenda Monti’. Come è diritto di Vendola chiedere, è diritto di Bersani riflettere se aderire”.

Certamente, il “Centro” rappresenta per Monti la “casa madre”: “Casini” in particolare – “è stato il più coerente sostenitore degli sforzi di questo Governo”. Ma questo “Centro”, al momento ancora orfano di un leader che possa unificarlo, è – nei progetti del Professore – solo un punto di partenza per intercettare i voti di una società civile delusa e scontenta, con un’operazione analoga negli obiettivi (anche se diametralmente opposta nei contenuti) a quella messa in atto dal Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo.

Il piano di Monti, se deciderà infine di “salire in campo” ed accettare la candidatura a futuro Premier, è quello di andare il più possibile oltre la federazione, sotto la sua guida, del “cantiere centrista”. L’obiettivo è duplice: raccogliere, da una parte, un ampio consenso presso la società civile parlando “il linguaggio della verità”, non cavalcando l’onda della protesta (Grillo) o assumendo posizioni populiste e men che meno anti-europee (Berlusconi); dall’altra, mettere assieme quei “cespugli di riformismo” presenti al centro tanto quanto a destra e a sinistra. Insomma, favorire “uno smottamento” tra i blocchi (Pisanu, Frattini, Cazzola ed altri dal PdL, ma anche alcuni liberal del PD, in primis il giuslavorista Pietro Ichino), operando come una calamita per i “montiani” di tutti gli schieramenti.

Qui il testo integrale dell’Agenda Monti.

Redazione

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